Giulia Marzia Locati

Candidata alle elezioni per il rinnovo del Comitato direttivo centrale dell’Associazione nazionale magistrati
26 - 27 - 28 gennaio 2025

 


Perchè Md, le mie idee

Giudice del Tribunale di Torino 

La stagione che stiamo vivendo presenta molte criticità, accomunate da un comune denominatore: dare (false) risposte semplici a problemi molto complessi. Mi pare che il tentativo, così come strutturato, di riformare la magistratura rientri a pieno titolo in questa categoria. A fronte di un sistema certamente in difficoltà, anche per la strutturale carenza di risorse, vengono proposti rimedi in realtà inefficaci.
Vale per la separazione delle carriere, che non renderà più giusto il processo penale ma, al contrario, puntando alla rottura del modello costituzionale di unicità della magistratura, non avrà altro effetto che quello di spingere il pubblico ministero fuori dalla cultura della giurisdizione, rendendolo più prossimo alla funzione di polizia.
Vale per la sempre maggiore gerarchizzazione delle procure, che non renderà quegli uffici più efficienti, ma solo meno democratici.
Vale per il tentativo di rendere illecita ogni nostra presa di posizione pubblica, che non ci renderà – né ci farà sembrare - più indipendenti, ma solo chiusi in una torre d’avorio.
Vale per il perseguito obiettivo di depotenziare l’autogoverno, con lo scorporo dal Consiglio Superiore della funzione disciplinare e l’introduzione dell’Alta Corte e con la previsione del meccanismo del sorteggio per l’individuazione dei membri del CSM.
Anche solo prese singolarmente, queste riforme dovrebbero farci preoccupare molto; ma se uniamo tutti i puntini, credo si possa vedere il chiaro disegno del legislatore dell’ultimo decennio: un ritorno ad una magistratura anni ‘50, corpo burocratico e fortemente gerarchizzato, chiuso in se stesso, a cui non si chiede di pensare ma solo di ubbidire alla legge, anche quando in contrasto con la Costituzione o le norme sovranazionali.
Ebbene, a fronte di tutto ciò, cosa possiamo fare? Io me lo sono chiesta tante volte: naturalmente la prima risposta deve essere ricercata – come tutti facciamo – nel nostro quotidiano: impegnarci a fondo per tutelare i diritti di tutti, prendendo le decisioni che crediamo giuridicamente più corrette, senza pensare ad altro che al procedimento e alle parti che abbiamo davanti.
Ma la tutela delle cittadine e dei cittadini e il rispetto dei diritti costituzionali di tutti, e in particolare quelli delle minoranze, sarà ancora possibile nel modello di magistratura che le riforme prefigurano? Un Pm attirato sempre più nell’orbita della polizia giudiziaria, ragionerà ancora secondo la logica della ricerca della verità? O non sarà portato verso una logica del risultato, come se la condanna fosse una sua vittoria e l’assoluzione una sua sconfitta, come alcuni giornali scrivono già adesso? Un giudice che non può prendere posizione su nulla, che non può partecipare ad un dibattito (o che comunque può avere timore di farlo), non sarà un giudice che – alla lunga – teme il confronto, con il rischio di appiattirsi, anche se in disaccordo, su una giurisprudenza che non condivide, impedendo così quel percorso che ha portato al riconoscimento di tanti diritti?
I rischi ci sono e i buoni propositi individuali non bastano più, ammesso e non concessero che prima bastassero. L’unico modo per tenere la barra dritta, per portare la barca attraverso questa tempesta, è essere uniti, saldi nel rispetto dei principi costituzionali, con un ANM che sappia essere interlocutore credibile di fronte alle tante proposte di riforma.
Per queste ragioni, insieme a tutti i candidati della lista, proverò a dare il mio contributo, candidandomi alle prossime elezioni per il CDC dell’ANM, nella lista di Magistratura democratica. Quando il gruppo di cui faccio parte ormai da alcuni anni mi ha proposto di esserci in questa avventura elettorale ero un po' spaventata, perché la vita familiare e il nostro lavoro ci impegnano molto. In particolare, dopo aver fatto il giudice del lavoro e il giudice penale, adesso svolgo la funzione di giudice tutelare, che mi appassiona molto. Avevo quindi la tentazione di declinare l’offerta e delegare ad altri la nostra rappresentanza in ANM.  Poi però mi sono convinta per due ragioni: perché i miei compagni di strada sono tutti validissimi colleghi e colleghe e perché, se come è stato detto “È innegabile che i giuristi siano spesso stati servi e strumento del potere, qualunque esso fosse; ma questo non significa che si debbano dimenticare quegli altri che hanno seguito la loro coscienza e le loro idee, indipendentemente da chi governava il mondo”, allora, quando tra molti anni si guarderà indietro a questa stagione, mi piacerebbe che io, che noi, fossimo ricordati come appartenenti alla seconda categoria. Anche per provare ad assicurare alle nuove generazioni una magistratura all’altezza delle sfide che ci si presenteranno davanti.

 

 

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