Giudici e politica
Sull’intervista di Antonello Racanelli
Il segretario di Magistratura indipendente, Antonello Racanelli, trova «inopportuno» che Magistratura democratica intervenga su «tematiche squisitamente politiche» come l’immigrazione e la legittima difesa.
Per celebrare il revival dell’illusoria e fuorviante “apoliticità” della magistratura, sceglie le colonne del giornale La Verità, quotidiano stabilmente schierato su posizioni politiche filo-governative e nel quale la vicenda migratoria è trattata nell’ambito di una rubrica dal titolo Cronache dell’invasione, con inviti a «rinchiudere o spedire in un’isola chi è in attesa di espulsione».
Lo stesso Racanelli non perde l’occasione per manifestare apprezzamenti per la proposta di abrogazione dell’abuso di ufficio (nonostante gli accordi internazionali sul tema che vincolano il nostro Paese a mantenere e rafforzare i controlli sui reati spia della corruzione), sicché nella sua ottica sarebbe neutrale esprimersi a tutela dei diritti forti e politico a favore di quelli deboli.
Non occorre avere poi grande memoria per ricordare come, nelle vicende connesse al caso Peveri, il segretario di Magistratura indipendente avesse sentito la necessità di difendere le parole del Ministro dell’interno fuori dal carcere di Piacenza e si fosse dissociato dalla seria difesa delle prerogative costituzionali della magistratura operata dall’allora Presidente dell’Anm, Francesco Minisci.
Temiamo, dunque, che al «leader dei magistrati moderati» – così presentato dal quotidiano – più che la scelta di intervenire, non piaccia il contenuto degli interventi di Magistratura democratica. Non vorremmo assistere all’ennesimo déjà vu della predicata apoliticità sposata a una sostanziale omogeneità alle posizioni della maggioranza di Governo e a un modello di magistrato mansueto e ancillare. Insomma, si può fare politica, ma a patto che coincida con le posizioni dell’Esecutivo.
In uno scontro generato a freddo con Magistratura democratica, inoltre, il segretario di Magistratura indipendente, peraltro procuratore aggiunto di Roma, come ricorda lo stesso giornale, invece di lasciare la questione alle riflessioni e al confronto dei consiglieri, entra a gamba tesa nella vicenda della nomina del procuratore di Roma, dimenticando che le valutazioni enunciate riguardano la scelta, da parte del Csm, del suo futuro dirigente.
Per quanto ci riguarda, comunque, se fare politica significa partecipare al dibattito sui diritti, ci assumiamo il compito di farla.
Perché si può e si deve essere neutrali e indipendenti rispetto alle parti, siano forti o deboli, famose o sconosciute, ma non si può che essere fedeli «all’indirizzo politico fondamentale della Costituzione», come la magistratura associata ha compreso fin dal 1965 e dalla relazione di Giuseppe Maranini al Congresso di Gardone.
Sempre meglio ricordarlo.
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