Speciale

XIX Congresso Nazionale di Md

di Esecutivo di Magistratura Democratica

L’intervento di Paolo Valerio – Federmot

FEDER.M.O.T.

Federazione Magistrati Onorari di Tribunale

Intervento al Congresso di Magistratura
Democratica

Quale Giustizia al tempo della crisi? Questa l’intelligente
domanda posta da Magistratura Democratica agli interlocutori chiamati a
raccolta nel proprio Congresso.

Con
un debito giudiziario di circa 9 milioni di cause arretrate, di cui oltre 5
milioni nel solo settore civile, appare evidente che l’inefficienza della
giustizia è già di per sé una concausa strutturale della crisi economica e
finanziaria che attanaglia il nostro Paese ed è forse, tra le cause
strutturali, la più odiosa, perché compromette la capacità stessa
dell’ordinamento di essere tale, affermando l’effettività delle proprie norme
giuridiche.

Intanto
si parla di inefficienza quando a fronte di una scarsità di mezzi vi è una
possibilità di più efficace utilizzo di quelli disponibili.

Ma
tale più efficace utilizzo certamente non può riguardare la magistratura di
ruolo, la quale mantiene un elevato livello di produttività nel confronto con
le magistrature di altri Paesi europei.

Altrettanto non può dirsi dei magistrati onorari
di tribunale o dei giudici di pace, i quali, pur amministrando circa il 50% del
contenzioso civile e penale, sono obbligati a prestare la propria opera in via
non esclusiva, poiché vincolati allo svolgimento di altre attività lavorative,
le uniche produttive di un reddito certo e di un trattamento previdenziale.

Altra anomalia incompresa è che i magistrati di
ruolo, inclusi quelli idonei alle funzioni superiori, siano distratti verso la
cura di affari civili di modesta complessità, la cognizione di reati seriali o
contravvenzionali di agevole accertamento e la direzione di fasi procedurali e
processuali secondarie.

Tali attività giurisdizionali, imprescindibili
ma di minore complessità e rilevanza, potrebbero divenire appannaggio pressoché
esclusivo dei magistrati onorari, così consentendosi ai magistrati di ruolo di
accudire ai procedimenti di maggiore rilevanza economico-sociale o di particolare
complessità.

E’ tuttavia difficile pensare che tali attività
complementari e ausiliarie, ma pur sempre giurisdizionali, possano essere
affidate a magistrati precari, o reclutati a mezzo servizio, o, addirittura,
agli studenti delle scuole di specializzazione.

La tradizionale pretesa di alcune componenti
della magistratura di ruolo di devolvere tali affari civili e penali a soggetti
non stabilizzati, che si compiacciano di svolgerle al solo fine di acquisire
un’esperienza da declinare, successivamente, in altre carriere giudiziarie o
forensi, sembra nascondere la preoccupazione, invero infondata, che una
magistratura onoraria stabilizzata possa porsi in competizione con quella di
ruolo, invadendone prerogative e funzioni.

Sennonché, ove la legge chiarisse definitivamente
competenze e limiti della magistratura onoraria, devolvendone l’autogoverno ad
appositi organismi, magari distrettuali, come già avviene per alcune sue
componenti, quali la magistratura di pace, potrebbero essere definitivamente
superate e accantonate tali preoccupazioni che, per quanto comprensibili e
giustificabili, non possono fermare il corso della storia e l’evoluzione,
altrimenti fuori controllo, del sistema giudiziario.

E’ invece l’attuale assenza di regole e criteri
a determinare un’inaccettabile confusione di ruoli e prerogative tra
magistratura di ruolo e onoraria; commistione peraltro acquisita, come
ineluttabile dato di fatto, dalle stesse Sezioni Unite, le quali già nel 2008
ebbero a precisare che i magistrati onorari “possono decidere ogni processo e pronunciare qualsiasi sentenza per la
quale non vi sia espresso divieto di legge, con piena assimilazione dei loro
poteri a quelli dei magistrati togati
” (Cass. Sez. U, Sent. n. 12644 del
19.5.2008).

