Speciale XXI Congresso

L’intervento di Luisa Del Bianco

di Esecutivo di Magistratura Democratica

Accolgo l’invito di Stefano Pesci ad effettuare  un dibattito schietto e non rituale e, pur nella consapevolezza dell’importanza di tenere uno sguardo rivolto  all’esterno (penso all’intervento di Landini) credo che prima, in questo congresso, sia necessario guardare   con sincerità e coraggio al nostro interno, per poter riacquistare la nostra credibilità.

E mi spiego.

Mi sono iscritta a MD nel 1986, appena entrata in magistratura, sentendo l’appartenenza alla corrente come elemento fortemente identitario rispetto al  modo in cui volevo essere magistrato e guardando ai colleghi di MD come esempi in cui identificarmi, come giudici che, tranne rare eccezioni, interpretavano sempre il loro lavoro come  grande impegno sostanziale, attenzione  alla qualità della giurisdizione e alla specificità del caso concreto e si sforzavano di interpretare la legge cercando di porre rimedio alle disuguaglianze sostanziali.

La tematica dei dirigenti era affrontata in un ottica non di carriera personale ma di tutela dell’indipendenza del lavoro di ciascuno di noi. Penso alle battaglie sulla assegnazione automatica dei fascicoli, sulla  rigorosa tabellarizzazione delle funzioni e rispetto di dette tabelle, alla denuncia di soprusi compiuti (avocazione di fascicoli ed altro) dai dirigenti su magistrati che manifestavano autonomia di pensiero e conducevano inchieste nei confronti di poteri forti e massonici  .

Il rispetto delle regole era considerato allora la prima battaglia da portare avanti con coraggio ed aveva un valore rivoluzionario perché era prima di tutto volta alla tutela della indipendenza di ciascuno di noi  .

Ho avuto la fortuna di conoscere bene all’inizio della mia carriera lavorativa e poter molto imparare da  fondatori e pensatori fondamentali di MD, Giancarlo Scarpari, con cui ho fatto il tirocinio mirato, e Giovanni Palombarini, conosciuto nel corso del mio  primo incarico in Veneto, persone che mi hanno formato professionalmente e umanamente a cui sarò sempre grata .

E’ per persone splendide come loro che sono ancora di MD .

Oggi, dopo molti congressi, ho sentito il bisogno di intervenire per la prima volta per manifestare la mia delusione e per dire che MD purtroppo, a trent’anni di distanza dalla mia iscrizione, non è più questo, o perlomeno questo non appare più ai giovani che entrano in magistratura e per i quali noi anziani “magistrati democratici“, spesso pieni di amarezza e disillusione, non riusciamo più ad essere punto di riferimento collettivo e associativo ma, solo, nei migliori  dei casi, esempio individuale, come molti altri giudici però, che di MD non sono .

Non è un caso se alle nostre assemblee ed anche in questo congresso i giovani sono pochissimi  .

Si è persa in gran parte la nostra caratterizzazione ed attrattiva, perché si è persa l’evidenza della nostra diversità .

Uno dei nodi centrali in tal senso che voglio affrontare brevemente è il meccanismo di nomina dei direttivi da parte del CSM, clientelare e spesso, al contempo, del tutto arbitrario nella scelta  e ciò alla faccia dei nuovi parametri, dettagliatissimi, dettati dalle  nuove circolari in materia, sbandierate come strumenti di trasparenza ed oggettività nella valutazione, oggetto di studio in appositi corsi della Scuola Superiore, ma, di fatto, utilizzate in genere per giustificare a posteriori scelte fatte a priori, valorizzando a seconda dei casi un criterio o il suo opposto, pur di giustificare  designazioni nate da scambi tra correnti e all’interno della singola corrente, a volte anche in Area, da telefonate piuttosto che da un oggettivo esame del percorso professionale compiuto da ogni candidato.

La verità e che si susseguono scelte palesemente inaccettabili nello sconcerto di interi uffici giudiziari .

Tali meccanismi hanno profondamente influenzato il modo d’essere della maggior parte dei colleghi .

Questa cosa è stata accennata  da molti ma a mio parere deve essere gridata .

