Associazione Nazionale Magistrati
Unità associativa e rinnovamento
L’unità associativa non è un’insegna utile a celare pratiche consociative o ripiegamenti corporativi, ma un valore da perseguire attraverso la condivisione di un progetto di rinnovamento, che porti avanti una riflessione sulle ragioni più profonde della crisi della magistratura, aprendo una fase nuova per l’associazionismo giudiziario. In uno sforzo di riflessione collettiva, critica ed autocritica, che superi atteggiamenti di autoreferenzialità e preoccupazioni tattiche o di parte.
In attesa della convocazione del Comitato Direttivo Centrale, e nell’augurare un buon lavoro a tutti gli eletti, vogliamo affidare alla carta qualche breve considerazione, prendendo le mosse da un obiettivo che nell’ultimo anno abbiamo spesso rivendicato: l’unità associativa.
L’unità associativa è sempre stata un baluardo in tutte le più difficili stagioni della storia politica e giudiziaria d’Italia ed è stata determinante nella formazione di una comune cultura istituzionale e costituzionale della magistratura, contribuendo ad affermarne il ruolo nella società democratica.
L’unità associativa non è, perciò, l’insegna utile a celare pratiche consociative o ripiegamenti corporativi, ma un valore da perseguire attraverso la condivisione di un progetto di cambiamento, al quale deve essere funzionale.
Oggi vi sono le condizioni perché si realizzi una profonda azione di rinnovamento all’interno della magistratura: siamo convinti che dalla crisi si possa uscire solo ricostruendo una forte identità collettiva intorno a valori condivisi.
Lo abbiamo detto nel corso dell’ultimo anno e sentiamo di doverlo ribadire con più forza dopo queste elezioni: unità, per noi, significa rinnovamento.
In questo senso, dobbiamo essere consapevoli che la difesa dell’autonomia e dell’indipendenza della magistratura e la ricostruzione della credibilità della funzione giurisdizionale, e della sua legittimazione democratica, non possono considerarsi esaurite con la sola espulsione di Luca Palamara e con l’accertamento delle responsabilità disciplinari.
Neppure vogliamo accontentarci della narrazione che distingue tra gravità delle colpe e dei comportamenti e accredita purezza solo in alcuni gruppi e non in altri. Riteniamo, infatti, che al centro della crisi vi siano questioni di fondo che coinvolgono tutta la magistratura.
È necessaria, perciò, una ulteriore, profonda attività di analisi e di scavo, che sarà compito dell’Associazione, in tutte le sue componenti, e di tutti i gruppi, al loro interno, portare avanti in maniera convinta.
Molto ancora dobbiamo comprendere, perché soltanto la comprensione delle cause e delle dinamiche profonde delle degenerazioni emerse sarà garanzia del superamento della crisi.
È un risultato che dobbiamo alla democrazia italiana, ai cittadini e ai tanti magistrati che, negli uffici e nelle assemblee di base in cui si sono spontaneamente riuniti, hanno richiesto una immediata correzione di rotta, invocando un rinnovamento, in nome della trasparenza e della partecipazione.
Crediamo che proprio la partecipazione debba essere la cifra dell’associazionismo che il nuovo Comitato Direttivo Centrale oggi è chiamato a valorizzare, dando linfa alla discussione e all’elaborazione, al suo interno e in tutte le istanze periferiche.
È necessario aprire una nuova fase per l’associazionismo giudiziario, che dovrà portare avanti la riflessione sulle ragioni più profonde della crisi, in uno sforzo di riflessione collettiva critica ed autocritica, superando atteggiamenti di autoreferenzialità e preoccupazioni, tattiche e di parte, che hanno condizionato scelte e reso poco leggibili alcune decisioni, nello scorso quadriennio.
In quest’ottica, ci chiediamo se non si debba riflettere a fondo sulla soluzione di una rigida e predeterminata rotazione annuale delle cariche.
L’esperienza dell’ultimo quadriennio ci ha dimostrato che questa prassi, anziché rinforzare la logica dell’unità ed essere funzionale – come sempre è stata – alla piena assunzione di responsabilità, può invece sclerotizzarsi ed essere utile a ricondurre l’immagine dell’Associazione al patrimonio del gruppo che di volta in volta ne esprime il vertice. In tal modo non favorisce la partecipazione e quel necessario sforzo di sintesi che, attraverso il dibattito interno, deve essere alla base di un confronto coerente con la politica, in una fase strategica di riforma dell’ordinamento giudiziario e del processo penale, qual è quella attuale.
Inoltre, riteniamo che una rigida e predeterminata rotazione impoverisca la dialettica associativa, degradandola a logica consociativa in base alla quale la discussione sui contenuti e sulle linee politiche passa in secondo piano, rispetto alla conquista del momento della direzione.
Riteniamo necessario, dunque, che su tale criterio e sulle sue implicazioni vi sia un momento di confronto serio ed approfondito.
Rimaniamo convinti che l’unità associativa sia garanzia di massima espressione della dialettica associativa e della sua ricchezza, della valorizzazione del pluralismo e del confronto dei punti di vista e delle visioni, nella certezza di un comune percorso di intransigenza sugli obiettivi e sui valori con cui la Costituzione definisce il ruolo della magistratura.
Questi obiettivi e questi valori, a partire dall’indipendenza interna ed esterna, sono l’unico terreno sul quale è possibile il confronto con la politica; un confronto che, a sua volta, esige coerenza e trasparenza, con l’abbandono delle logiche di parte, fondate su schieramenti preconcetti.
Siamo certi che tutti gli eletti saranno all’altezza dello sforzo, davvero grande, a loro richiesto.
Buon lavoro.
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