XX Congresso

L’intervento di Francesco Menditto

di Esecutivo di Magistratura Democratica

L’attualità di Magistratura Democratica
nell’azione di riconoscimento e tutela dei diritti

Oggi
é una bella giornata.

Siamo
a Reggio Calabria per il XX congresso di Magistratura Democratica,  una ‘bella” signora che, pur avendo
compiuto 50 anni, è ancora nel cuore di tutti noi.

Una
bella signorache ci appassiona e ci tiene insieme.

Ci
ritroviamo, ancora una volta, grazie alle donne e agli uomini che in anni non
lontani hanno deciso di dedicare la loro vita e il loro essere magistrati per
realizzare ciò che era scritto nella Costituzione, traducendo le parole lì
scolpite in azioni concrete: la tutela dei diritti, in particolare di quelli
dei più deboli, eguaglianza sostanziale e solidarietà. Diritti fondamentali
che, come ci ha ricordato Luigi Ferrajoli, non invecchiano.

Un’azione “eretica”
negli anni in cui MD è stata costituita, anche per la voglia di
“contaminazione” che spingeva verso una magistratura aperta al confronto con
chi, in primo luogo le associazioni che si costituivano in quegli anni, voleva
ragionare e agire per riconoscere diritti fino a quel momento negati perfino
nel dibattito culturale.Una magistratura che per operare doveva liberarsi del
carrierismo, della gerarchia, della struttura ordinamentale che la “avvolgeva”
e la frenava. 

Dobbiamo
coltivare la memoria storica, troppo spesso oggi trascurata, perché ciò che non
si ricorda non esiste, e dobbiamo instillarla in chi si avvicina a MD per
trasmettere gli ideali e la passione che ci sono stati consegnati da chi per
questo ha anche pagato prezzi personali.

E’
stato un percorso lungo e accidentato: dalla magistratura parte del sistema di
governo, dai porti delle nebbie, da Procuratori e Capi degli Uffici istruzione
che si assegnavano e archiviavano i processi sgraditi, siamo passati a una
magistratura che vuole essere indipendente, che vuole indagare senza timore,
che ha scritto sentenze con cui ha riconosciuto diritti ignorati dal
legislatore (pensiamo alla vicenda Englaro) e che, almeno in parte,  è consapevole 
del ruolo che la Costituzione le assegna.

Dopo
anni in cui abbiamo contrastato con forza i tentativi di “normalizzazione”
della giurisdizione, presupposto della contestuale azione di erosione dei
diritti, cogliamo il pericolo della burocratizzazione della magistratura e,
perfino  di una giurisprudenza
‘difensiva’.

Questo
è il primo insidioso pericolo.

Il
pensiero va all’opera di riduzione della giurisdizione, accompagnata
dall’attacco al ruolo costituzionale della magistratura:  la responsabilità civile, le campagne
denigratorie basate oggi anche sull’uso strumentale della riduzione delle
ferie, la difficoltà di rendere giustizia per assenza di personale, la presenza
di carichi di lavoro insostenibili (come qui a Reggio Calabria), con sullo
sfondo il disciplinare che incombe. Un’azione involutiva che segue le riforme
ordinamentali degli ultimi anni che incominciano a produrre i loro devastanti
effetti, con la rinascita del £carrierismo”.

Per
fare fronte a queste insidie è necessario difendere gli spazi di agibilità
ordinamentale e organizzativa, in primo luogo attraverso l’autogoverno.

Per
questo va proseguito l’impegno di MD nell’Anm e nel Csm. Così come negli
Uffici, con magistrati attenti all’organizzazione e all’innovazione e con Dirigenti
che svolgano fino in fondo il loro ruolo, non solo organizzativo, ma anche di
tutela dei colleghi.

Questa
è la “cornice”, lo strumento pere realizzare l’obiettivo dall’attuazione della
giurisdizione. Senza una robusta “cornice” 
il magistrato per cui è nata Magistratura Democratica non ha spazi di
agibilità.

In
questo campo sentiamo la difficoltà di essere al passo con i tempi, di
avvicinare i magistrati più giovani anche si colgono alcuni segni di
rinnovamento.

Il secondo pericolo, non meno insidioso, è
rappresentato dal timore di non essere in grado di continuare l’azione di
attuazione dei diritti, in un’epoca in cui la semplificazione e
l’approssimazione regnano sovrane e in cui si susseguono  annunci di rinnovamenti e cambiamenti che poi
solo in modo mirato si realizzano.

Molti
potrebbero essere gli esempi degli annunci poi rimasti nell’oblio: dalla
riforma della prescrizione al falso in bilancio.

Preferisco
ricordare il tema del potenziamento dell’azione di contrasto alla criminalità
organizzata  perché siamo a Reggio
Calabria.Una città segnata da una feroce criminalità, in cui lo Stato,
nonostante l’immane sforzo dei colleghi oggi presenti in gran numero, fatica a
riconquistare il controllo del territorio. Una splendida città dove nel 2011
abbiamo organizzato, con i compagni di strada di Libera della Cgil e di avviso
pubblico, un bellissimo seminario sugli strumenti di contrasto alle mafie.

