Relazione sull'accesso di Magistratura democratica alla Rems di Calvi Risorta del 16 novembre 2024

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Relazione sull'accesso di Magistratura democratica alla Rems di Calvi Risorta del 16 novembre 2024


Il 16 novembre 2024, la sezione napoletana di Md ha organizzato un accesso alla Rems di Calvi Risorta (Residenza per l’esecuzione di misure di sicurezza) cui hanno partecipato, oltre ad alcuni iscritti all’associazione, anche magistrati non iscritti ed avvocati dell’Associazione Antigone Campania. 


L’accesso si inquadra in un ciclo di iniziative in materia di fragilità psichiatrica che vorrebbe portare ad un tavolo di confronto finale anche con la medicina territoriale che si occupa di salute mentale (considerando che la magistratura sempre più spesso si incrocia con soggetti portatori di patologie per cui è in corso o sarebbe da avviarsi un percorso terapeutico).


L’approccio scelto è volutamente empirico; siamo partiti da un’esperienza concreta per acquisire anzitutto conoscenza diretta dei luoghi di restrizione degli autori di reato affetti da disagio psichico, per poi passare ad una parte di elaborazione e di proposta.


Arrivare alla Rems, come in molti istituti di pena, è un lungo viaggio nell’entroterra casertano, in un luogo completamente isolato, il che non solo rende complesso mantenere quel necessario legame familiare e con il territorio di provenienza, ma crea difficoltà anche alle articolazioni territoriali dei servizi di salute mentale che dovrebbero seguire gli internati per effettuare dei PTRI (progetti terapeutici riabilitativi individualizzati), rendendo più lento il percorso di fuoriuscita dal circuito delle REMS.


Dal punto di vista prettamente strutturale, poi, l’edificio, che oggi ospita la REMS, nasceva come una residenza per anziani e dunque per scopi del tutto diversi, con la conseguenza di avere spazi inadeguati alle necessità ed esigenze degli internati e degli operatori. Si tratta, infatti, di un palazzetto su due livelli e con un giardino esterno: al piano terra vi sono gli uffici, la sala dove consumare il vitto ospedaliero che viene consegnato anche alla REMS, una cucina, la stanza per i colloqui con le famiglie e degli spazi per svolgere attività, mentre al primo piano vi sono le stanze di pernottamento, nelle quali vi sono due letti singoli, oltre alle suppellettili, ed un bagno con doccia in camera. Mancano del tutto, però, stanze filtro per il personale, così come per i familiari in visita, con la gravissima conseguenza che non è consentito l’accesso ai minori.


I pazienti attualmente ospitati sono 19 (su 20 posti disponibili), di cui 17 in esecuzione di provvedimenti definitivi, mentre due sono in regime provvisorio. Si segnala che sono previsti tre posti letto per donne, benché allo stato non ve ne siano.


I reati per cui stanno scontando le misure di sicurezza gli attuali pazienti della REMS non sempre rispettano il criterio della necessaria gravità degli stessi per accedere ad una misura restrittiva, ma più spesso denotano una difficoltà nell’accompagnamento e nella gestione della patologia mentale che viene riversato sulle REMS per l’insufficienza dei presidi di salute mentale territoriali. Infatti, a fronte di sette utenti ristretti perché hanno commesso omicidi tentati o consumati, la quasi totalità degli altri ospiti ha commesso reati violenti in ambito familiare.


Il paziente internato da più tempo, al momento della visita, risulta presente in struttura da 9 anni, mentre la media della permanenza è di circa 2 anni. I servizi sanitari territorialmente competenti non risultano capaci di garantire la presa in carico nel termine di 30 giorni previsto dalla normativa, dovendosi spesso attendere molti mesi per il primo contatto tra le UOSM (unità operative di salute mentale presso le asl territoriali) ed i nuovi pazienti, con ciò determinandosi un prolungamento della presenza nella struttura e nel circuito di internamento. 


Il personale si compone di sedici infermieri, sei operatori sociosanitari, un medico psichiatra, un sociologo, un assistente sociale ed un tecnico della riabilitazione. Sebbene alcune voci del personale siano sopra gli standard minimi previsti dalle disposizioni di settore, comunque risultano fortemente insufficienti. Non vi sono mediatori culturali benché siano presenti 3 persone straniere.


