ROMA –
In una mail di agosto su altra lista avevo sollecitato l’Anm a
prendere di petto le scelte del Governo in materia economica e
considerare l’opportunità di una riflessione generale sulla
struttura della nostra retribuzione (stipendio + indennità +
adeguamento periodico parziale) per verificare, alla luce dei “tagli”
che si sono succeduti nel tempo, quale possa essere una piattaforma
intelligente da sottoporre a chi ci governa.
Una riflessione sulla
struttura della retribuzione e uno studio sulle conseguenze attuali
dei tagli e sulle soluzioni percorribili richiede, in primo luogo,
che l’Anm metta in piedi una struttura tecnica, dotata delle
necessarie competenze ed esperienze, che a) supporti l’Associazione
in un’analisi non appiattita sul presente ma che guardi agli
sviluppi futuri della retribuzione e della previdenza; b)
supporti l’Associazione in eventuali azioni a tutela delle pretese
e dei diritti collettivi; c) supporti coloro che hanno problemi
individuali.
Mi pare evidente che
in questa fase la materia dei tagli e delle retribuzioni non è
facile da affrontare sul piano politico, anche perché esistono
legami fra la nostra retribuzione e quella delle altre magistratura
ed è importante non isolarci da queste ultime, ma cercare tutti i
possibili punti d’incontro per agire insieme. Per questo non
sottovaluto affatto l’importanza del documento di intermagistrature
che è stato sottoscritto alcuni giorni fa.
Ma credo occorra
allargare un po’ lo sguardo e fare qualche passo più: siamo,
infatti, nel bel mezzo di una crisi che sta cambiando non solo il
welfare, ma gli stessi assetti democratici. Si modificano così le
scale dei valori e una forma efficace di protesta non può essere
decisa e gestita dalla nostra categoria soltanto in un’ottica di
sutotutela. Se tutto il pubblico impiego è, come, noi penalizzato da
tagli discriminatori, e se esistono settori che hanno
retribuzioni superiori ai 90.000 euro lordi e si trovano nelle nostre
condizioni, diventa importante coordinarci con loro e cercare
sinergie che rendano la protesta più forte ed evitino che la
magistratura emerga come protagonista isolata di fronte all’opinione
pubblica.
Sul punto vorrei che
ci rapportassimo alla drammaticità di un Paese che è alla
bancarotta, tenuto in piedi dall’Europa solo per interessi che ci
sovrastano e che è gestito da chi pensa ancora – incredibilmente –
di avere un prestigio personale e un prestigio politico che ci
garantirebbero, senza rendersi conto – drammaticamente – di essere
oggi non una risorsa ma il problema principale.
Con tutto il rispetto,
non comprendo quale sia il senso di un progetto di sciopero che non
si ponga il problema delle ricadute complessive, della possibilità
di ottenere risultati concreti, della compatibilità con le
prospettive che si intende perseguire. Sono convinto che uno
sciopero proclamato dalla sola Anm non porterebbe nessuna modifica
del nostro trattamento economico – non penso proprio che questo
Governo apporterà interventi migliorativi limitati ai magistrati
ordinari “cedendo” alla nostra protesta – e avrebbe effetti
negativi sulla nostra immagine pubblica, che come sappiamo non
brilla.
Concordiamo tutti
sulla gravità e l’ingiustizia delle soluzioni adottate dal Governo
fin dal 2010, ma non siamo d’accordo sulle risposte migliori.
Questo dissenso sul da farsi, del tutto fisiologico, non giustifica
frasi e atteggiamenti denigratori, come se chi la pensa
diversamente fosse incapace o impazzito. Né, tantomeno, giustifica
le accuse di volontaria incuria o di strafottenza che ho letto contro
l’Anm e i gruppi associativi. Su questa strada si perde e
basta.
In conclusione:
arrivare come intermagistrature ad una azione comune verso il Governo
per il ritorno a forme eque di solidarietà; ricerca di una
piattaforma comune con tutto il pubblico impiego toccato dai tagli
penalizzanti; incontrare il Ministro dell’Economia con una
serie di richieste precise che vanno nel senso di eliminare le misure
ingiuste e preannunciargli, in caso contrario, un’azione
antidiscriminatoria che, magari in tempi non brevi, finirà per
bocciare quelle misure; avviare una campagna d’informazione per
mettere a confronto il nostro contributo con quello di chi si trova
in condizioni analoghe.
Si tratta di misure
che probabilmente non faranno cambiare strada al Governo, ma certo
hanno qualche chance in più dello sciopero di ottenere un risultato
e, comunque, possono aprire una prospettiva di alleanza per le
questioni che dovremo ancora affrontare nel prossimo futuro.
Ho letto nelle mail di
questi giorni che la nostra dignità passa attraverso retribuzioni
adeguate. Vorrei aggiungere che passa anche (altrettanto ? meno
? forse di più ?) attraverso condizioni di lavoro dignitose e
in grado di dare un senso al lavoro che facciamo; non credo sia così
assurdo ipotizzare che tagli del 30% alle risorse per gli uffici
offendano la nostra dignità di servitori dello Stato – forse –
più del fatto che il Governo “metta le mani nelle nostre tasche”.
Di sciopero per questi tagli non ho sentito parlare seriamente e
penso che una seria riflessione collettiva su tutti questi aspetti
nel loro insieme non sarebbe una perdita di tempo né un parlare
d’altro.
Luigi Marini
(presidente di Magistratura Democratica)