Speciale
XIX Congresso Nazionale di Md
Care amiche, cari amici di emmedì,
sono passati più di trent’anni dal mio primo congresso di emmedì e, permettetemi di dire che non sono passati invano.
I protagonisti di questi trent’anni di lotte per la completa attuazione della giurisdizione costituzionalmente orientata sono diventati, nel frattempo, vecchi ed alcuni non sono più tra di noi.
Io stesso, nel frattempo, sono diventato vecchio, perlomeno professionalmente , e, vi confesso, talvolta faccio fatica a capire le nuove esigenze che , in questi ultimi anni, sono diventate il cavallo di battaglia delle nuove generazioni di magistrati.
Mi riferisco, tanto per fare degli esempi, alla indefessa battaglia contro la correntocrazia che così fortemente ha permeato di sé le nuove mailing list dei magistrati.
Questo non perché , in sé, questa battaglia non abbia delle radici giustificabili e delle motivazioni nobili, ma, molto spesso, per il modo con cui viene combattuta, che ne sminuisce la nobiltà e la portata.
Mi permetto di dire a questi colleghi che ne fanno la unica ragione portante del loro impegno militante , che questa battaglia è figlia di una lunga guerra ( questa sì senza esclusione di colpi) combattuta per decenni da molti tra di noi , e da emmedì in particolare, che non solo ha consentito la apertura di ampi spazi di democrazia partecipativa, ma che ha reso possibile la sopravvivenza non asfittica dell’associazione , facendone una portatrice di interessi non meramente corporativi, ma politici in senso ampio ed arioso.
Perciò, in primis, il mio sentito grazie a chi in questi anni ha combattuto questa guerra, pagando alti prezzi personali e professionali.
L’Associazione Nazionale Magistrati ha molte colpe, ma ha anche un profilo di nobiltà democratica che nessuna degenerazione correntizia ( che pure c’è stata ed ancora c’è) può e potrà intaccare.
Detto questo ( e mi è sembrato necessario dirlo dopo le roventi polemiche dei giorni passati) occorre che, a questo punto, si debbano inevitabilmente tirare un po’ di somme e chiederci, tutti insieme e singolarmente ognuno di noi, che senso ha, ancora, emmedì in questa associazione, in questi tempi, in questi momenti storici.
Perché non dobbiamo nasconderci dietro un dito. Quel gruppo associato che per decenni è stato il lievito culturale e politico della storia della giurisdizione , corre il rischio ( e non da ora) di diventare un mero gruppo di opinione, privo di aggancio con la realtà esterna ed interna alla magistratura ,una specie di “ brand” storicamente determinato e sostanzialmente infruttifero.
Preme la realtà esterna : la crisi economica e, direi, morale che permea tutto il mondo occidentale e l’Italia in particolare , richiede nuove elaborazioni, nuove risposte , e, forse, nuove domande, a cui non è più possibile dare una risposta solo in termini di generico riferimento a quanto già detto e già elaborato negli anni trascorsi. Faccio, in questo senso, un ampio rimando alle sollecitazioni sull’attento ascolto della giurisprudenza delle corti sovranazionali che Luigi ha meritoriamente raccomandato, ma permettetemi di rimandare anche alle elaborazioni giurisprudenziali di molti giudici di merito che si sono occupati di reati commessi tramite l’uso di internet o che hanno riguardato approfondimenti in tema di mercato e di uso non corretto di strumenti finanziari; o, ancora che hanno combattuto, e che continuano a combattere, le articolazioni finanziarie dei gruppi di criminalità organizzata; come ha detto, molto efficacemente, Stefano Rodotà in una sua recente comunicazione:
Questi sono “tempi delle diseguaglianze drammatiche e crescenti, che tra l’altro, come è stato più volte sottolineato, sono pure fonte di inefficienza economica. E la dignità ci parla di una persona che esige integrale rispetto, che non può essere abbandonata al turbinio delle merci.”