Orbene, ci aspetteremmo che la Magistratura di
ruolo conducesse la giusta rivendicazione delle proprie prerogative esclusive
sul terreno di un più idoneo riconoscimento della propria superiore funzione,
spesso ingiustamente negletta da disposizioni che pongono la magistratura
ordinaria in posizione, non solo economica, deteriore rispetto alla
magistratura amministrativa e contabile e rispetto all’avvocatura dello Stato.

La posizione di favore verso una magistratura
onoraria temporanea e precaria appare, invece, di retrovia e autolesionistica,
perché riduce il potenziale ausiliario di una forza-lavoro il cui apporto
costituisce l’unica risorsa umana prontamente reperibile e idonea a conferire
maggiore efficacia alla complessiva performance
della magistratura di ruolo.

Partendo da tali premesse, la nostra proposta è,
invece, di accantonare una quota parte delle tasse di registro introitate
dall’erario sulle sentenze depositate dai giudici onorari, al fine di alimentare
un fondo dal quale attingere emolumenti accessori che premino il lavoro dei magistrati
onorari di tribunale, già oggi inquadrati secondo uno schema che prevede la
retribuzione del loro lavoro in base all’effettivo apporto lavorativo ma – diversamente
dai giudici di pace – sulla sola base delle udienze svolte, e non anche in
proporzione al numero dei procedimenti definiti.

I tecnici di Via Arenula avevano ipotizzato qualcosa
del genere, quando avevano pensato di reclutare 600 giudici ausiliari, che redigessero
100 sentenze l’anno ciascuno, al costo di 200 euro a sentenza, per un massimo
di 20.000 euro annui.

Tuttavia è stato calcolato che, i 600 giudici
ausiliari, avrebbero smaltito 5,6 milioni di sentenze civili in non meno di 93
anni, 4 mesi e 20 giorni.

L’idea di appaltare la redazione delle sole
sentenze a magistrati speciali – collocati all’esterno delle sezioni ordinarie
dei tribunali – ci trova responsabilmente contrari.

La soluzione governativa sarebbe una riedizione
di quelle sezioni stralcio nelle quali i Giudici Onorari Aggregati (GOA) operavano
al di fuori della necessaria osmosi giurisprudenziale con la magistratura
ordinaria.

Costoro, almeno, definivano i processi; i
giudici ausiliari, invece, scriverebbero solo le sentenze, mentre l’istruttoria
dei processi, la cui irragionevole durata costituisce il vero collo di bottiglia,
continuerebbe a pesare sulle spalle dei magistrati di ruolo.

L’idea della Feder.M.O.T. è tutt’altra; e si
pone fuori dalla logica della mera rottamazione.

Essa si ispira ai medesimi modelli organizzativi
– parzialmente già attuati in alcune sedi giudiziarie virtuose – dai quali
prendono spunto le circolari tabellari, del luglio 2011, con le quali il CSM ha
prefigurato una costante osmosi – tra magistrato di ruolo e magistrato onorario
– fortemente orientata a un approccio nomofilattico e all’attuazione di
indirizzi interpretativi autorevoli e univoci.

Alla luce dei risultati emersi da una prima
sperimentazione di tale modello, in ultimo analizzati in un recente convegno
romano organizzato da Area, pensiamo a un magistrato onorario adeguatamente
vigilato, orientato e guidato, che possa non solo sostituire i magistrati di
ruolo impediti o assenti e redigere provvedimenti decisori in materie
tassativamente definite, ma anche produrre una giurisprudenza coerente con gli
insegnamenti delle corti superiori e con gli orientamenti interni alle sezioni
ordinarie del tribunale in cui è integrato.

La magistratura onoraria di tribunale é
divenuta, infatti, una sorta di “guardia
nazionale
“, che concorre, a fianco dei magistrati di ruolo, per
soddisfare la sete di giustizia, fornendo il proprio apporto a un costo fin
troppo contenuto: appena 38 milioni di euro l’anno, il 4% del gettito minimo di
un miliardo di euro che potrebbe essere ricavato, con la definizione
dell’arretrato civile, dalla sola esazione della imposta di registro, secondo
la più prudente delle stime, effettuata sullo scaglione minimo del predetto
tributo.