Grazie alla sostanziale perdita di valore dell’anzianità , nella scelta dei direttivi, e alla frequentissima  arbitrarietà e clientelismo  delle nomine fatte dal CSM, molti colleghi , che hanno alle spalle svariati anni in magistratura, sono permeati  nel loro lavoro da una  logica carrieristica ed efficientistica, attenta  ai numeri più che alla peculiarità del caso singolo, conformistica, finalizzata essenzialmente all’ottenimento di buoni pareri del proprio dirigente, tesa alla ricerca di incarichi vari, scelti più perché funzionali alla carriera individuale che in un ottica di servizio .

Nel caso di colleghi che già ricoprono incarichi direttivi spesso vi è la ricerca del risultato (numerico) da esibire e del risparmio di spesa, pressando i colleghi dell’ufficio diretto, in primis i più giovani (la famosa produttività fordistica di cui ha parlato Claudio Castelli), a costo di sacrificare a questo qualità della giurisdizione e, efficacia delle indagini, in particolare quelle complesse come quelle contro i poteri forti, che richiedono tempo studio e impiego di mezzi. Come bene ha detto Riccardo De Vito infatti i poveri delinquono sempre nello stesso modo mentre i ricchi e potenti sempre in modo diversi

Rispetto a una situazione drammatica, che vede l’organo di autogoverno, che dovrebbe essere di altissima amministrazione, comportarsi in modo che appare non  trasparente e molto spesso incomprensibile, noi, che abbiamo fatto del rispetto delle regole la nostra storica battaglia,  dovremmo fare un opera di costante e veemente denuncia, accettare di essere anche sempre, se necessario, minoranza non per arroccarsi come tale, come ha detto Fracassi, ma per poter  fare da spina nel fianco alle altre correnti e rimarcare la nostra diversità, per ritrovare quella egemonia culturale di cui ha parlato Stefano Pesci nella sua relazione, e che a me pare non abbiamo più.

Dovremmo scegliere il candidato meritorio del posto messo a concorso  in base alle regole stabilite dalle circolari, leggendo e valutando realmente il fascicolo personale, il merito e l’attitudine  a prescindere  dalla appartenenza del candidato, e così facendo dovremmo rinunciare all’obiettivo che sia eletto “uno dei nostri” ma perseguire invece, sempre, l’obiettivo di fare  la scelta più corretta in base ai criteri normativamente stabiliti, e così, differenziandoci, riconquistare la possibilità di indignarci, di denunciare, la possibilità di differenziarci totalmente dagli altri.

In realtà non lo facciamo o non lo facciamo abbastanza.

Ritengo che questa sia la fondamentale ragione per cui i giovani magistrati tendono a considerare tutte le correnti come uguali tra loro, come mero strumento di clientela  e non, come sempre e stato nella storia di MD, come strumento di formazione critica e confronto, di  promozione dell’evoluzione giurisprudenziale, di apertura all’esterno della società, di incentivo ad esercitare la giurisdizione nel solco e nel rispetto dei valori costituzionali.

Ritengo che il nostro annacquamento in Area sia una delle ragioni fondamentali che ha reso molto più difficile differenziarci da queste logiche.

Spero pertanto che da questo congresso emerga, contrariamente a quanto affermato da alcune sezioni, quale quella ad esempio di Catania e Caltanissetta, il valore del mantenimento rispetto ad Area di una forte autonomia di MD, non solo in ambito culturale ma anche politico .

Spero che la nostra corrente si rivitalizzi sul tema della tutela dei valori della correttezza e del rispetto delle regole, che più degli altri cittadini abbiamo il dovere di osservare, e ponga la battaglia morale al centro della sua azione.

Senza questa ogni iniziativa di MD, sulla tutela dei diritti e sulle problematiche delle disuguaglianza perde di credibilità e valore .

Questa battaglia ha a mio parere una valenza politica fortissima e sarebbe in grado di aggregare intorno a noi le persone migliori, in primo luogo i giovani che in caso contrario, smarriti e pressati da  richieste esasperatamente efficientistiche, a cui sopra tutto all’inizio della loro carriera non sono in grado di rispondere a pieno, rischiano di cercare protezione presso il potente di turno .

Sarebbe anche in grado di recuperare all’impegno associativo tanti colleghi che si sono allontanati da noi perché amareggiati e delusi. 

Né va della nostra credibilità. Ne dipende il senso della nostra futura esistenza.

Luisa Del Bianco sezione MD Emilia Romagna


(4 novembre 2016)

07/11/2016

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