Speciale
XIX Congresso Nazionale di Md
FEDER.M.O.T.
Federazione Magistrati Onorari di Tribunale
Intervento al Congresso di Magistratura Democratica
Quale Giustizia al tempo della crisi? Questa l’intelligente domanda posta da Magistratura Democratica agli interlocutori chiamati a raccolta nel proprio Congresso.
Con un debito giudiziario di circa 9 milioni di cause arretrate, di cui oltre 5 milioni nel solo settore civile, appare evidente che l’inefficienza della giustizia è già di per sé una concausa strutturale della crisi economica e finanziaria che attanaglia il nostro Paese ed è forse, tra le cause strutturali, la più odiosa, perché compromette la capacità stessa dell’ordinamento di essere tale, affermando l’effettività delle proprie norme giuridiche.
Intanto si parla di inefficienza quando a fronte di una scarsità di mezzi vi è una possibilità di più efficace utilizzo di quelli disponibili.
Ma tale più efficace utilizzo certamente non può riguardare la magistratura di ruolo, la quale mantiene un elevato livello di produttività nel confronto con le magistrature di altri Paesi europei.
Altrettanto non può dirsi dei magistrati onorari di tribunale o dei giudici di pace, i quali, pur amministrando circa il 50% del contenzioso civile e penale, sono obbligati a prestare la propria opera in via non esclusiva, poiché vincolati allo svolgimento di altre attività lavorative, le uniche produttive di un reddito certo e di un trattamento previdenziale.
Altra anomalia incompresa è che i magistrati di ruolo, inclusi quelli idonei alle funzioni superiori, siano distratti verso la cura di affari civili di modesta complessità, la cognizione di reati seriali o contravvenzionali di agevole accertamento e la direzione di fasi procedurali e processuali secondarie.
Tali attività giurisdizionali, imprescindibili ma di minore complessità e rilevanza, potrebbero divenire appannaggio pressoché esclusivo dei magistrati onorari, così consentendosi ai magistrati di ruolo di accudire ai procedimenti di maggiore rilevanza economico-sociale o di particolare complessità.
E’ tuttavia difficile pensare che tali attività complementari e ausiliarie, ma pur sempre giurisdizionali, possano essere affidate a magistrati precari, o reclutati a mezzo servizio, o, addirittura, agli studenti delle scuole di specializzazione.
La tradizionale pretesa di alcune componenti della magistratura di ruolo di devolvere tali affari civili e penali a soggetti non stabilizzati, che si compiacciano di svolgerle al solo fine di acquisire un’esperienza da declinare, successivamente, in altre carriere giudiziarie o forensi, sembra nascondere la preoccupazione, invero infondata, che una magistratura onoraria stabilizzata possa porsi in competizione con quella di ruolo, invadendone prerogative e funzioni.
Sennonché, ove la legge chiarisse definitivamente competenze e limiti della magistratura onoraria, devolvendone l’autogoverno ad appositi organismi, magari distrettuali, come già avviene per alcune sue componenti, quali la magistratura di pace, potrebbero essere definitivamente superate e accantonate tali preoccupazioni che, per quanto comprensibili e giustificabili, non possono fermare il corso della storia e l’evoluzione, altrimenti fuori controllo, del sistema giudiziario.
E’ invece l’attuale assenza di regole e criteri a determinare un’inaccettabile confusione di ruoli e prerogative tra magistratura di ruolo e onoraria; commistione peraltro acquisita, come ineluttabile dato di fatto, dalle stesse Sezioni Unite, le quali già nel 2008 ebbero a precisare che i magistrati onorari “possono decidere ogni processo e pronunciare qualsiasi sentenza per la quale non vi sia espresso divieto di legge, con piena assimilazione dei loro poteri a quelli dei magistrati togati” (Cass. Sez. U, Sent. n. 12644 del 19.5.2008).
Orbene, ci aspetteremmo che la Magistratura di ruolo conducesse la giusta rivendicazione delle proprie prerogative esclusive sul terreno di un più idoneo riconoscimento della propria superiore funzione, spesso ingiustamente negletta da disposizioni che pongono la magistratura ordinaria in posizione, non solo economica, deteriore rispetto alla magistratura amministrativa e contabile e rispetto all’avvocatura dello Stato.
La posizione di favore verso una magistratura onoraria temporanea e precaria appare, invece, di retrovia e autolesionistica, perché riduce il potenziale ausiliario di una forza-lavoro il cui apporto costituisce l’unica risorsa umana prontamente reperibile e idonea a conferire maggiore efficacia alla complessiva performance della magistratura di ruolo.
Partendo da tali premesse, la nostra proposta è, invece, di accantonare una quota parte delle tasse di registro introitate dall’erario sulle sentenze depositate dai giudici onorari, al fine di alimentare un fondo dal quale attingere emolumenti accessori che premino il lavoro dei magistrati onorari di tribunale, già oggi inquadrati secondo uno schema che prevede la retribuzione del loro lavoro in base all’effettivo apporto lavorativo ma – diversamente dai giudici di pace – sulla sola base delle udienze svolte, e non anche in proporzione al numero dei procedimenti definiti.
I tecnici di Via Arenula avevano ipotizzato qualcosa del genere, quando avevano pensato di reclutare 600 giudici ausiliari, che redigessero 100 sentenze l’anno ciascuno, al costo di 200 euro a sentenza, per un massimo di 20.000 euro annui.
Tuttavia è stato calcolato che, i 600 giudici ausiliari, avrebbero smaltito 5,6 milioni di sentenze civili in non meno di 93 anni, 4 mesi e 20 giorni.
L’idea di appaltare la redazione delle sole sentenze a magistrati speciali – collocati all'esterno delle sezioni ordinarie dei tribunali – ci trova responsabilmente contrari.
