Intervento al Comitato direttivo centrale dell'ANM
Appunti in difesa dell'Associazione Nazionale Magistrati
È con una certa sofferenza che intervengo in questo comitato direttivo centrale, a fronte del vero e proprio tsunami di fango che ha investito l’associazionismo giudiziario.
Quello che è successo in questi giorni e il modo in cui è stato interpretato, quello che è successo al nostro comitato direttivo centrale di sabato 23 maggio, deve fare riflettere tutti, tutti i gruppi che fanno parte dell’ANM, sul senso e il ruolo dell’Associazione Nazionale Magistrati, sull'importanza di difendere l'Associazione Nazionale Magistrati e la sua autorevolezza, lasciando da parte interessi di bottega e calcoli elettorali. Non è il momento delle tattiche di corto respiro.
L'Associazione Nazionale Magistrati ha una storia gloriosa, è stata quella che non solo ha dovuto sciogliersi per il rifiuto di trasformarsi in un sindacato fascista, ma quella che nei tempi più bui e difficili, unitariamente, è riuscita a difendere l'autonomia e l'indipendenza della magistratura, a ottenere riforme che hanno permesso l’attuazione dell’art 107 della Costituzione, che prevede che i magistrati si distinguono solo per funzioni.
Forse i più giovani non sanno qual è stato il percorso faticoso che l’associazionismo giudiziario ha dovuto affrontare perché si affermasse il valore del pluralismo e per combattere l’assetto gerarchizzato della magistratura, Il ruolo dell’Associazione nazionale magistrati, con il congresso di Gardone del 1965, per far vivere la Costituzione dentro la giurisdizione.
Il tempo in cui il senso dell’associazionismo era questo: il confronto e l’aggregazione intorno all’idea di magistratura e giurisdizione che si voleva affermare, il dibattito intorno alla giurisprudenza e ai provvedimenti giudiziari.
In questo modo la magistratura e la cultura della giurisdizione sono cresciute, la magistratura ha acquisito consapevolezza del proprio ruolo, si sono confrontati modi diversi di intendere la giurisdizione. Un immenso patrimonio culturale e di idee.
Pluralismo e patrimonio di idee che hanno trovato rappresentanza anche dentro il Consiglio Superiore della Magistratura, superando il tempo in cui era dominato dalla c.d. magistratura alta e dove, grazie a un sistema elettorale maggioritario, poteva essere rappresentato anche uno solo dei gruppi associativi.
Il pluralismo, realizzato attraverso la legge elettorale proporzionale del 1975, ha consentito anche al CSM non solo di rappresentare il patrimonio di idee presenti nel corpo della magistratura, ma di diventare organismo sempre più autorevole, a presidio dell’autonomia e indipendenza della magistratura, anche dal potere politico.
Che cosa è successo? Come è stato possibile arrivare fin qui e cosa vogliamo fare di fronte al rischio che si disperda questo immenso patrimonio?
La magistratura è un potere dello Stato con enormi responsabilità.
E noi, che siamo qui oggi, abbiamo la responsabilità di trovare il modo di restituire all’Associazione Nazionale Magistrati, all’associazionismo giudiziario, la sua fondamentale funzione e la sua autorevolezza, che ha costituito un presidio per l’autonomia e l’indipendenza della magistratura.
Non si tratta di privilegi, ma dei presupposti necessari perché i magistrati possano svolgere il ruolo di garanti dei diritti di tutti i cittadini e dello stato di diritto.
In questo momento così drammatico penso sia il momento della responsabilità, da parte di noi tutti.
La dissoluzione dell’Associazione Nazionale Magistrati sarebbe una tragedia non per noi o per chi vuole conquistare posizioni di potere e raccomandazioni. Per quello non serve l’ANM, bastano cordate, lobby, gruppi di potere più o meno occulti, dai quali non c’è sorteggio o legge elettorale che ci metterebbe al riparo. L’Associazione Nazionale Magistrati non è un nostro patrimonio, dei gruppi o delle persone che oggi compongono i suoi organi dirigenti, che possiamo permetterci di dissipare, ma è parte del sistema democratico di questo paese.
Di fronte alla drammaticità di questo periodo storico in cui si parla di cancellazione dell’associazionismo e del suo valore, del ridimensionamento del ruolo e della funzione del Consiglio Superiore della Magistratura, ove si vorrebbe aumentare il peso della componente di nomina politica, ove potrebbero ritornare in auge pericolosi progetti di riforma istituzionale che vorrebbero mettere in discussione il principio di separazione dei poteri, c’è bisogno di una ANM forte e autorevole.
Tutti i gruppi associativi dovrebbero sentire la responsabilità di impedire la perdita di credibilità e di autorevolezza dell’associazionismo giudiziario e dell’ANM, mettendo da parte ogni interesse particolaristico ed ogni calcolo elettorale e mettendo davanti a tutto l’interesse dell’Associazione Nazionale Magistrati, perché nessuno si salva da solo.
La posta in gioco è altissima. Forse la magistratura, per l’immagine che ha offerto di sé, si merita la sua “normalizzazione”, ma non se lo meritano i cittadini.
Ogni magistrato dovrebbe essere in grado di poter difendere i diritti delle persone, anche contro il potente di turno, con una ANM autorevole in grado di difendere l’indipendenza del singolo magistrato.
Sono contenta che Magistratura Indipendente sia presente a questo CDC, nonostante avesse preannunciato che oggi non ci sarebbe stata. Perché noi tutti, compresa Magistratura Indipendente, dovremmo sederci intorno a un tavolo, con pacatezza, e capire come possiamo rifondare l'associazionismo giudiziario, come possiamo riportarlo alla sua fondamentale funzione originaria: rappresentare il pluralismo delle idee della magistratura.
Io non sarei contenta se qualcuno dei gruppi presenti oggi nell'associazionismo, anche quelli da cui mi sento culturalmente più lontana, sparisse, perché il pluralismo delle idee costituisce la ricchezza della magistratura, la fa crescere e la fa vivere, fa crescere la giurisdizione e la sua qualità.
Io mi sono iscritta a Magistratura Democratica non solo perché ne condividevo i valori di fondo, la necessità di far vivere la Costituzione dentro la giurisdizione, ma perché per me la partecipazione alla vita del gruppo è stato un momento importante di confronto e di crescita professionale, di partecipazione democratica e critica alla vita dell'associazione e alle scelte dell’autogoverno.
Dobbiamo capire tutti insieme come ci autoriformiamo, come ricostruiamo il senso vero dell’associazionismo giudiziario e recuperiamo la sua credibilità anche all’interno della magistratura.
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