Questa riforma costituzionale rappresenta una brutale semplificazione del complesso tema della Amministrazione della Giustizia in uno Stato democratico.
In Italia la Giustizia non funziona per via di una serie di problemi strutturali noti a tutti: la totale irrazionalità della geografia giudiziaria, la carenza di personale amministrativo e di magistrati, la mancanza di risorse materiali, il grave malfunzionamento degli applicativi messi a disposizione, le inammissibili condizioni delle carceri (con il record di suicidi nel 2024), le continue riforme processuali a costo zero sempre annunciate come salvifiche, ma sempre gravide di ulteriori problemi interpretativi che rallentano solo l’attività giurisdizionale.
Si tratta di problemi atavici e strutturali che nemmeno con i quasi tre miliardi del PNRR si è stati in grado o si è voluto affrontare e risolvere.
Si dice, invece, che in Italia la Giustizia non funziona per colpa dei magistrati.
Proprio così: per colpa dei magistrati.
Perché giudici e pubblici ministeri sono amici, appartenendo allo stesso ordine; perché le correnti si spartiscono le nomine dei capi degli uffici giudiziari; perché i magistrati sono una casta troppo tenera con i propri membri in sede disciplinare.
Di più: si dice che in Italia, non solo la Giustizia, ma la stessa vita democratica del Paese non funziona per colpa dei magistrati, perché tutti, indipendentemente dalle loro idee, sono “toghe rosse” che fanno politica quando adottano decisioni, per qualsiasi ragione, sgradite al Governo.
Anche la Corte penale internazionale sarebbe parte di questa macchinazione antigovernativa solo perché, da ultimo, ha osato chiedere spiegazioni sul rilascio di un torturatore libico.
Una macchinazione talmente evidente da essere confermata anche dall’uomo più ricco del mondo che ha invitato i giudici del tribunale di Roma che si sono occupati del trattenimento di alcuni migranti in Albania semplicemente ad andarsene a casa, facendo rimbalzare la notizia sul social che si era comprato, spacciando il tutto per libertà di espressione.
A quei tanti, troppi, politici e commentatori che per calcolo o convenienza ripetono ossessivamente questi concetti razionalmente assurdi, ma che alimentano nella società, irrazionalmente, l’odio nei confronti dei magistrati, anche con rischi per la loro incolumità fisica, possiamo dire solo una cosa: irresponsabili.
In una società democratica i cittadini devono avere fiducia nella magistratura. Devono nutrire la incrollabile convinzione che entrando in questo luogo, quale che sarà il verdetto che gli attende, spesso doloroso, saranno ascoltati e giudicati da magistrati autonomi, indipendenti, terzi ed imparziali. In una parola: da magistrati giusti! Perché null’altro cerca la magistratura che la fiducia dei cittadini.
Non il consenso. Quello è il sostantivo della politica. Di chi confronta le proprie idee per indicare la strada da seguire ad un popolo.
Il compito della magistratura è un altro: una costante ricognizione delle norme esistenti – a partire dalla Carta costituzionale e dalle norme internazionali fino alle leggi e giù giù ai regolamenti ministeriali – per affermare il diritto, senza guardare in faccia a nessuno: che sia povero oppure ricco, che sia Il Governo o un suo membro, che sia italiano o straniero.
Perché null’altro significa l’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge se non questo.
Guardate, questa riforma costituzionale viene da lontano.
Il disegno complessivo degli ultimi trent’anni è fin troppo chiaro: avvilire la magistratura, indicarla come assetata di potere, attraversata da lotte intestine che non le consentono di svolgere il proprio ruolo in modo imparziale.
Trascinare a viva forza nella narrazione e mistificazione pubblica la magistratura nell’agone politico indicandola come un nemico da combattere.
La traiettoria è fin troppo chiara. Questa riforma è la pietra angolare di quel disegno.
Divide et impera.
Uno. Separa le carriere.
Un giudice non può che rispondere alle domande delle parti.
Quelle poste dal pubblico ministero possono essere assai scomode perché potrebbero toccare persone e interessi che si intendono, invece, coprire.
Se la parte pubblica viene sottratta alla cultura della giurisdizione, autonoma e indipendente, sarà inevitabilmente attratta a quella esecutiva propria di chi è al Governo… e allora farà solo le domande che sarà opportuno che faccia: forte coi deboli, debole con i forti.
Agli amici avvocati (e tali per me davvero sono perché prima di entrare in magistratura ero un avvocato penalista dell’Ordine di Milano) chiedo come fate a non rendervi conto che dietro al vessillo di un’uguaglianza di facciata si nasconde un pubblico ministero potentissimo e terribile?
Due. Svilisci il cuore pulsante, il senso stesso dell’autonomia e dell’indipendenza della magistratura: il consiglio superiore della magistratura.
Non sia più eletto dai magistrati. Che non decidano più loro in mano a chi affidare le sorti del governo autonomo della magistratura. Che non siano più loro a dire chi, tra loro, siano i migliori a giudicare di tabelle organizzative, promozioni, trasferimenti. Con tutti i rischi che inevitabilmente le scelte comportano.
Lo sia il caso. Si sorteggi. Si umilii il senso stesso di un organo costituzionale negandogli ogni tipo di rappresentatività.
Lo si tratti come non si trattano nemmeno gli studenti di una scuola superiore che almeno i propri rappresentanti se li scelgono in delle libere elezioni.
Si crei, insomma, un Consiglio Inferiore della Magistratura. Anzi, meglio: se ne creino due. Uno per i giudici, uno per i pubblici ministeri.
Tre. Si intimoriscano tutti i magistrati.
Si crei un’Alta Corte composta da un po’ più di politici e senza quei fastidiosi giudici di merito che potrebbero ricordare a quella Corte quanto è duro il lavoro in trincea, garantire il servizio Giustizia in quelle condizioni di totale inefficienza che costituiscono il vero problema della giustizia italiana.
E si sorteggi anche questa e non si consenta alcun appello se non davanti alla corte stessa.
Si renda, insomma, del tutto autoreferenziale quella Corte come già i due Consigli della Magistratura.
Tutto questo, guardate, non fa un torto alla magistratura.
Una magistratura normalizzata potrebbe trarre vantaggi da questa riforma.
Da che mondo è mondo i servigi resi ai potenti sono sempre ricompensati.
Compiacendo i potenti a discapito dei deboli, anche la magistratura potrebbe, di riflesso, aumentare il proprio prestigio e il proprio potere nella società.
Ciò che, invece, verrebbe davvero umiliata, è l’uguaglianza dei cittadini di fronte alla Legge.
Questo nostro sciopero è stato indetto, in definitiva, a difesa di quel diritto.
Per questo siamo qui oggi.
Per ricordare ai cittadini che sì, la magistratura è di parte e sempre dalla stessa parte troveranno tutti i magistrati.
Dalla parte della Costituzione.