La soluzione governativa sarebbe una riedizione di quelle sezioni stralcio nelle quali i Giudici Onorari Aggregati (GOA) operavano al di fuori della necessaria osmosi giurisprudenziale con la magistratura ordinaria.
Costoro, almeno, definivano i processi; i giudici ausiliari, invece, scriverebbero solo le sentenze, mentre l’istruttoria dei processi, la cui irragionevole durata costituisce il vero collo di bottiglia, continuerebbe a pesare sulle spalle dei magistrati di ruolo.
L’idea della Feder.M.O.T. è tutt’altra; e si pone fuori dalla logica della mera rottamazione.
Essa si ispira ai medesimi modelli organizzativi – parzialmente già attuati in alcune sedi giudiziarie virtuose – dai quali prendono spunto le circolari tabellari, del luglio 2011, con le quali il CSM ha prefigurato una costante osmosi – tra magistrato di ruolo e magistrato onorario – fortemente orientata a un approccio nomofilattico e all’attuazione di indirizzi interpretativi autorevoli e univoci.
Alla luce dei risultati emersi da una prima sperimentazione di tale modello, in ultimo analizzati in un recente convegno romano organizzato da Area, pensiamo a un magistrato onorario adeguatamente vigilato, orientato e guidato, che possa non solo sostituire i magistrati di ruolo impediti o assenti e redigere provvedimenti decisori in materie tassativamente definite, ma anche produrre una giurisprudenza coerente con gli insegnamenti delle corti superiori e con gli orientamenti interni alle sezioni ordinarie del tribunale in cui è integrato.
La magistratura onoraria di tribunale é divenuta, infatti, una sorta di "guardia nazionale", che concorre, a fianco dei magistrati di ruolo, per soddisfare la sete di giustizia, fornendo il proprio apporto a un costo fin troppo contenuto: appena 38 milioni di euro l’anno, il 4% del gettito minimo di un miliardo di euro che potrebbe essere ricavato, con la definizione dell’arretrato civile, dalla sola esazione della imposta di registro, secondo la più prudente delle stime, effettuata sullo scaglione minimo del predetto tributo.
La mediocre risposta del Governo alla domanda di giustizia, negli ultimi mesi, è stata il reiterato rincaro del contributo unificato, operazione eticamente inaccettabile che allontana dall’accesso alla giustizia i cittadini meno abbienti, l’anello debole della catena.
Né ci è sembrata particolarmente lungimirante la proposta – emersa da alcuni esponenti del Parlamento e della Magistratura associata – di rottamare la magistratura onoraria attuale per istituirne una nuova - munita di quelle tutele minime (previdenza e continuità nella funzione), che da sempre giudici di pace e magistrati onorari di tribunale rivendicano per sé - reclutandone ex novo i componenti, senza accordare alcun accesso preferenziale a chi da anni già svolge, per dirla con le parole della citata Cassazione, le medesime funzioni devolute ai magistrati togati; quasi che la priorità sia l’eliminazione di chi fisicamente già compone tale magistratura di supporto, prescindendo da ogni oggettivo accertamento sulle professionalità maturate negli anni e costantemente verificate da organi di disciplina, si noti, composti da soli magistrati togati, ossia i Capi degli uffici, i Consigli giudiziari e il CSM.
Tale spoil system avrebbe un senso se il progetto riguardasse un reclutamento straordinario di nuove forze all’interno della magistratura di ruolo; ma, esclusa tale ipotesi, peraltro mai proposta da alcuno e incompatibile con i vincoli costituzionali e di finanza pubblica, non si comprende per quale motivo una nuova magistratura onoraria, solo perché provvista di minime tutele lavoristiche, ergo più vicina al modello delineato dalla Raccomandazione del Consiglio d’Europa n. 12 del 2010, dovrebbe essere formata escludendone coloro che, pur in assenza delle citate guarentigie minime, già ne fanno parte da anni. Quasi che il riconoscimento di diritti minimi previsti a favore di qualsiasi cittadino, invero contemplati dalla Costituzione ma disapplicati dal legislatore ordinario, possa apparire come un’indebita gratificazione premiale o una surrettizia promozione sul campo.
Invero garantendo stabilità e tutele assicurative e previdenziali ai magistrati onorari, si potrebbe confidare nella loro dedizione piena ed esclusiva all’esercizio della giurisdizione, pur negli ambiti definiti dalla natura vicaria, complementare e strumentale del loro apporto all’opera della magistratura di ruolo.
Sembra questo l’unico recupero di efficienza e produttività nell’immediato possibile, peraltro attuabile tramite la mera continuità degli incarichi temporanei, all’esito di debiti controlli oggi elusi dalle leggi di proroga, e introducendo una misurata razionalizzazione della normativa retributiva e previdenziale.
D’altronde in questi anni ci siamo sempre occupati dei processi della gente comune, di quei processi che non finiscono sulle prime pagine dei giornali, che non aprono la strada a carriere politiche, ma che toccano interessi diffusi e categorie svantaggiate.
Per usare una metafora proposta in occasione dell’ultima inaugurazione dell’anno giudiziario presso le corti d’appello, in questa Italia in cui qualcuno abbandona la nave anzitempo, rivendichiamo con orgoglio il diritto-dovere di restare a bordo, specialmente in questo difficile momento.
E vorremmo continuare a offrire il nostro contributo senza enfasi e pretese di gloria, lontani da ogni inaccettabile ingerenza nelle superiori funzioni devolute, in via esclusiva, alla magistratura di carriera, ma vedendoci riconosciuto il maggiore rispetto che compete al nostro impegno lavorativo e alla funzione giurisdizionale che esercitiamo.
Roma, 1 febbraio 2013
Paolo Valerio
Presidente Feder.M.O.T
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