Care amiche,
cari amici di emmedì,
sono passati
più di trent’anni dal mio primo congresso di emmedì e, permettetemi di dire che
non sono passati invano.
I protagonisti di questi trent’anni di lotte per la completa
attuazione della giurisdizione costituzionalmente orientata sono diventati, nel
frattempo, vecchi ed alcuni non sono più tra di noi.
Io stesso, nel frattempo, sono diventato vecchio, perlomeno
professionalmente , e, vi confesso, talvolta faccio fatica a capire le nuove
esigenze che , in questi ultimi anni, sono diventate il cavallo di battaglia
delle nuove generazioni di magistrati.
Mi riferisco, tanto per fare degli esempi, alla indefessa
battaglia contro la correntocrazia che così fortemente ha permeato di sé le
nuove mailing list dei magistrati.
Questo non perché , in sé, questa battaglia non abbia delle
radici giustificabili e delle
motivazioni nobili, ma, molto spesso, per il modo con cui viene combattuta, che
ne sminuisce la nobiltà e la portata.
Mi permetto di dire a
questi colleghi che ne fanno la unica ragione portante del loro impegno
militante , che questa battaglia è figlia di una lunga guerra ( questa sì senza
esclusione di colpi) combattuta per
decenni da molti tra di noi , e da emmedì in particolare, che non solo ha consentito
la apertura di ampi spazi di democrazia partecipativa, ma che ha reso possibile
la sopravvivenza non asfittica dell’associazione , facendone una portatrice di
interessi non meramente corporativi, ma politici in senso ampio ed arioso.
Perciò, in primis, il mio sentito grazie a chi in questi anni
ha combattuto questa guerra, pagando alti prezzi personali e professionali.
L’Associazione Nazionale Magistrati ha molte colpe, ma ha
anche un profilo di nobiltà democratica che nessuna degenerazione correntizia (
che pure c’è stata ed ancora c’è) può e potrà intaccare.
Detto questo ( e mi è sembrato necessario dirlo dopo le
roventi polemiche dei giorni passati) occorre che, a questo punto, si debbano
inevitabilmente tirare un po’ di somme e
chiederci, tutti insieme e singolarmente ognuno di noi, che senso ha, ancora,
emmedì in questa associazione, in questi tempi, in questi momenti storici.
Perché non dobbiamo nasconderci dietro un dito. Quel gruppo
associato che per decenni è stato il lievito culturale e politico della storia
della giurisdizione , corre il rischio ( e non da ora) di diventare un mero
gruppo di opinione, privo di aggancio con la realtà esterna ed interna alla
magistratura ,una specie di “ brand” storicamente determinato e sostanzialmente
infruttifero.
Preme la realtà esterna : la crisi economica e, direi, morale
che permea tutto il mondo occidentale e
l’Italia in particolare , richiede nuove elaborazioni, nuove risposte , e,
forse, nuove domande, a cui non è più possibile dare una risposta solo in
termini di generico riferimento a quanto già detto e già elaborato negli anni
trascorsi. Faccio, in questo senso, un ampio rimando alle sollecitazioni
sull’attento ascolto della giurisprudenza delle corti sovranazionali che Luigi
ha meritoriamente raccomandato, ma permettetemi di rimandare anche alle
elaborazioni giurisprudenziali di molti giudici di merito che si sono
occupati di reati commessi tramite l’uso di internet o che hanno riguardato approfondimenti in
tema di mercato e di uso non corretto di strumenti finanziari; o, ancora che
hanno combattuto, e che continuano a combattere, le articolazioni finanziarie
dei gruppi di criminalità organizzata; come ha detto, molto efficacemente,
Stefano Rodotà in una sua recente comunicazione:
Questi sono “tempi delle
diseguaglianze drammatiche e crescenti, che tra l’altro, come è stato più volte
sottolineato, sono pure fonte di inefficienza economica. E la dignità ci parla
di una persona che esige integrale rispetto, che non può essere abbandonata al
turbinio delle merci.”
