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Diaz, ritardo atti in Cassazione
GENOVA - Pubblichiamo il documento approvato dalla sezione ligue di Md per sottolineare il ritardo nella trasmisisone alla Corte di Cassazione degli atti del procedimento relativo ai fatti verificatisi presso la Scuola Diaz, subito dopo la conclusione del vertice G8 tenutosi a Genova nel luglio del 2001. Un ritardo che rischia di avviare tutti i reati verso la prescrizione.
Sono passati ormai quindici mesi dal deposito della sentenza d’appello relativa ai fatti verificatisi a Genova presso la scuola Diaz nella notte tra il 21 e il 22 luglio del 2001 (quando il vertice G8 tenutosi in quei giorni nella nostra città si era appena concluso), e dobbiamo constatare che - a causa delle difficoltà incontrate dalla cancelleria della locale Corte d’Appello nel notificare alle parti la sentenza e i ricorsi - gli atti del processo non sono stati ancora trasmessi alla Corte di Cassazione. Non può sfuggire a nessuno che un tale notevole ritardo rischia di avviare tutti i reati oggetto del giudizio verso la prescrizione, il che è particolarmente grave se si considera che in quel procedimento alti funzionari dello Stato sono stati accusati di aver commesso delitti in danno di cittadini inermi e che tra questi delitti vi sono anche la calunnia e il falso: reati che, se commessi da rappresentanti delle Forze dell’Ordine, comportano lo sviamento dai fini istituzionali delle delicatissime funzioni pubbliche che agli stessi sono assegnate.
A ciò deve aggiungersi che - come più volte affermato dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo - ogni Stato aderente alla Convenzione deve adoperarsi affinché i giudizi penali aventi ad oggetto maltrattamenti commessi dai propri rappresentanti nell’esercizio delle loro funzioni non siano soggetti a prescrizione e non possano essere coperti da provvedimenti di amnistia ed indulto. Secondo la Corte di Strasburgo, infatti, perché i cittadini possano riporre fiducia nello Stato e il patto tra i consociati sia salvaguardato è di fondamentale importanza che eventuali lesioni dei diritti poste in essere dai rappresentanti delle istituzioni abbiano una sanzione effettiva. I ritardi incontrati nelle notifiche sono l’ennesima conferma dell’inadeguatezza del nostro sistema processuale ad affrontare e portare ad effettiva conclusione procedimenti di così rilevante complessità.
Non possiamo tuttavia ignorare - pur considerando i vuoti di organico che da sempre affliggono la cancelleria della Corte d’Appello di Genova – che un ritardo simile è certamente dipeso anche da carenze organizzative. Non sono stati infatti esplicitamente indicati al personale amministrativo criteri di priorità tali da garantire che la trasmissione degli atti alla Corte di Cassazione sia tanto più tempestiva quanto più è prossimo il decorso del termine prescrizionale e non è stata prevista alcuna forma di impulso o controllo sulle attività di notifica da parte dei magistrati.
Tali carenze organizzative hanno condotto nel caso che ci occupa a risultati paradossali: ad oltre un anno dal deposito della sentenza di secondo grado, risultano non ancora eseguite notificazioni che nei precedenti gradi di giudizio erano state perfezionate in poco più di cinque mesi e ciò avviene in un procedimento che non vede imputate persone irreperibili o di incerta identificazione, bensì alti funzionari dello Stato della cui concreta reperibilità non si può ragionevolmente dubitare.
Il tema della necessaria imprescrittibilità dei reati oggetto del procedimento e la necessità di adoperarsi affinché la prescrizione non possa maturare è stato ben presente alla Procura Generale che ha impugnato la sentenza di secondo grado anche con riferimento alle già avvenute dichiarazioni di prescrizione, prospettando l’illegittimità costituzionale delle norme che le hanno consentite per contrasto con l’art. 117 comma 1 della Costituzione e con l’art. 3 della Carta Europea dei Diritti dell’Uomo Ed infatti, già ad aprile, il Procuratore Generale, preso atto delle lentezze e delle difficoltà nelle notifiche, chiese al Presidente della Corte d’Appello di attivarsi affinché la relativa procedura fosse rapidamente portata a conclusione.
Non ci è noto quali concrete iniziative siano state adottate all’esito di tale sollecitazione. Dobbiamo però constatare che da aprile ad oggi sono passati ancora sei mesi, che nonostante questo - secondo quanto il Presidente della Corte d’Appello ha dichiarato alla stampa - “mancano ancora 15 ricevute di notifiche”, eppure, incredibilmente, si sostiene che c’è solo da “aspettare” e ci si spinge a concludere che “tutto ciò che doveva essere fatto, è stato fatto”.
Quanto avvenuto è invece a nostro giudizio allarmante, non soltanto perché, atteso il rilievo che la stampa nazionale ed internazionale ha attribuito alla vicenda, era necessario sgombrare il campo dal sospetto (che riteniamo infondato, ma tuttavia da più parti è stato comprensibilmente avanzato) che un simile ritardo possa essere stato intenzionale e determinato dalla volontà di favorire gli imputati in ragione della loro qualifica di alti funzionari dello Stato ancora oggi in servizio; ma soprattutto perché - a fronte dei principi cogenti autorevolmente affermati dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo – sarebbe stato doveroso adoperarsi con ogni mezzo per evitare il decorso dei termini di prescrizione, del quale lo Stato Italiano potrà essere chiamato a rispondere di fronte a quello stesso Supremo Collegio.
Auspichiamo pertanto che ogni difficoltà sia rapidamente superata e si garantisca il regolare svolgimento del giudizio di legittimità. Ogni lesione del diritto, infatti, da chiunque commessa, deve poter avere una risposta giurisdizionale efficace, rigorosa e credibile ed è compito della magistratura tutta adoperarsi perché ciò avvenga. Tale compito diventa un dovere ineludibile quando profili di devianza - tanto più se oggetto di una condanna, anche non definitiva - emergano a carico di rappresentanti di quelle Istituzioni che sono preposte per legge alla tutela dello Stato di Diritto e dell’ordine democratico.
LA SEZIONE LIGURE DI MAGISTRATURA DEMOCRATICA
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