Intervento di Lucia Vignale

Si dice che un giorno la Menzogna rubò i vestiti alla Verità e da allora la Verità è nuda e perciò sta nascosta. Intanto la Menzogna gira per il mondo vestita da Verità e il mondo ne è ben felice perché di incontrare la Verità nuda non ha alcun desiderio.

Questo desiderio forse non lo abbiamo neanche noi, ma io credo che oggi la verità vada detta.

La verità è che dal congresso di Roma del 2013, nella sostanza, Md non elegge il Consiglio nazionale. I candidati, infatti sono tanti quanti sono gli eleggibili (al massimo 1 o 2 di più) e questa non può definirsi un’elezione. La verità è che dal 2013 Md sceglie i componenti del Consiglio nazionale per cooptazione e non in ragione della linea politica che esprimono ed è solo la Menzogna, vestita da Verità, a far finta che non sia così. La verità è che questo trend non si è invertito a Bologna anche se il numero dei componenti del consiglio nazionale è passato da 20 a 10. Anche a Bologna, infatti i candidati sono stati 13 (6 donne e 7 uomini).

Così è. E, se diciamo la verità, questo significa che la mozione finale di tutti i tre ultimi congressi non è stata una mozione unitaria per scelta, ma perché il numero di coloro che erano disposti a sostenere attivamente le opposte tesi era irrisorio. Ed infatti dal 2013 non si vota per scegliere l’esecutivo: da sei anni l’organismo che decide la vita del gruppo viene nominato per acclamazione, dopo aver individuato con fatica le persone disponibili ad assumere questo incarico. Nel frattempo, le sezioni si svuotano, le segreterie restano vacanti, i segretari che resistono (come me) non ci provano neanche più a convocare una assemblea perché sanno che andrà deserta o quasi.

La verità è che un gruppo che funziona così non è un gruppo, non ha contatto con i propri iscritti, non sa cosa pensano, non sa affatto cosa vogliono; e magari è anche per questo che non riesce a far eleggere tutti i propri candidati: perché, in un gruppo così, i dissidi non si regolano nei congressi, ai quali si preferisce non andare − o andare e tacere − ma nel segreto dell’urna (del quale infatti sono stati vittime prima Giuseppe Cascini, poi Rita Sanlorenzo).

A fronte di questo c’è una rivista bella e di successo, ci sono i comunicati, i convegni e ci sono i congressi, nei quali ogni due anni ci mettiamo in vetrina, spendiamo il brand prestigioso e ci dimostriamo capaci di dialogare con la società civile.

Va bene così? Io credo di no. Per una associazione di magistrati il confronto con la società civile ha soprattutto lo scopo di veicolare contenuti che vengono applicati nell’esercizio concreto della giurisdizione ed è sempre stato obiettivo primario di Md trasferire questi contenuti nella comunicazione associativa e nelle scelte dell’autogoverno.

Il dibattito sui rapporti tra Md ed AreaDG e sul necessario coordinamento fra i due gruppi appare a molti − a me per prima − noioso e defatigante.

Ma se andiamo alla sostanza, dietro a quel dibattito ci sono modi diversi di intendere il ruolo di Md.

Cosa vogliamo che sia Md? Un soggetto che opera nella giurisdizione e nell’autogoverno e si apre alla società per meglio comprendere il proprio ruolo e per farlo comprendere all’esterno? O un soggetto proiettato all’esterno il cui primo orizzonte è la società civile e che solo sussidiariamente si occupa della giurisdizione e dei suoi problemi?

Il contrasto tra queste due visioni esprime il nodo politico del rapporto con Area, che certamente non condivide la seconda opzione. Un’opzione che, invece, sembra prendere piede in Md fino a diventare orgogliosa rivendicazione di alcuni.

Dobbiamo stare attenti però, perché il momento storico è drammatico, l’intera magistratura è sotto attacco, noi lo siamo più degli altri e, più degli altri, dobbiamo essere accorti, ponderati e credibili.

L’unica parte dalla quale possiamo stare (dalla quale dobbiamo rivendicare di stare) è la parte della Costituzione e non possiamo rischiare di perdere legittimazione, perché non possiamo delegittimare la giurisprudenza costituzionale, ma dobbiamo difenderla e promuoverla.

