Vorrei
fare una riflessione partendo dall’esperienza del gruppo ordinamento, che è quello di cui mi sono occupata in questi due anni.
A
proposito dell’attività di questo gruppo, e a
proposito della proposta “lasciamo l’autogoverno ad Area e occupiamoci dei
DIRITTI” voglio ribadire che l’attuazione dei diritti e l’autogoverno non
sono affatto questioni distinte. Vogliamo pensare a come può valere la valorizzazione del dirigente che sa far crescere
nel suo ufficio l’elaborazione giurisprudenziale ed il confronto? A come si può affrontare il problema delle priorità? A come incidono sull’attuazione dei diritti i criteri di
organizzazione delle procure?
Tornando
al gruppo ordinamento, il gruppo si occupa di gestire la rete dei contatti tra
gli eletti nei consigli giudiziari e di sviluppare momenti di confronto, sia
attraverso mailing list dedicata sia attraverso incontri. Con riferimento agli
eletti nei CG nel 2012, rispetto al precedente quadriennio c’è stato un calo sensibile di partecipazione. La gente non
scrive sulla mailing list dedicata, fatica a rispondere, ti domandi con che
programma politico e andato in consiglio giudiziario e se ci siano momenti di
confronto con la componente politica locale.
D’altro
canto nelle occasioni in cui si è riusciti ad avere incontri
sul territorio, questi incontri si sono rivelate dei momenti di effettivo e
costruttivo scambio. A Napoli, a Catania, o negli incontri comuni a Roma, si
sono evidenziate delle differenze abissali tra le diverse realtà ma anche una grande voglia di confrontarsi e di
arricchirsi,di scambiare idee ed esperienze.
Ed
ancora, vi è ora concreta disponibilità da parte degli eletti al CSM ad aprire un vero dialogo con
i consiglieri giudiziari e questa e la sola base per costruire un’identità comune sul modo di intendere l’autogoverno e per cercare
di dare attuazione al programma di area in modo organico nell’autogoverno
locale e centrale. Un esempio di questo è stato il recente incontro del
1 marzo in cui ci si è confrontati, anche con la
presenza di rappresentanti della struttura del CSM oltre che del coordinamento,
sulle prospettive di riforma del TU sulla dirigenza.
Come
sempre, allora, quello che ci serve è incontrarsi, parlare,
discutere, comprendere.
Ci stiamo
abituando a pensare che i magistrati siano il mondo delle mailing list ma il
mondo vero dei magistrati non è quello. C’è molto di peggio ma c’è anche molto di meglio. Ed è questo meglio che dobbiamo sviluppare .
Questo
non vale solo per il gruppo ordinamento.
Vale
anche per il dibattito sul futuro di MD.
Molti
chiedono qual è il futuro di MD e lo hanno
chiesto al segretario, che giustamente ha ribaltato su di noi la domanda.
Il futuro
di MD lo dobbiamo creare ancora, come sempre per tutte le cose.
Personalmente
ho bisogno di un luogo dove discutere, dove riflettere, dove progettare, questo
è stato il motivo di essere in MD e questo luogo è ancora MD .
Deve
essere un luogo aperto all’esterno, un luogo che ci consenta di realizzare le
nostre a ambizioni.
La mia
ambizione è avere il riscontro di un lavoro
positivo e di raggiungere almeno in parte degli obiettivi.
È terminare ogni processo
sapendo che gli utenti hanno avuto la percezione di una corretta applicazione
della legge, da parte di un giudice che sa cosa è la realtà.
È vedere un consiglio giudiziario
che discute le cose in maniera serena, nell’ottica di aiuto al buon
funzionamento degli uffici.
È riscontrare che i magistrati
sono in grado di fare osservazioni a un decreto perché non sono intimiditi dal capo e d’altro canto non abusano
di questo strumento per scagliarsi contro un nemico.
È avviare una discussione su
una interpretazione di legge e riscontrare che è possibile convincere l’altro
e diffondere modi di riflettere sul senso della giurisdizione..
È proporre l’apertura
all’esterno da parte della magistratura, ossia esercitare la giurisdizione
nella consapevolezza della complessità della società e quindi della complessità della tutela dei diritti.
È vivere in una sezione in cui
hai la certezza che tutti si siano studiati i fascicoli.
È vedere nominato dirigente chi
è in grado di farlo e
può essere utile al servizio.
Questo io
voglio, e a questo mi serve MD , per lavorare per questo.
Chi
continua a chiedere cosa serve ormai MD non capisco perché lo faccia.
Se
abbiamo ancora delle idee comuni, dei progetti comuni, delle prospettive, non
c’è nemmeno da porsi la domanda.
Serve
perché il nostro fine è quello di portare avanti, ed ora in in Area, queste idee e
questi progetti . Se non li abbiamo più sciogliamoci pure ma non
certo per colpa di Area.
Credo che
però dobbiamo porci degli
interrogativi, noi che siamo qui e che siamo in MD.
Credo che
il metro per capire se abbiamo ancora o no questo fine comune sia la
partecipazione. Ai gruppi, ai consigli nazionali, agli incontri, ma anche
semplicemente alla discussione in sede locale, tutti i giorni.
Il metro,
allora, è anche l’effettiva
disponibilità di mettere a disposizione le
proprie competenze e la volontà di coinvolgere nuove persone,
senza le quali le nostre elaborazioni sono fini a se stesse e fuori dal
parametro associativo.
Le nostre
competenze, le nostre elaborazioni siamo disposte a cederle a tutti i
magistrati dell’ufficio o le riserviamo all’articolo da pubblicare sulla
rivista?
La
rivista è un grande strumento. Lo
vogliamo utilizzare per far uscire nuove persone, per consentire ad altri
magistrati di esprimersi e di imparare ad elaborare e diffondere le loro
elaborazioni?
Siamo
disposti a metterci a parlare con i colleghi di sezione o non abbiamo tempo
perché dobbiamo scrivere un libro?
Siamo
disposti a riflettere sul sistema di nomina dei direttivi in ottica di
funzionamento generale o ce ne occupiamo solo quando stiamo pensando alla
nostra carriera?
Anche la
rete dei consigli giudiziari è un grande strumento. La
vogliamo utilizzare per diffondere un modo di fare autogoverno secondo i
principi che abbiamo scritto nel nostro programma elettorale? Vogliamo
impegnarci nel candidare nei cg e nelle giunte locali persone che abbiano
contezza di essere eletti in vista di un programma e con quello si confrontino?
Abbiamo
ancora voglia di impegnarci nella formazione dei MOT per far crescere dei
magistrati che riflettano e considerino come prima cosa la persona che hanno
davanti?
Abbiamo
interesse ad impegnarci nella formazione decentrata per introdurre nel percorso
di formazione il concetto di apertura alla società civile?
Abbiamo
ancora voglia di impegnarci in queste cose, in attività concrete, di contatto con i colleghi, oppure ognuno lavora
in vista del proprio percorso personale?
Io credo
che dobbiamo rispondere seriamente a questi interrogativi, ma credo che siamo
ancora in molti disposti a questo.
Ed allora
dobbiamo impegnarci ed usare gli strumenti che abbiamo, primo tra tutti la
rivitalizzazione dei gruppi e la loro apertura ad altri.
Elisabetta Chinaglia