INTERVENTO AL XIX° CONGRESSO
DI MAGISTRATURA DEMOCRATICA
Roma, 1° febbraio 2013.
Il congresso di
Magistratura Democratica rappresenta da sempre un punto di riferimento di
fondamentale importanza per chi si voglia misurare con il senso complessivo
dell’esperienza associativa della magistratura italiana.
E’ il momento di
riflessione pubblica di un soggetto collettivo che per storia e capacità di
elaborazione culturale ha svolto e svolge un ruolo centrale nel dibattito sulla
giurisdizione.
Dico questo per prima cosa
non per ragioni di rispetto formale o di convenzione. Lo dico perché questo è
un dato obiettivo con il quale chi, come me, ha compiti di rappresentanza deve
confrontarsi.
E lo dico perché non ho
nessuna remora a riconoscere che il mio percorso associativo si radica in
un’esperienza che non ha una storia così lunga e una elaborazione culturale
così ricca.
Con questo spirito,
allora, vorrei fare solo brevi considerazioni su alcuni degli aspetti
problematici del percorso di Area (per il resto rinvio al documento finale del
MPG/art.3 in www.movimentoperlagiustizia.it
ma anche al forum pubblicato sull’ultimo numero di Questioni Giustizia).
Comincio da una premessa
la cui condivisione mi pare particolarmente importante.
Non si esce dalla
drammatica crisi di rappresentatività e di partecipazione del mondo associativo
che abbiamo di fronte senza ripensare modi e forme del nostro impegno.
La struttura dei nostri
due gruppi organizzati, la logica con la quale si muovono e difendono i confini
della propria soggettività, il linguaggio
che utilizzano per proporsi sono temi su cui è indispensabile riflettere
criticamente.
Non è detto che strumenti
adeguati a leggere la realtà venti o anche solo dieci anni fa siano oggi, senza nessun sostanziale
cambiamento, ancora utili per operare in modo efficace.
E’ una verifica che
dobbiamo fare.
Serenamente, senza salti
nel buio, ma senza eludere il problema.
Chi pensa, invece, di
poter affrontare questa crisi all’insegna dell’autosufficienza, è -a mio
giudizio- del tutto fuori strada.
Sottovaluta, non comprende
il significato di una difficoltà che non è legata a scelte o momenti
contingenti, ma appartiene, a più livelli, a profonde ragioni di fondo.
E, badate bene, questo lo
dico qui solo dopo aver detto le stesse identiche cose al mio gruppo.
E’ inutile girare la testa
da un’altra parte, come se il problema fosse altro da noi e tutto degli altri.
Vorrei quindi aggiungere
qualcosa sul piano dei contenuti che dovrebbero caratterizzare Area, per
rispondere ad alcune legittime preoccupazioni che ho letto in questi giorni.
Nel percorso di Area deve
esserci la scelta chiara in favore dell’esercizio, convinto e responsabile,
dell’aspetto “politico” delle funzioni giudiziarie nell’ambito della
collocazione costituzionale.
Non c’è nessuna timidezza
sul punto.
Il dibattito che ha per
oggetto l’incidenza della giurisdizione sull’assetto politico e civile della
società non è, per me, un momento accessorio mal sopportato.
Lo abbiamo già scritto, ma
lo voglio ripetere qui.
L’esperienza associativa acquista
un senso pieno là dove garantisce il luogo dello scambio delle idee e
dell’elaborazione collettiva di valori condivisi e delle priorità che li
ordinano anche sui grandi temi dei diritti civili, economici e sociali.
E perciò il nostro impegno
deve avere tra le sue caratteristiche anche la capacità di contribuire a scrivere
-in modo non ingessato negli schemi ideologici – l’agenda dei temi del
dibattito pubblico.
Quindi non solo efficienza
del sistema e professionalità –il primo bagaglio culturale del mio gruppo
associativo-, ma anche i temi del garantismo penale e della finalità della pena,
dei nuovi problemi del lavoro, dell’immigrazione e altri ancora.
In
altre parole, la consapevolezza del senso sociale della giurisdizione.
Tutti temi nei quali il
contributo di magistratura democratica è
più che importante: è imprescindibile.
Anche in questo caso non
ho alcuna remora a fare questa affermazione.
Piuttosto, aggiungo una considerazione.
E una richiesta.
Non ci limitiamo alle
declamazioni enfatiche, per titoli, di questi argomenti e cerchiamo sempre di
elaborarli, in modo moderno, e di tramutarli in proposte concrete ove occorra.
In questo momento però,
a prescindere da questi aspetti pur importanti, ci troviamo ad un punto di
svolta.
Il percorso di Area è andato avanti tra molte
difficoltà e alcune rilevanti battute di arresto.
Nasconderlo sarebbe non
solo ipocrita, ma inutile e dannoso.
Non bisogna minimizzare le
difficoltà e dagli errori si deve imparare la lezione.
Ma è un percorso che
comunque ha suscitato attenzione e aspettative
dove prima rischiava di esserci il nulla.
Tra i colleghi non
iscritti ai due gruppi e persino tra alcuni di noi che si erano ritratti da
tempo dalla partecipazione.
Ora si tratta di fare un
salto di qualità, per consolidare questa esperienza ed offrire al più presto, in
primo luogo ai giovani magistrati, un’alternativa seria, credibile, di
contenuti, al modello neo-corporativo che sta dilagando.
Per dare credibilità a
questo cambio di passo occorrono alcune scelte chiare e visibili.
Certamente verso
l’ulteriore definizione dei contenuti ed il contestuale consolidamento di una
struttura di Area,
Ma anche per affermare da
subito come metodo generalizzato nelle competizioni elettorali quello delle
consultazioni primarie aperte a chi si riconosce in uno stesso chiaro contesto
di valori e di programma.
Un punto fondamentale,
quest’ultimo.
Rispetto al quale io non
credo che siano possibili strade alternative perseguite attraverso accordi
elettorali.
Sarebbe tradire quelle
aspettative, disperdere quello di buono che pure con tanta fatica si è fatto nell’interesse
di tutti in questi anni.
Dal congresso di
magistratura democratica, dai miei amici di magistratura democratica, in
conclusione io mi aspetto proprio questo, non altro: saper guardare avanti,
come sempre, nell’interesse generale che è dato dall’affermazione delle buone
ragioni.
Grazie dell’attenzione e
buon lavoro.
Nicola
Di Grazia