Comunicato
Il caso Cucchi
Cinque anni e due gradi di giudizio non hanno consentito di accertare responsabilità penali per la morte di Stefano Cucchi e tuttavia è stato provato in giudizio che egli fu vittima di violenza mentre si trovava in stato di arresto.
E’ una sconfitta per lo Stato, che può privare della libertà personale chi sia gravemente indiziato di un reato, ma ha il dovere indefettibile di garantirne l’incolumità.
E’ una sconfitta per le forze dell'ordine, che, ancora una volta, non hanno saputo collaborare lealmente all’accertamento della verità.
E’ una sconfitta per il sistema penitenziario e per il Servizio Sanitario Nazionale che non hanno saputo assicurare assistenza e cure adeguate a chi ne aveva bisogno.
E’ una sconfitta per il sistema giudiziario nel suo complesso, e non perché gli imputati sono stati assolti (in uno Stato di diritto la responsabilità penale è personale), ma perché quel sistema non ha saputo infondere in un giovane arrestato - pur assistito da un Difensore e interrogato da un Giudice in udienza di convalida - la fiducia di cui avrebbe avuto bisogno per denunciare chi, con grave violazione dei propri doveri, aveva attentato alla sua integrità fisica.
Questa sconfitta ci coinvolge come Magistrati e come cittadini: ci interroga sulla capacità del sistema di assicurare effettiva tutela ai diritti violati; ci sfida ad affinare le nostre capacità di ascolto e la nostra attenzione per le vicende umane sottese ad ogni procedimento; ci impone un rinnovato impegno a presidio delle garanzie e a tutela dei diritti di chi è debole e non ha altra forza che quella che la Legge gli riconosce.
C’è molto su cui riflettere, tanto più in un tempo in cui, troppo spesso, la giurisdizione viene rappresentata come un orpello inutile e vetusto.
Il Comitato Esecutivo di Magistratura democratica
(3 novembre 2014)
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