Speciale
XIX Congresso Nazionale di Md
IL SISTEMA della UFFICI GIUDIZIARI nella EVOLUZIONE della REALTA’
A Genova, ci siamo resi conto, nell’ambito del gruppo di Magistratura Democratica, della esigenza di riflettere e confrontarci sul ruolo del dirigente dell’ufficio giudiziario ed abbiamo, dopo una serie di occasioni di scambio assembleare, versato i tratti più significativi della nostra riflessione in un lavoro che, per precisa scelta anche semantica, mi piace definire semplicemente scritto.
Uno scritto che, si è detto nel corso delle varie riunioni, non viviamo come momento di approdo rispetto alle numerose questioni che il tema della DIRIGENZA pone ma che, invece, andrebbe letto come (ulteriore) elemento di propulsione al dibattito, una presa d’atto della complessità del tema, meritevole, come tale, di essere posto tra le priorità dell’ulteriore elaborazione di Magistratura Democratica.
E’ indubbio, quindi, il merito che la segreteria della sezione genovese abbia avuto, quando, qualche mese fa, ha proposto questo tema: la discussione, la riflessione collettiva hanno consentito, infatti, di evidenziare alcune aporie, criticità e, di conseguenza, hanno posto l’accento in merito ad alcune scelte del recente passato, trasfuse nella disciplina del d.vo 106/2006, oltre che della normativa secondaria del Consiglio.
Il tema della assoluta centralità delle FONTI INFORMATIVE, della necessità di affinare gli strumenti a disposizione dell’autogoverno (CG, CSM) nei procedimenti di selezione dei dirigenti ovvero di servirsene efficacemente, il tema (delicato e controverso) dei punteggi nella valutazione delle singole attitudini dirigenziali, l’aspetto relativo alla (ineliminabile) discrezionalità, ma anche la verifica, strada facendo, del loro operato, l’EFFETTIVO MONITORAGGIO, strumentale al corretto svolgimento della loro attività in progress, del lavoro del dirigente (e, quindi, dell’andamento del relativo ufficio), pongono problemi interessanti per il gruppo e per la magistratura nel suo insieme.
In questa ottica, il tema della carriera rappresenta uno degli aspetti – certo molto delicato e politicamente distintivo – sul quale siamo chiamati a riflettere ed offrire elaborazione: non vorremmo che l’approccio, da costruttivo e progressivo come ci si propone, pervenga, invece, ad una lettura eccessivamente polemica e critica verso una realtà che, soprattutto se comparata al passato più risalente, presenta non trascurabili benemerenze.
Se, come credo tutti noi desideriamo, l’obiettivo ultimo sia garantire agli uffici il miglior assetto organizzativo possibile, e, nel contempo, desideriamo che sia attribuita ad ogni magistrato l’effettiva possibilità di accedere alla carriera dirigenziale, cruciale diventa il tema della FORMAZIONE, del bagaglio culturale necessario per svolgere correttamente quel ruolo.
Il richiamo alla attività della SCUOLA della MAGISTRATURA è immediato e diventa essenziale, in questa logica, che il nostro organo formativo si accinga a soddisfare (anche) tale esigenza culturale, non soltanto verso coloro che, ad un certo momento della loro storia professionale, intendano aspirare a svolgere incarichi direttivi, ma (soprattutto, direi) verso ogni magistrato la cui crescita culturale in tal senso, consentirà la partecipazione al governo ed alla gestione collettiva dell’ufficio, finendo, in ultima analisi, per valorizzarne consapevole il ruolo sistemico.
L’ufficio non dovrà più essere la semplice sommatoria degli sforzi, dell’impegno, del lavoro di ciascun magistrato ma, in virtù dell’acquisita consapevolezza e dei relativi strumenti professionali da parte di ciascun magistrato, potrà finalmente rappresentare quel SISTEMA che ci auspichiamo divenga.
In altre parole, la nostra istituzione giudiziaria ha bisogno della massima diffusione orizzontale del sapere organizzativo.
Come ha detto LUIGI MARINI nell’intervento di questa mattina, va essere superata la logica dell’artigianale autorganizzazione, perché - credo che ormai la maggior parte di noi ne siano convinti - la risposta di giustizia proviene dall’ufficio e non soltanto dal lavoro del singolo magistrato e, quindi, è imprescindibile l’esigenza di organizzare secondo questa sensibilità gli uffici giudiziari
Allora, occuparsi di DIRIGENZA significa avere a cuore la sorte di ciascun magistrato, valorizzarne il ruolo e, in ultima analisi, pure tutelarne l’operato dal rischio di esposizione mediatica che – come credo la cronaca e la storia ci insegnino – si annidi, ove l’azione giudiziaria non sia connessa ad una struttura organizzativa salda e trasparente.
Temi, tutti, degni della massima cura ed attenzione riflessiva da parte di un gruppo di magistrati democratici.
Come, a corredo, pure l’ineludibile questione delle PRIORITA’ nell’organizzazione della trattazione, a cominciare dagli affari penali, nell’organizzazione degli uffici: non soltanto per il requirente, ma, irrinunciabilmente, ove si intenda accedere ad una logica unitaria, complessiva, per il giudicante, tra uffici orizzontalmente connessi ma pure legati verticalmente.
Trasparenza, responsabilità, accountability, costituiscono direttrici imposte da una lettura della funzione giurisdizionale che abbia a cuore la comunità, in ultima analisi destinataria della domanda di giustizia.
E allora, ci si avvede di quanto abbiamo parlato e dovremo ancora parlare di temi concreti, così lontani dalla utopia, dal non-luogo: si tratta di scegliere di occuparci di LUOGHI, PERSONE e della loro STORIA.
Maria Eugenia Oggero
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