Le patologie riscontrate sono psicosi schizofreniche ed affettive, disturbi di personalità e disturbi antisociali, spesso associati ad abuso di sostanze stupefacenti. Questo rappresenta uno degli ulteriori elementi di maggiore criticità: l’eterogeneità delle patologie dei soggetti ivi ristretti determina un’enorme difficoltà nella previsione di un percorso terapeutico individualizzato non essendo sufficiente il personale presente a seguire ogni utente, soprattutto quando vi sono elementi portatori di grande complessità. I soggetti affetti dal c.d. disturbo antisociale, ad esempio, si rendono spesso protagonisti di eventi critici; nei mesi di luglio ed agosto del 2024 vi sono stati 17 episodi di aggressioni verbali, 8 di aggressioni fisiche, 3 minacce al personale effettuate con oggetti contundenti, 18 interventi delle forze dell’ordine chiamati dal personale, 2 trattamenti sanitari volontari e 9 obbligatori, di cui 5 ospedalieri e 4 effettuati all’interno della medesima REMS, oltre a 56 allontanamenti dalla struttura, effettuati da soli tre ospiti, prevalentemente conclusisi con rientri spontanei.


Tutti i soggetti sono sottoposti a cura farmacologica, mentre i percorsi psicoterapeutici vengono avviati solo su richiesta; quest’anno è stato previsto l’avvio di percorsi di gruppo, sulla struttura dei cerchi di parola.


Per quanto riguarda le attività di recupero psico-fisiche, l’anno scorso venivano svolti un corso di aggiusti di falegnameria, il mantenimento di un piccolo orto interno, corsi di cucina in collaborazione con l’istituto alberghiero ed un corso di teatro, attività quasi integralmente affidate ad APS (associazioni di promozione sociale); tuttavia, da inizio settembre, tutte le attività risultano sospese per difficoltà burocratiche legate all’accesso degli operatori esterni e all’uso in alcune di queste di strumenti atti ad offendere.


Le reti familiari sono narrate come sfilacciate e non adesive ai progetti di recupero psico-fisico immaginati con un’inclusione di queste, perché i legami sono rescissi per i reati commessi o per la difficoltà di raggiungere la struttura (poiché per lo più le famiglie, intese spesso come nucleo familiare d’origine, sono composte prevalentemente da membri anziani e poco abbienti).


Per quanto riguarda il profilo della sicurezza, vi è un solo addetto alla vigilanza, soggetto privato e non armato, che si occupa di controllare il perimetro esterno delimitato tramite un’inferriata; inoltre, atteso che trattasi di un luogo di cura, non si realizza alcuna forma di contenimento coercitivo fisico, ricorrendosi alla sola terapia farmacologica, e anche di notte, le camere di pernottamento e le porte di accesso al giardino esterno rimangono sempre aperti.


Sono emerse dunque plurime criticità:


- l’inidoneità della struttura sia dal punto di vista funzionale, sia perché isolata e lontana dalle potenziali reti sociali ed affettive degli internati;


- la disomogeneità delle patologie dalle quali è affetto l’alto numero di pazienti, che non consente di affrontarle in modo specializzato ed uniforme;


- il forte turn over degli utenti che ancora di più rende difforme il grado di compensazione dei soggetti presenti e la possibile omogeneità di approccio;


- la carenza di personale;


- il dato per cui le competenze che ivi si tentano di formare con gli enti del terzo settore devono poi essere assorbite in progetti lavorativi elaborati dall’UOSM e non dalle Rems, creando spesso dei difetti di coordinamento;


- l’incapacità delle UOSM – anche per ragioni di risorse, di organico e territoriali – di garantire l’accompagnamento dei pazienti in percorsi riabilitativi che consentano una rapida ed efficace fuoriuscita dal circuito di internamento.


Ci si è poi confrontati sulle difficoltà legate alla creazione di un sistema integrato di gestione delle patologie psichiatriche sia con le comunità di cura, sia con l’Uosm (che a propria volta soffre la gestione di territori molto ampi, con scarse risorse ed in perenne emergenza).


Tanti, dunque, i temi sul tavolo che Md intende poi sviluppare nel prossimo futuro anche con altri soggetti istituzionali tra cui, per l’appunto, gli Uosm, nella convinzione che solo se si mette al centro la persona, e si offrono progetti di cura plasmati sui soggetti, più che sulle strutture, si possano ottenere risultati reali. Nella speranza che investendo sull’efficientamento dei servizi sanitari territoriali, l’ingresso dei soggetti psichiatrici all’interno del circuito criminale possa essere evitata a monte o fortemente scemata.

21/11/2024

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