Altre ne sono seguite, altrettanto discutibili, e intanto si annuncia, a settembre, l’avvio della discussione parlamentare su una riforma costituzionale proposta dalla maggioranza di governo che nella sua attuale formulazione non solo intende “separare le carriere” (ossessione ultraventennale) ma anche ridurre a un’ombra l’autogoverno della magistratura, introdurre una responsabilità impiegatizia dei magistrati e, in generale, accentuare la deriva burocratica della giurisdizione.
Si sta dunque alzando un vento d’autunno che potrebbe concretamente portare a far cadere le garanzie costituzionali di indipendenza della magistratura.
Se questo dovesse avvenire ciascun magistrato diventerebbe una foglia gialla, rinsecchita, caduta e calpestata, compresi quelli che esitano a prendere posizioni chiare, per quieto vivere a fianco dei decisori politici nella speranza che “facciano i buoni” se non altro con coloro che non hanno dato fastidio.
Nessuna preoccupazione hanno invece mostrato i crica seicento ex magistrati di ogni orientamento che nel volgere di pochi giorni in agosto hanno sottoscritto una dichiarazione chiara e inequivoca contro la separazione delle carriere.
Intanto, al di là di queste vicende, il mondo continua a essere in movimento, animato da conflitti che esigono l’affermazione o la riaffermazione di diritti.
Magistratura democratica dedicherà il suo congresso – che si terrà a Napoli tra il 10 e il 12 novembre 2023 – sia alle vicende interne alla giurisdizione che alle vicende globali dei diritti, nella convinzione che per essere magistrati e cittadini consapevoli si debba rivendicare la possibilità di svolgere il proprio lavoro nelle condizioni migliori e insieme – anche questo scrivevamo a luglio – dedicare tempo, energie, intelligenza, al mondo intorno a sé.