Preme la realtà interna al mondo della magistratura: un
magistrato sempre più corporativizzato e burocratizzato all’interno di logiche
produttivistiche ed industriali che fa fatica a produrre giurisprudenza non
dico alternativa, ma perlomeno non appiattita sull’esistente , e che chiede una maggiore trasparenza ed una
possibilità di maggior controllo sull’operato dei vertici.
Viviamo tutti soffocati dai fascicoli, cerchiamo tutti di
operare con correttezza e senso del dovere , ma, talvolta, ci viene voglia di
buttare tutto a mare ( quello stesso mare che, spesso, abbiamo la sensazione di
svuotare con il cucchiaio) o di nasconderci dietro logiche di copertura e di ripiego
, per evitare il peggio: insomma, quella che, con molta efficacia il PG di Milano
ha definito nel suo intervento all’apertura dell’anno giudiziario “
l’aziendalizzazione della giustizia”, a chi veramente giova ? E può ritenersi
raggiunta una buona definizione statistica dei fascicoli pendenti quando molti
fra questi sono esauriti per intervenuta prescrizione?
Come se ne esce, e , soprattutto, come se ne esce in emmedì?
Io, dal basso di trent’anni e più di lavoro e di fatica
quotidiana, credo di poter dire solo questo, lasciando ad altri, più titolati e
bravi di me, le analisi di maggior respiro:
Se ne esce come si è entrati, combattendo per una
giurisdizione più attenta ai diritti dei più deboli , e, soprattutto, cercando
di capire chi siano , oggi come ieri ma forse più di ieri, i deboli , i
meno tutelati, i meno garantiti, cercando nuove strade o ripercorrendo, con
umiltà, quelle vecchie.
Ma rispettando anche i molti doveri che incombono su di noi,
sul nostro ruolo, sulla nostra professionalità, rispettando fino in fondo
la garanzia di terzietà e di equilibrio che la Costituzione ci chiede di
osservare .
Lo so, sono parole forse vecchie e concetti forse astratti:
ma io credo che un giudice debba rispettare fino in fondo il suo ruolo,
e, nello stesso tempo, cercare di dare senso giurisdizionale alle molte richieste
di uguaglianza e di libertà che , ogni giorno, egli si trova davanti.
Possiamo dire, ed anzi ribadire, che si fa più politica con
una buona sentenza che mettendo il proprio nome sul frontespizio di una
formazione politica?
E, quindi, auguri a tutti: ad emmedì che sappia rinnovarsi
nella continuità e che sappia fornire la benzina culturale e professionale alla
magistratura tutta , che ne ha ancora molto bisogno.
Auguri ad Area, che sappia dare quelle risposte di
correttezza e di chiarezza che molti chiedono, al di là delle appartenenze
originarie: perché di Area abbiamo bisogno, necessitiamo di un luogo più ampio
dove poter confrontare le idee e le azioni dei magistrati “ complessivamente
progressisti” , senza paura e con rispetto ed attenzione di tutti , anche di
quelli che, tra di noi, non hanno una storia di appartenenza culturale e
politica determinata , ma che hanno voglia di mettersi in gioco e di costruire
un soggetto di organizzazione politica che superi gli steccati originari e che
costituisca una forza non solo elettorale di competizione e di confronto.
Auguri alla giustizia, ed anzi, alla giurisdizione, che
sappia essere capace di resistere alle pressioni ed alle lusinghe del potere e
che sappia essere una formidabile leva di democrazia e di legalità.
Perché di legalità abbiamo bisogno, ma non soltanto di una
legalità formale , attaccata al dato normativo puro e semplice , ma di una
legalità fatta dal coraggio e dallo scavo interpretativo dei giuristi , che
riesca a mettere in luce le radici e le finalità delle norme , alla luce del
sempre attuale dettato costituzionale: insomma, parafrasando quello che disse
molti anni fa un poeta americano, “ allargate le maglie della conoscenza” e ,
soprattutto, fate passare aria nuova nelle vecchie stanze della giurisdizione .
Grazie
Oscar Magi