Preme la realtà interna al mondo della magistratura: un magistrato sempre più corporativizzato e burocratizzato all’interno di logiche produttivistiche ed industriali che fa fatica a produrre giurisprudenza non dico alternativa, ma perlomeno non appiattita sull’esistente , e che chiede una maggiore trasparenza ed una possibilità di maggior controllo sull’operato dei vertici.
Viviamo tutti soffocati dai fascicoli, cerchiamo tutti di operare con correttezza e senso del dovere , ma, talvolta, ci viene voglia di buttare tutto a mare ( quello stesso mare che, spesso, abbiamo la sensazione di svuotare con il cucchiaio) o di nasconderci dietro logiche di copertura e di ripiego , per evitare il peggio: insomma, quella che, con molta efficacia il PG di Milano ha definito nel suo intervento all’apertura dell’anno giudiziario “ l’aziendalizzazione della giustizia”, a chi veramente giova ? E può ritenersi raggiunta una buona definizione statistica dei fascicoli pendenti quando molti fra questi sono esauriti per intervenuta prescrizione?
Come se ne esce, e , soprattutto, come se ne esce in emmedì?
Io, dal basso di trent’anni e più di lavoro e di fatica quotidiana, credo di poter dire solo questo, lasciando ad altri, più titolati e bravi di me, le analisi di maggior respiro:
Se ne esce come si è entrati, combattendo per una giurisdizione più attenta ai diritti dei più deboli , e, soprattutto, cercando di capire chi siano , oggi come ieri ma forse più di ieri, i deboli , i meno tutelati, i meno garantiti, cercando nuove strade o ripercorrendo, con umiltà, quelle vecchie.
Ma rispettando anche i molti doveri che incombono su di noi, sul nostro ruolo, sulla nostra professionalità, rispettando fino in fondo la garanzia di terzietà e di equilibrio che la Costituzione ci chiede di osservare .
Lo so, sono parole forse vecchie e concetti forse astratti: ma io credo che un giudice debba rispettare fino in fondo il suo ruolo, e, nello stesso tempo, cercare di dare senso giurisdizionale alle molte richieste di uguaglianza e di libertà che , ogni giorno, egli si trova davanti.
Possiamo dire, ed anzi ribadire, che si fa più politica con una buona sentenza che mettendo il proprio nome sul frontespizio di una formazione politica?
E, quindi, auguri a tutti: ad emmedì che sappia rinnovarsi nella continuità e che sappia fornire la benzina culturale e professionale alla magistratura tutta , che ne ha ancora molto bisogno.
Auguri ad Area, che sappia dare quelle risposte di correttezza e di chiarezza che molti chiedono, al di là delle appartenenze originarie: perché di Area abbiamo bisogno, necessitiamo di un luogo più ampio dove poter confrontare le idee e le azioni dei magistrati “ complessivamente progressisti” , senza paura e con rispetto ed attenzione di tutti , anche di quelli che, tra di noi, non hanno una storia di appartenenza culturale e politica determinata , ma che hanno voglia di mettersi in gioco e di costruire un soggetto di organizzazione politica che superi gli steccati originari e che costituisca una forza non solo elettorale di competizione e di confronto.
Auguri alla giustizia, ed anzi, alla giurisdizione, che sappia essere capace di resistere alle pressioni ed alle lusinghe del potere e che sappia essere una formidabile leva di democrazia e di legalità.
Perché di legalità abbiamo bisogno, ma non soltanto di una legalità formale , attaccata al dato normativo puro e semplice , ma di una legalità fatta dal coraggio e dallo scavo interpretativo dei giuristi , che riesca a mettere in luce le radici e le finalità delle norme , alla luce del sempre attuale dettato costituzionale: insomma, parafrasando quello che disse molti anni fa un poeta americano, “ allargate le maglie della conoscenza” e , soprattutto, fate passare aria nuova nelle vecchie stanze della giurisdizione .
Grazie
Oscar Magi
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