Quale magistrato non ha provato una sorta di sindrome di Stendhal di fronte alle immagini della serietà di Giovanni e Paolo davanti al loro destino? Crediamo fortemente che questa sindrome ci avvicini tutti, ci renda comunità, ci obblighi alla memoria, superando i confini dell’età, del genere, delle divisioni culturali, delle differenze di sensibilità, del pragmatismo o dell’idealismo con cui dobbiamo affrontare le quotidiane asperità e le soddisfazioni del nostro lavoro.
Le fotografie di Giovanni e Paolo, che molti di noi ancora affiggono sulle pareti delle nostre stanze, quale sentito omaggio alla loro memoria, ci identificano come popolo, Patria comune, accorciano le distanze tra noi e “gli altri”, perché ci avvicinano, almeno in queste occasioni, alla gran massa di cittadini che si sentirono colpiti e si compattarono attorno alla perdita subita, come un lutto per il Paese tutto.
Non abusiamo di quei ricordi per adagiarci su di essi, ma utilizziamoli come monito contro il rischio di una dilagante indifferenza su chi e cosa siamo ed il pericolo di un facile appagamento dentro schemi e prospettive che ci chiudono ad un futuro che ci migliori.