Come è stato scritto in mailing list: «Non siamo un partitino in cerca di consenso», siamo una associazione di magistrati; dunque non partecipiamo alla competizione politica generale, ma apportiamo al dibattito politico il nostro contributo tecnico qualificato.

Poiché non siamo un soggetto politico, non andiamo alla ricerca di visibilità e di consenso; non stiamo sui social per farci pubblicità, ma per far conoscere le nostre opinioni; non facciamo da vetrina agli haters e non interloquiamo con loro in umilianti botta e risposta. Poiché non siamo un soggetto politico, se una manifestazione diventa nei fatti una manifestazione contro il Governo, non ci andiamo portando lì un nostro striscione, perché, a mia memoria, non lo abbiamo mai fatto (neppure negli anni ’70 quando uno striscione non si negava a nessuno).

Poiché non siamo un soggetto politico ci preme convincere più che parlare, e se per essere più convincenti in alcune occasioni dobbiamo far parlare altri lo facciamo.

Poiché non siamo un soggetto politico − ma una associazione di magistrati − facciamo i magistrati: siamo consci che quel che facciamo, nel rigoroso rispetto della legge, ha delle ricadute politiche; sappiamo che le norme hanno più interpretazioni possibili; scegliamo quelle che ci paiono più conformi ai principi costituzionali e siamo consapevoli della ineliminabile politicità di questa scelta; ma rivendichiamo fieramente di non aver mai voluto usare la giurisdizione per fare politica.

Lungo questo stretto crinale ci siamo sempre mossi nella nostra storia e lì, a mio avviso, dobbiamo continuare a muoverci, capaci di resistere alla tentazione della radicalità.

Se lo faremo, sono certa che Md non avrà difficoltà alcuna a collaborare con AreaDG, perché ha contribuito a fondarla e a farla crescere e perché quasi tutti gli iscritti ad Md che hanno ancora voglia di impegnarsi lavorano in AreaDG, e tutti (o quasi) fanno più cose per Md dei fedelissimi che ad Md ci tengono tanto, ad Area non hanno neppure voluto iscriversi, ma ahimè non si vedono mai.

Questo congresso però deve decidere, una volta per tutte, se tra le opzioni del gruppo c’è l’uscita da AreaDG. Se si vuole continuare da soli lo si dica: questa eventualità sia discussa e messa ai voti.

Rivolgo la stessa richiesta a coloro che pensano che Md dovrebbe confluire in AreaDG. Chi lo pensa non può restare silente, limitandosi a disertare assemblee, riunioni e congressi. Si faccia avanti, proponga una mozione e la metta ai voti.

Se ho scelto di intervenire oggi è solo per chiedere a questo congresso verità e chiarezza.

Chiedo agli iscritti che vorrebbero far confluire Md in AreaDG di dirlo espressamente. Chiedo a coloro che sono insofferenti nei confronti di AreaDG e non vedono l’ora di andarsene, di mettere ai voti questa proposta.

Chiedo chiarezza di idee sul ruolo che Md deve svolgere in questo momento: vi chiedo se debba continuare ad essere, non solo − ma prima di tutto − una associazione di persone che lavorano nella giurisdizione, con quello sguardo attento alla realtà che, da sempre, è il nostro “valore aggiunto”.

Vorrei che queste opzioni si confrontassero e che ognuna avesse una squadra di persone disposte ad interpretarla. Vorrei che i componenti del consiglio nazionale fossero scelti all’interno di queste squadre e che anche l’esecutivo fosse scelto in questo modo. Vorrei che ci fosse dibattito, ma non ci fossero risentimenti; che ci fosse un contrasto tra linee politiche e non uno scontro tra persone.

Vorrei che ci fossero opzioni sconfitte e opzioni vincenti, ma non ci fossero vinti e vincitori e ci riconoscessimo uniti da un comune sentire e da identici obiettivi, divisi solo sul modo in cui è più facile raggiungerli.

Infine, vorrei che i vincitori fossero capaci di fare sintesi; perché ricordo un tempo in cui si faceva così, Magistratura democratica era davvero un gruppo, farne parte era un piacere e se ne era fieri: tutti, maggioranza e minoranza.