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Sorrento, gli stati generali di Innovazione per la Giustizia
SORRENTO - Si sono tenuti a Sorrento dal 20 al 22 maggio gli stati generali di Innovazione per la Giustizia, un momento di confronto tra i protagonisti del settore per progettare i nuovi uffici giudiziari. E' Claudio Castelli, responsabile dei processi di innovazione per il tribunale di Milano, a tracciare nella sua relazione un bilancio dei lavori svolti e a indicare le priorità per il futuro:
1. Le politiche di innovazione sono oggi strategiche per la giustizia. Innovazione non è una parola di moda, ma il complesso di attività che già stiamo gestendo in molti uffici giudiziari, che tende all’analisi e alla riorganizzazione degli uffici in una prospettiva di qualità complessiva, a politiche di accoglienza e di servizi per i cittadini, alla semplificazione e razionalizzazione dei processi di lavoro, alla realizzazione di supporti all’attività del magistrato, all’applicazione delle tecnologie, alla ricerca e reperimento di risorse a questi fini. Su questo terreno si sta giocando una delle partite centrali per la giurisdizione e per l’intero Paese. Sono infatti coinvolti la stessa indipendenza della funzione, una efficace tutela dei diritti, in particolare per le fasce deboli della cittadinanza, e il puntuale e razionale contrasto alla criminalità organizzata.
2. Molti uffici giudiziari stanno già vivendo sotto questi aspetti un nuovo benefico protagonismo con una forte richiesta di progettualità e, insieme, la consapevolezza che alcune soluzioni, conseguenti alle necessità di trovare risposte ad una domanda di miglioramento del servizio e ad una costante contrazione delle risorse sono possibili fin da oggi.
3. La scarsità di investimenti ed una politica del personale che ha bloccato ogni nuova assunzione e una reale riqualificazione ha portato a cercare risorse e compartecipazione a progetti altrove rispetto al Ministero e al suo tradizionale ruolo. E’ maturata la consapevolezza, figlia del mero spirito di sopravvivenza, che le risorse si possono cercare e ottenere da altri soggetti capovolgendo un’ottica tradizionale. Il Ministero ha perso il ruolo di monopolista delle risorse, il che vuol dire anche di monopolista delle idee e dei progetti.
4. E’ cominciato un nuovo rapporto a livello locale. Man mano si sono sviluppate preziose forme di collaborazione con l’avvocatura tese ad una migliore resa del servizio, sfociate in protocolli e progetti comuni. E’ maturata la ricerca di un rapporto con gli enti e la comunità locale, non solo come reazione per sopperire alla mancanza di servizi dal centro, ma come consapevolezza della crescente importanza per una collettività del funzionamento della giustizia, del fortissimo valore economico dell’attività svolta nelle Procure, nei Tribunali e nelle Corti. Da ciò l’impegno ed il finanziamento a progetti da parte degli enti locali e di altri soggetti nella convinzione del formidabile impatto sociale e di risparmio economico che un miglioramento della giustizia può rappresentare. Da ciò per gli uffici giudiziari è derivata una visione nuova: quella di rendicontare quanto si fa e si è fatto, badando ai risultati ed ai tempi per ottenerli. Ciò non toglie che un comune minimo livello di dotazione tecnologica e di assistenza debba essere garantita anche agli uffici ritenuti “minori” e “periferici”. D’altra parte va garantito un livello di eccellenza agli organi “nazionali”, in primis la Corte di Cassazione, che non solo non hanno un rapporto diretto con il territorio, ma che rendono un servizio fondamentale su scala nazionale. Basti pensare al C.E.D. e all’archivio sentenze.
5. E’ tramontata la prospettiva di uffici giudiziari passivi, meri recettori di progetti elaborati e sviluppati al centro e elargiti sul territorio. E’ finito un ruolo dirigista e monopolista del Ministero, ma questo significa un necessario cambio di visuale da parte del Ministero stesso che, per onorare il suo ruolo Costituzionale, deve assumere un fondamentale ruolo di regolatore e coordinatore delle iniziative e dei progetti, per concordare piattaforme e standard comuni, per assicurare l’interscambio, per supportare gli uffici giudiziari, per superare verso l’alto le disparità che si vengono a creare sul territorio. Un passaggio dalla gestione autoritativa ad una “governance reticolare” per nuovo ruolo che può puntare a “sfruttare” e massimizzare le risorse reperite sul territorio inserendole in un disegno nazionale. Ma la fine del ruolo totalizzante del Ministero vuol dire vieppiù l’inaccettabilità di una politica centralista che cerca di appropriarsi dei dati degli uffici giudiziari, che piega a decisioni ideologiche l’impiego di risorse e scelte tecniche.
