Se la “criticità” è la libertà

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Se la “criticità” è la libertà


La mancata conferma di un magistrato semidirettivo di indiscusse capacità professionali


Magistratura democratica ha posto da tempo il tema delle “conferme critiche” dei direttivi e semidirettivi, bloccate da anni all’esame della V Commissione del CSM. 


Uno dei primi procedimenti selezionati ha riguardato Emilio Sirianni, presidente della sezione lavoro della Corte di Appello di Catanzaro.


L’esito è stato la non conferma deliberata ieri dal plenum del CSM.


La “criticità” riguardava conversazioni telefoniche private, intercorse tra Emilio Sirianni e l’ex sindaco di Riace Domenico Lucano, intercettate nell’ambito di un’indagine a carico quest’ultimo. 


In queste conversazioni i due interlocutori si sono scambiati opinioni su vari personaggi della vita pubblica, calabrese e nazionale, nonché in merito alla vicenda giudiziaria di Lucano. Commenti e critiche avevano il tono diretto e chiaro che può caratterizzare un dialogo tra due persone che si conoscono da anni, che si stimano e condividono l’ideale, forse utopico, di una società migliore.


Due amici che condividono anche la frustrazione del vedere questo ideale sempre più reietto e lontano dalle preoccupazioni politiche e istituzionali, e si lasciano quindi andare, nel privato di una conversazione amichevole, a uno sfogo anche duro, ma che non era destinato a diventare pubblico e lo è divenuto solo a seguito delle intercettazioni attivate sull’utenza di Lucano.


Assoluta era la buona fede di Emilio Sirianni e la sua distanza da ogni tentativo di influire sull’indagine in corso, peraltro, in un altro distretto: infatti, per queste conversazioni, Emilio è stato sottoposto a un procedimento penale e a un procedimento disciplinare, anche in sede associativa, ed è stato prosciolto in tutte le sedi da ogni addebito. 


Del resto, non avrebbe potuto essere altrimenti, come ha ricordato Domenica Miele - con quella semplicità assoluta che solo la verità può permettersi - nel suo intervento in plenum: “Dovremmo, di converso, ritenere che le espressioni private della sensibilità culturale e dei convincimenti ideali siano elementi sufficienti a pregiudicare l’accesso o la conferma nelle funzioni semidirettive. Quindi, se così fosse, l’autorevolezza culturale e l’indipendenza dovrebbero essere riscontrate solo in quei magistrati refrattari, anzi estranei, all’impegno culturale e sociale. E quanti degli attuali direttivi e semidirettivi dovrebbero non essere confermati nel ruolo ricoperto, se potessimo avere accesso alle loro conversazioni private?”


Ieri, invece, il plenum del CSM ha votato a maggioranza per la non conferma del suo incarico semidirettivo, con la significativa astensione di AreaDG, fatta eccezione per il relatore della proposta di minoranza, volta alla conferma, e per un altro collega dello stesso gruppo di AreaDG, ai quali va tutto il nostro apprezzamento.


Per quanto riguarda i consiglieri che si sono astenuti, di fatto così favorendo l’approvazione della proposta di maggioranza, non possiamo fare a meno di chiederci come ci si possa auto-percepire quale riferimento di una magistratura autenticamente progressista e democratica, quando si sostiene una delibera che punisce un collega per ragioni che nulla hanno a che vedere con le sue capacità professionali e organizzative, né con l’equilibrio con cui esercita le proprie funzioni   ̶  qualità, nella specie, attestate tutte dal parere positivo unanimemente  espresso, e successivamente confermato, dal locale Consiglio giudiziario  ̶ ma che riguardano, come sorprendentemente motiva la delibera poi approvata, “la capacità di influenzare gli organi politici e la pubblica opinione in ragione dell’appartenenza a uno dei gruppi della magistratura associata”.


L’idea del magistrato direttivo che evidentemente sta alla base di chi, con il voto o con l’astensione, ha sostenuto questa delibera, sembra piuttosto quella che descriveva magistralmente Dante Troisi nel suo Diario e che ci fa fare un tuffo indietro di settant’anni: “Appena arriva in ufficio, il presidente si precipita in cancelleria; gli tremano le mani mentre fruga nella posta per accertarsi se vi sono lettere dei ‘superiori’. Noi attorno gli sorvegliamo il viso e quando un afflusso di sangue gli imporpora le guance è segno che non ha trovato nulla e tira il fiato; se invece serra le mandibole e le braccia gli si irrigidiscono, vediamo le dita stringere la busta con una repulsione a stento dominata dalla riverenza: adagio adagio la cava dalle altre e dilata le narici come per fiutarne il contenuto. Vive infatti con una paura continua non già di non saper fare il giudice, ma di non riuscire in qualche cosa gradito al superiore”.


Questa “non conferma” non toglierà quasi nulla a Emilio Sirianni, alla sua voglia di combattere le ingiustizie e di stare accanto alle persone a cui vuole bene, senza commettere alcun illecito, come gli è stato riconosciuto in tutte le sedi. Non è la perdita della “carica” che ci preme denunciare: anzi, ci siamo battuti e ci batteremo ancora con più forza per un attento vaglio nel merito delle c.d. “conferme bloccate”.


Quello che vogliamo denunciare è, invece, l’enorme pericolo che questo precedente va a costituire per la magistratura tutta e per ciascun magistrato, e che siamo certi sarà colto dalla stragrande maggioranza dei colleghi, indipendentemente dal proprio orientamento culturale e politico; si tratta del chiaro segnale trasmesso da questa decisione, con essa volendosi spingere i magistrati, dietro minaccia di una sanzione, non solo verso il conformismo giudiziario ma anche verso il conformismo privato, nelle proprie relazioni e nell’intimo della propria coscienza, falcidiando i diritti costituzionali di libertà di pensiero e di associazione, che stanno alla base delle libertà che rivendichiamo come cittadini e dell’indipendenza che rivendichiamo come giudici e pubblici ministeri. 


Non può non assalirci il pensiero che Emilio Sirianni sia stato chiamato a pagare per le sue visioni della società in generale e per le sue opinioni culturali e politiche.


Ma, allora, da oggi ogni magistrato portatore di una sua visione culturale e politica, quale che sia, potrà essere chiamato, più o meno casualmente, a pagarla.


Se questo surplus di colpa deve scontare Emilio, tutta Magistratura democratica è pronta, anzi è orgogliosa, di scontarlo con lui.


Come sarà pronta a difendere la libertà di opinione e di espressione di ogni magistrato.

 

L'Esecutivo di Magistratura democratica

13/07/2023

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