Su
questo tema nel marzo 2014, rispondendo a Roberto Saviano, il Presidente del Consiglio
indicava 5 temi di intervento, privilegiando il contrasto ai patrimoni. E’
passato un anno e stiamo
ancora aspettando la realizzazione di uno di questi interventi.

Mentre
aspettavamo le riforme, la magistratura non è stata ferma, e ha esteso in via
interpretativa le norme sul contrasto di prevenzione ai patrimoni mafiosi ai
patrimoni illecitamente accumulati dai cd colletti bianchi: evasori fiscali, corrotti
e corruttori. Anche così si attua il principio di eguaglianza sostanziale, si
restituisce alla collettività il maltolto.

Quanto
mirati siano gli obiettivi che si vogliono realmente realizzare, è svelato dal
fatto che non abbiamo dovuto aspettare 
per la riforma dell’art. 18 dello statuto dei lavoratori.

Aspetta,
invece, un qualche serio intervento, un problema ormai drammatico che si
traduce nell’annullamento del primo dritto inviolabile, quello alla dignità,
sempre più calpestata dalla crescente povertà, come dimostra il numero di
persone, tante espulse dal mondo del lavoro, che si presentano ai centri della
Caritas per ricevere un pasto.

Questa è la realtà drammatica con cui la
politica dovrebbe seriamente confrontarci, una realtà spesso ignorata dai mezzi
di comunicazione perché ciò di cui non si parla non esiste.

Perciò
dobbiamo sostenere l’iniziativa di Libera per un reddito di dignità. Non è un
caso che chi ha a cuore il tema della legalità e, dunque, della democrazia, lo
coniuga con la tutela dei diritti. Sono le stesse persone del mondo dell’associazionismo
e del terzo settore con cui abbiamo marciato a Bologna, il 21 marzo, nel giorno
delle vittime innocenti delle mafie, quando Don Ciotti ha ricordato il
contrasto tra la lentezza della riforma della corruzione e la velocità della
riforma sulla responsabilità civile dei magistrati.

In
questo mondo che sta cambiando velocemente e in cui aleggia l’immagine del
magistrato funzionario-burocrate, anche pavido, è ancora più necessario il
patrimonio di MD, di una magistratura garante della tutela dei diritti, capace
di agire e di osare, nel solco tracciato dalla Costituzione.

Dobbiamo
essere chiari: occorre rinnovarsi, modernizzarsi, possiamo cambiare nome e
struttura, ma non si può abdicare al ruolo di elaborazione e di traduzione
nella giurisdizione e negli uffici della tutela dei diritti.

Non
con slogan, ma riflettendo sui temi a noi cari, proponendo soluzioni
interpretative e, poi, agendo nell’esercizio delle nostre funzioni, quando trattiamo
i singoli procedimenti, sapendo che anche quelli apparentemente più banali
vanno  curato perché dietro ai fascicoli
vi sono persone in carne e ossa.

Non
possiamo ignorare alcune difficoltà.

Non
sempre siamo attori e protagonisti su temi a noi cari, anche di stretta
attualità, come la riforma degli ospedali psichiatrici giudiziari, o il tema epocale
dei migranti, da poco ripreso con vigore nel seminario di Catania.

Nella
giurisprudenza non sempre riusciamo a proporre soluzioni che rispecchiano i
nostri valori, talvolta proprio nell’area dei diritti che si riducono o su
quelli “emergenti”: i nuovi diritti che prepotentemente cercano tutela.

Se
queste sono le difficoltà, dobbiamo, però, essere orgogliosi di quanto realizzato,
come Questione Giustizia on line e il rilancio della Rivista, luogo primario di
riflessione e di elaborazione.

In
affanno sono i  gruppi di lavoro, che rappresentano
un fondamentale pilastro di elaborazione in cui siamo cresciuti,  che risentono delle modifiche che si succedono
a ritmo incalzante.

Se
è chiara la voglia di proseguire la strada tracciata con la fondazione di MD, e
la sua voglia di contaminazione, non possiamo avere timore di mettere in comune
questo patrimonio in Area; anzi in Area dobbiamo essere il motore
dell’elaborazione confrontandoci con tutti e su tutti i temi a noi cari.

Area
è già attiva nel settore ordinamentale e strettamente associative (la “cornice”),
ma manca ancora un’elaborazione comune sui temi della giurisdizione. Insomma
c’è il corpo, ma manca una parte di anima: l’elaborazione e il confronto sui
temi che ci impegnano ogni giorno nell’esercizio delle nostre funzioni.

Che
cosa diventerà Area lo decideranno le prossime tappe scandite dalle donne e dagli
uomini che, credendoci, s’impegneranno su una strada tracciata.

Nessun
timore a una “modernizzazione” con Area.

Nel
tempo potrà cambiare il “luogo associativo” in cui ci incontreremo, ma se
cureremo la memoria storica ricordando come e perché MD è stata protagonista in
questi 50 anni, se continueremo a credere nella figura di magistrato che
traduce in concreto i valori di uguaglianza sostanziale e di tutela dei diritti
fondamentali (che non invecchiano) e dei diritti emergenti, continueremo a
lavorare per lo “scopo sociale” di Magistratura Democratica, dando un senso al
nostro essere magistrati.

 

Reggio
Calabria, 28 marzo 2015

 

Francesco
Menditto

31/03/2015

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