6. La prospettiva di sviluppo è quella di una leale collaborazione tra il Ministero e un Consiglio Superiore della Magistratura che ha cominciato a rendersi conto che anche questo è un fronte cruciale per il binomio inscindibile indipendenza - efficienza con scelte concrete quali la creazione della Struttura Tecnica dell’Organizzazione, la banca dati delle buone pratiche, i corsi di formazione dei dirigenti. Una triangolazione tra Ministero della Giustizia, Consiglio Superiore della Magistratura e uffici giudiziari può aprire nuove e feconde prospettive. In quest’ottica, la nascita di veri e propri poli di sviluppo sul territorio diventa un elemento positivo di progresso che può irradiare le best practices, colmando le distanze e sviluppando gemellaggi con positive contaminazioni e condivisione di risultati.
7. Precondizione di ciò è la trasparenza. Dobbiamo innanzitutto pretendere da noi stessi e dai nostri interlocutori la massima chiarezza su intese, progetti, finanziamenti. E’ la stessa richiesta che rivolgiamo con forza al Ministero della Giustizia. Quali sono i fondi destinati allo sviluppo tecnologico ? Come sono stati impiegati ? Quali sono i preventivi di spesa ? Quali le priorità ? Come sono stati impiegati i 79 milioni recuperati dal Fondo Unico Giustizia?
8. Vogliamo
sapere e condividere le scelte nella consapevolezza che solo la
condivisione e il coinvolgimento possono dare risultati. Ed allora
crediamo che alcuni nodi vadano sciolti e che vadano enunciate quali
sono le priorità. A quando il ricambio di un hardware ormai in
larga parte obsoleto, senza assistenza e di potenza insufficiente a
reggere i nuovi programmi. Quale prospettiva per
un’assistenza sistemistica e applicativa sempre più ridotta e
inadeguata a qualsiasi sviluppo tecnologico. La realizzazione di
un unico registro generale penale superando i tre sistemi oggi in
vigore. Un unico sistema di digitalizzazione, o quanto meno, la
chiarezza sui diversi segmenti ed esigenze cui i diversi sistemi
possono rispondere. In assenza di ciò affidare la scelta ai singoli
uffici o imporre l’uno o l’altro sistema è egualmente ipocrita. Un reale sviluppo del Processo Civile Telematico. E’ ormai
inutile contestare o rimpiangere la scelta di passare alla Posta
Elettronica Certificata standard. Quello che vogliamo è un sistema
che funzioni e che sia funzionale, adeguatamente sperimentato ed
affidabile in un quadro di forte sinergia con l’avvocatura e di
regole tecniche che non si arroghino il valore di nuove regole
processuali e che semplifichino la vita degli operatori. Gli Ordini
degli Avvocati devono rimanere protagonisti di un sistema che hanno
contribuito con il loro impegno ed i loro investimenti a costruire.
9. Qualsiasi scelta di innovazione e tecnologica sarà vincente solo se risulterà di agevolazione sul lavoro quotidiano di ciascuno e produttiva di nuovo valore cognitivo. L’idea di risolvere i problemi con la mera imposizione è semplicemente perdente e senza prospettive. Processo telematico vuol dire molto di più della semplice capacità di veicolare informazioni, dati e provvedimenti ( come le notifiche) o della dematerializzazione di produzioni scritte (quella che oggi viene definita digitalizzazione), ma gestire dati, informazioni e provvedimenti, produrre conoscenza, far nascere e gestire a livello digitale il processo. Solo questo può risparmiare lavoro, eliminare le attività a basso valore aggiunto ed enfatizzare e valorizzare il ruolo dei diversi soggetti che operano nella giustizia. Ma questo significa anche accompagnare l’adozione di ogni nuovo sistema con un formidabile impegno di formazione e assistenza. Solo questo può vincere le inevitabili resistenze culturali con cui ogni profondo cambiamento deve fare i conti. Assistenza che non riguarda solo una dignitosa assistenza alla strumentazione informatica, che nel momento in cui diventa strumento essenziale di lavoro richiede interventi immediati, ma anche l’assistenza che deve accompagnare la realizzazione di ogni progetto assicurando che ogni nuovo programma e strumento tecnologico sia seguito, specie nella fase di installazione e avvio da un serio impegno di supporto anche sul luogo.
10. Il nuovo piano di digitalizzazione per la giustizia può rappresentare un’occasione estremamente preziosa. Ma anche su questo terreno chiediamo trasparenza e chiarezza delle scelte. Vorremmo che il Consiglio Superiore della Magistratura e gli uffici giudiziari avessero una reale condivisione e non apprendere i vari passaggi da nuove conferenze stampa. Vorremmo meno conferenze stampa e annunci ( seguendo i quali appare che la digitalizzazione sarebbe già stata realizzata a livello nazionale) e più risultati concreti. E’ fondamentale sapere su quali linee si sta procedendo, i tempi in cui i diversi uffici saranno coinvolti, i criteri con cui sono stati scelti, gli investimenti in uomini e mezzi, la tempistica generale prevista (onde poter avere stimoli e un serio monitoraggio) e inoltre quale formazione ed assistenza verrà dedicata. Gli obiettivi sono comuni e la nostra collaborazione è piena, ma vogliamo trasparenza e lealtà reciproca. Su questo crediamo di essere pieni interpreti della volontà e dei desideri dei cittadini che hanno diritto da una giustizia migliore.
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