La mediocre risposta del Governo alla domanda di
giustizia, negli ultimi mesi, è stata il reiterato rincaro del contributo
unificato, operazione eticamente inaccettabile che allontana dall’accesso alla
giustizia i cittadini meno abbienti, l’anello debole della catena.

Né ci è sembrata particolarmente lungimirante la
proposta – emersa da alcuni esponenti del Parlamento e della Magistratura
associata – di rottamare la magistratura onoraria attuale per istituirne una
nuova – munita di quelle tutele minime (previdenza e continuità nella  funzione), che da sempre giudici di pace e
magistrati onorari di tribunale rivendicano per sé – reclutandone ex novo i componenti, senza accordare
alcun accesso preferenziale a chi da anni già svolge, per dirla con le parole
della citata Cassazione, le medesime funzioni devolute ai magistrati togati;
quasi che la priorità sia l’eliminazione di chi fisicamente già compone tale
magistratura di supporto, prescindendo da ogni oggettivo accertamento sulle
professionalità maturate negli anni e costantemente verificate da organi di
disciplina, si noti, composti da soli magistrati togati, ossia i Capi degli
uffici, i Consigli giudiziari e il CSM.

Tale spoil
system
avrebbe un senso se il progetto riguardasse un reclutamento
straordinario di nuove forze all’interno della magistratura di ruolo; ma,
esclusa tale ipotesi, peraltro mai proposta da alcuno e incompatibile con i
vincoli costituzionali e di finanza pubblica, non si comprende per quale motivo
una nuova magistratura onoraria,  solo
perché provvista di minime tutele lavoristiche, ergo più vicina al modello
delineato dalla Raccomandazione del Consiglio d’Europa n. 12 del 2010, dovrebbe
essere formata escludendone coloro che, pur in assenza delle citate guarentigie
minime, già ne fanno parte da anni. Quasi che il riconoscimento di diritti minimi
previsti a favore di qualsiasi cittadino, invero contemplati dalla Costituzione
ma disapplicati dal legislatore ordinario, possa apparire come un’indebita
gratificazione premiale o una surrettizia promozione sul campo.

Invero garantendo stabilità e tutele
assicurative e previdenziali ai magistrati onorari, si potrebbe confidare nella
loro dedizione piena ed esclusiva all’esercizio della giurisdizione, pur negli
ambiti definiti dalla natura vicaria, complementare e strumentale del loro
apporto all’opera della magistratura di ruolo.

Sembra questo l’unico recupero di efficienza e
produttività nell’immediato possibile, peraltro attuabile tramite la mera
continuità degli incarichi temporanei, all’esito di debiti controlli oggi elusi
dalle leggi di proroga, e introducendo una misurata razionalizzazione della
normativa retributiva e previdenziale.

D’altronde in questi anni ci siamo sempre
occupati dei processi della gente comune, di quei processi che non finiscono
sulle prime pagine dei giornali, che non aprono la strada a carriere politiche,
ma che toccano interessi diffusi e categorie svantaggiate.

Per usare una metafora proposta in occasione
dell’ultima inaugurazione dell’anno giudiziario presso le corti d’appello, in
questa Italia in cui qualcuno abbandona la nave anzitempo, rivendichiamo con
orgoglio il diritto-dovere di restare a bordo, specialmente in questo difficile
momento.

E vorremmo continuare a offrire il nostro
contributo senza enfasi e pretese di gloria, lontani da ogni inaccettabile
ingerenza nelle superiori funzioni devolute, in via esclusiva, alla
magistratura di carriera, ma vedendoci riconosciuto il maggiore rispetto che
compete al nostro impegno lavorativo e alla funzione giurisdizionale che
esercitiamo.

 

Roma, 1 febbraio 2013

                                  

Paolo Valerio         

Presidente
Feder.M.O.T

 

11/02/2013

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