Sull’incriminazione dei Giudici della Corte penale internazionale

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Sull’incriminazione dei Giudici della Corte penale internazionale


Magistratura democratica si unisce con convinzione alle tante voci che in queste ore, dalla magistratura associata alla politica e alla società civile, stanno esprimendo una severa e ferma condanna dell’incriminazione emessa dal Comitato investigativo della Federazione Russa nei confronti di Rosario Aitala e di Karim Khan, rispettivamente Giudice e Procuratore della Corte penale internazionale.


Si tratta di una incriminazione evidentemente illegale dal punto di vista del diritto internazionale e internazionale penale. Una pura e semplice ritorsione politica ‒ da parte di uno Stato aggressore e illegittimamente occupante uno Stato sovrano ‒ per il mandato di arresto emesso il 17 marzo scorso dalla Corte, organo giudiziario autonomo e universale, nei confronti del Presidente Putin e della difensora civica dei minori, Maria Lvova-Belova, accusati della deportazione di migliaia di bambini ucraini.


Non è la prima volta che una Superpotenza mondiale (ricordiamo che non solo la Federazione Russa ma anche la Cina e gli Stati Uniti d’America figurano tra i Paesi che non hanno mai ratificato lo Statuto di Roma, istitutivo della Corte, e che non ne riconoscono l’autorità) cerca di intimidire la Corte a seguito di indagini avviate nei suoi confronti.


Lo stesso fece la precedente amministrazione statunitense nel 2020, con l’imposizione di sanzioni economiche contro la ex Procuratrice della Corte, Fatou Bensouda, per le indagini avviate sulle forze armate statunitensi per crimini di guerra commessi in Afghanistan (sanzioni successivamente revocate dall’amministrazione Biden).


Se c’è una cosa che l’aggressione criminale condotta dalla Federazione Russa contro l’Ucraina può e deve mettere sotto gli occhi della comunità internazionale, è proprio l’indispensabilità di una giurisdizione universale penale sui crimini di guerra, contro l’umanità e contro la pace.


Le pretese degli Stati di ritagliarsi spazi di immunità anche in caso di commissione di crimini internazionali, e le conseguenti correnti alterne con le quali alcuni di essi si fanno fautori o detrattori della Corte penale, sino ad arrivare a inammissibili intimidazioni per acta iure imperii, rappresentano retaggi sovranisti non sostenibili nell’era globale, nella quale c’è invece urgente  bisogno di una accountability universale degli Stati, per la stessa preservazione dell’ambiente, della specie umana e delle sue libertà fondamentali.


In una stretta alleanza con MEDEL, Magistratura democratica pone il tema della Rule of Law europea e globale al centro delle priorità di politica giudiziaria e quale fondamentale spinta di contrasto alle crescenti pulsioni dei sovranismi per limitare, anche all’interno dell’Unione, l’indipendenza delle magistrature europee e per imporre riforme normalizzatrici che impediscano alle giurisdizioni l’efficace tutela dei diritti umani.


Esprimiamo pertanto tutta la nostra solidarietà ai magistrati della Corte penale internazionale e auspichiamo che l’avventatezza e la spregiudicatezza di questa mossa siano oggetto di una ferma condanna anche da parte della Comunità internazionale, dell’Unione europea e delle Nazioni unite.


Le giurisdizioni nazionali devono essere indipendenti dal potere politico e il loro obiettivo non può che essere quello di affermare sempre, in un regime di complementarietà con le giurisdizioni sovranazionali,  le ragioni della pace e del diritto,  mentre non possono e non devono  essere usate come armi politiche nei conflitti tra Stati, la cui soluzione deve necessariamente passare attraverso canali diplomatici.

 

22/05/2023

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