Speciale
XIX Congresso di Md
ROMA, 2 FEBBRAIO - La mia presenza in MD è antica: sono stato presente a tutti i XVIII precedenti Congressi ed anzi ad uno in più, la Assemblea generale di Roma 1971, che precedette la numerazione dei Congressi. Questo è un Congresso particolare. E’ un momento di svolta sotto diversi profili. Prima ancora di affrontare il tema Area Md deve riflettere su sé stessa. Md nasce come gruppo di rottura della corporazione e di apertura al confronto con la società, ma anche come gruppo attento alle dinamiche della magistratura. Md ha operato nella magistratura, legittimamente, mirando ad acquisire consensi e voti nelle varie scadenze elettorali, ma avendo ben chiaro che l’obbiettivo era quello più ambizioso di contribuire a costruire una magistratura nel suo complesso migliore, capace di rendere una giustizia migliore. Di qui la capacità di reagire al rischio di settarismo immanente in un gruppo strutturato come MD e l’impegno forte in ANM.
Ogni tanto riecheggia la eco della formuletta “ + MD – Anm” che ora, in uno dei documenti presentati per questo congresso. si traduce in “o MD o Anm” con una proposta di incompatibilità tra incarichi in Md e incarichi in Anm. Vedo che l’ ”incompatibilità-mania” di proposta B trova proseliti in MD, ma così si dimentica tutta la storia di Md.
A lungo vi è stata la deliberata scelta che il segretario di Md fosse anche componente del Comitato direttivo centrale di Anm. E per altro verso si dimentica ciò che dovrebbe all’opposto essere rivendicato come uno dei successi di Md, che ha fornito alla dirigenza dell’Anm un contributo ben più che proporzionale al suo peso numerico. E neppure è un caso se a esponenti di Md, in giunte unitarie, è stata affidata la presidenza nei momenti di maggiore tensione: mi riferisco alla Bicamerale D’Alema con il progetto di riforma costituzionale e alla riforma Castelli che stravolgeva lo spirito dell’assetto costituzionale della magistratura pur muovendosi a livello di legge ordinaria.
L’impegno in Anm rimane a mio avviso essenziale per MD, proprio come antidoto al settarismo e come stimolo a comprendere le pulsioni che percorrono la magistratura. Se siamo attenti a ciò che si muove in Anm e affrontiamo ( almeno di tanto in tanto) la pur indigesta lettura della mailing list Anm vediamo una magistratura percorsa da ventate di populismo e di demagogia, di chiusura corporativa, di ripiegamento grettamente sindacale, di disinvolture processuali. Si tratta di fenomeni, diversi tra loro, che vanno attentamente esaminati. Alla base di quello che ho chiamato ripiegamento grettamente sindacale vi è certamente il peso di una carico di lavoro che è crescente ovunque e per di più non equamente distribuito: ma la risposta è sbagliata e per di più controproducente.
E quando si parla di populismo e demagogia non penso solo alla linea della attuale dirigenza di MI (che spero sia superata per consentire il ritorno ad un clima di costruttivo confronto con quel gruppo associativo); penso anche al fenomeno ( ieri approfondito da Luigi Ferrajoli) del protagonismo di certi magistrati, che, si propongono come custodi e tutori del Vero e del Giusto (con le iniziali maiuscole) magari con qualche strappo alle regole processuali e alle garanzie, si intende a fin di Bene (anche questo con la maiuscola). Penso anche ai magistrati che talmente tanto scrivono e parlano di professionalità e di eccellenza nella professionalità, che forse non hanno tempo residuo per mettere a frutto quella professionalità nel quotidiano lavoro di ufficio. Penso a quegli uffici di Procura ove sembra che la regola della competenza territoriale sia un optional; vi è stata al riguardo una gara tra diversi uffici ma sembra che la new entry abbia acquistato una posizione di primato irraggiungibile.
Fenomeni di ripiegamento corporativo percorrono dunque la magistratura. Ma vi è anche una critica alle correnti di cui occorre anzitutto prendere atto e poi cercare di comprenderne le ragioni. Dobbiamo aprire gli occhi: piaccia o non piaccia il modello di corrente fortemente strutturata come è stata quella Md ( alla cui direzione mi sono iscritto piuttosto giovane entrando in esecutivo a 31 anni, nella Giunta Anm a 35 e al Csm a 37) questo modello non è più capace di attrarre consensi.
Come reagire: vi sono due possibilità. Sento qualcuno che vagheggia il ritorno al passato, quasi che ben risposto in un caverna scolpito in tavole bronzee vi sia il” patrimonio ideologico di MD”.Basta che i dirigenti di Md si tramandino la parola magica e tutto è a posto; se abbiamo avuto qualche problema è perché, capita, nel passaggio delle consegne si è fatta confusione tra le password, con quella dell’accesso al Wi-Fi...L’altra possibilità è quella di prendere atto che quel modello organizzativo di MD è finito e occorre affrontare il mare aperto della novità. Lo dico senza mezze misure: nel dilemma tra queste due alternative siamo impantanati da tre congressi, da Roma 2006 e nel frattempo abbiamo perso consensi, voti e capacità di intervento. Occorre scegliere ed oggi a questa scelta troppo a lungo rinviata ci chiama Area.
Ed allora Area.Innanzitutto Area c’è. Come Area abbiamo affrontato, con alterni successi, tre elezioni del Csm le ultime elezioni di Anm. Gli area-scettici sembrano dire: va bene Area c’è, ma limitiamola ad organizzare le primarie per le elezioni Csm e Anm nonché, leggo in documento congressuale, “alla visuale tutta interna ai temi della professionalità” senza alcuna “cessione di sovranità”. Stento a capire: Anm Csm e professionalità non mi paiono cosucce da nulla. Dove si affronta i temi di Csm Anm e professionalità MD deve esserci.
Io credo dunque, all’opposto, che occorra impegnarsi in MD per contribuire alla costruzione di Area. Ho letto nel dibattito degli Area-entusiatici un grande slancio per il rinnovamento ma anche cedimenti pesanti al neo- corporativismo di Proposta B nonché schematismi sul tema professionalità. Ma se leggiamo il documento “Costruire Area” al punto 4b “ I contenuti di Area” vediamo una prospettiva ben più ampia di quella di una Carta dei Valori, che in alcune prospettazioni sembra tutta ristretta a temi, pur importanti, di metodo. Effettivamente c’è un abisso tra questo passaggio del documento congressuale e lo schematismo di interventi di alcuni area-entusiasti sulla lista area.
Non partiamo da zero. Abbiamo già le esperienze positive di Innovazione per Area, Gruppo Europa e aggiungo mailing list Penale.
Il Csm sbaglia sempre: non mi è mai capitato di sentire un concorrente pretermesso dire: “bravo Csm hai scelto uno più adatto di me”. Io non ho potuto fare esercizio di virtù perché la mia unica domanda per un incarico direttivo è stata accolta. Certamente molto vi è da fare, nel circuito di autogoverno dai Consigli Giudiziari al Csm, affinché i fascicoli personali forniscano elementi di valutazione sempre più puntuali e veritieri. Ma cosi come non vi è mai stato un giudice bocca della legge, essere inanimato che pronuncia le parole della legge, non vi sarà mai un Csm bocca del fascicolo personale: introdotti fascicoli sempre più perfetti esce una ed una sola soluzione. La critica, giusta, a degenerazioni correntizie, se non vuole essere delegittimante e disfattista, deve misurarsi con il fatto che la scelta è pur sempre discrezionale ( capacità organizzativa vs dottrina giuridica; candidato locale vs papa straniero) e che nel Csm sono legittimamente rappresentate tra i togati e tra i laici sensibilità diverse che devono trovare un punto di incontro che non ineluttabilmente è logica di scambio. Se da attenzione critica si passa alla delegittimazione qualunquista il passo è breve verso la proposta della composizione del Csm per sorteggio, che significa (a parte la necessità di riforma costituzionale) buttare a mare tutta la storia dell’impegno di mezzo secolo della magistratura italiana per questo modello di autogoverno e proprio quando questo modello si espande in Europa.
Strettamente legato alla scelta dei dirigenti è il tema della organizzazione. Ho già citato lì importante lavoro di Innovazione per Area e mi riporto all’intervento di Claudio Castelli. Sottolineo la attenzione che dobbiamo alla questione della revisione delle circoscrizioni, che deve entrare in vigore subito, ma senza essere legata ad un progetto di revisione globale delle piante organiche improvvisato e non fondato su dati attendibili. In alcuni documenti per il congresso sono state avanzata varie proposte in tema ordinamento giudiziario. La mia ferma opinione è che il faticoso e, sotto diversi aspetti, insoddisfacente compromesso raggiunto del 2006 non vada toccato, perché troppo forte è il rischio di passi indietro. Sarebbe errore ancor più grave aprire spazi alla revisione del Titolo IV della parte II della Costituzione dedicato alla magistratura.
Torno a Md. Ho detto dobbiamo affrontare la novità di un diverso modello di organizzazione del gruppo e avventurarci con coraggio ed impegno nel cantiere di Area. Ma vi è un altro settore in cui MD deve operare scelte. Questione giustizia, succeduta nel 1981 a Quale Giustizia, ha costituito per trent’anni, sotto la direzione mirabile di Pino Borrè e poi di Livio Pepino, un momento essenziale e tra i più alti del contributo che Md ha offerto alla magistratura e al confronto nel paese sui temi della giustizia. Oggi quel modello di rivista ha concluso il suo ciclo.. Come a suo tempo Md ebbe il coraggio e la capacità di chiudere la esperienza pionieristica ed affascinante di Quale Giustizia per aprire un nuovo modello oggi bisogna fare altrettanto per Questione Giustizia per aprirne un’altra avventura- Il tema era maturo due anni fa al Congresso di Napoli, abbiamo traccheggiato per due anni e rimandare non giova mai. Quel modello di bimestrale cartaceo è finito, il raccordo con il sito internet che generosamente è stato avviato è necessario, ma occorre con coraggio ripensare tutta la impostazione della rivista e passare a Questione Giustizia nuova serie. Il tema delicato del nuovo assetto di redazione, comitato scientifico e direzione non può essere affrontato con manuale Cencelli alla mano. Questione Giustizia non è il bollettino di Md, ma la rivista promossa da Md, aperta all’esterno, ma promossa da Md e dunque la impostazione e la linea editoriale deve essere decisa dagli organi statutari di Md. E per mettere i piedi nel piatto una rivista promossa da Md non va da nessuna parte se non recupera l’impegno di due persone come Nello Rossi e Angelo Caputo che si sono sentiti espulsi dalla rivista.
Concludo. Se non vogliamo che a breve la sezione più numerosa di Md sia quella dei magistrati a riposo, che fra non molto raggiungerò, occorre che qui e ora prendiamo il coraggio di cambiare i moduli organizzativi della rivista e del gruppo con una stella polare: inverare nella pratica giudiziaria di tutti giorni il modello costituzionale di garanzia e promozione dei diritti, che segno i passaggi cruciali di Md nel 1964 e nel 1969.
Edmondo Bruti Liberati
XIX Consiglio Magistratura Democratica
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