da "Il Dubbio"
Proteggere la vita e la libertà: anche in guerra il diritto ha voce in capitolo
Nel mezzo del dibattito sul conflitto in Ucraina, serve una presa di posizione forte delle magistrature europee associate che richiami l’Europa alle sue responsabilità: pace e giustizia
Il Consiglio nazionale di Emmedì, tenutosi a Roma lo scorso 9 aprile, è stato l’occasione per avviare una riflessione sul tema dell’aggressione dell’Ucraina da parte della Russia. L’atteggiamento di reciproca disponibilità al confronto ha costituito il trait d’union dei numerosi interventi, a fronte di un dibattito politico-mediatico nel quale è ormai evidente la debolezza intrinseca degli opposti monismi dell’interventismo e del non interventismo.
Da un lato si evidenzia che, pure in un contesto di guerra non dichiarata dall’Europa né dai Paesi Nato, di fronte alle sanzioni economiche contro la Russia e alla corsa al riarmo continuo dell’esercito ucraino, il non essere formalmente in guerra costituisce essenzialmente una fictio che potrebbe cadere da un momento all’altro, esponendo l’Europa al rischio reale del conflitto. Dall’altro lato si evidenzia che la paura della guerra “a casa nostra” non può spingerci a ignorare il massacro di civili ucraini e a consegnare di fatto a una superpotenza la conferma politica che basti minacciare per cambiare da sola, massacrando popoli inermi e commettendo crimini di guerra, l’ordine mondiale. Entrambe queste posizioni risentono però, inevitabilmente, di una quota di utilitarismo per la quale il popolo ucraino diventa comunque il mezzo per ottenere qualcosa: smettere di inviare armi per fare un passo indietro e accelerare il negoziato con la Russia prima che sia troppo tardi, oppure continuare ad armare l’esercito ucraino per negoziare più avanti e in condizioni di minore svantaggio.
Quello che è emerso chiaramente dal dibattito nel nostro Consiglio è che Magistratura democratica non può accettare la reificazione delle sofferenze della popolazione ucraina, che ha luogo nella misura in cui esse vengono valutate solo per la loro incidenza sul post conflitto, senza che il Diritto abbia voce in capitolo né modo di assumere quella che è, nella sua dimensione nazionale quanto in quella sovranazionale e internazionale, la sua principale missione: proteggere la vita e la libertà degli individui e dei popoli. Proteggere i corpi.
Serve una presa di posizione forte delle Magistrature europee associate che richiami l’Europa alle sue responsabilità e a seguire il faro della Rule of law. L’Unione deve depositare subito all’Onu una formale proposta di una Conferenza di pace per un nuovo accordo di convivenza internazionale e mettere in chiaro che ogni tipo di iniziativa concordata, dalla partecipazione alle sanzioni economiche alle decisioni in tema di aiuti militari, è esclusivamente funzionale al ripristino della pace e condizionata all’avvio della Conferenza di pace. L’Unione deve inoltre partecipare, come già dichiarato da Medel- Magistrats Européens pour la Démocratie et les Libertés– a un’indagine indipendente sui crimini di guerra commessi a Buča e rafforzare le proprie istituzioni giurisdizionali affinché siano in grado di imporre il rispetto dello Stato di diritto.
La prospettiva della creazione di una difesa comune europea deve essere letta in questo senso: in un percorso più ampio di riforma del sistema onusiano e di creazione di un ordinamento internazionale più forte, sottoposto a controllo democratico, che possa avere le risorse effettive per rimuovere la guerra dagli strumenti opzionabili per la risoluzione delle controversie internazionali, e al quale vada di pari passo un progressivo disarmo degli Stati singoli, a cominciare dalla ratifica del Trattato per la proibizione delle armi nucleari. “Su questa terra non c’è altra forza che la forza”, scriveva Simone Weil ne La prima radice, sul finire della Seconda guerra mondiale. Come è vero. Nessuno di noi può sottrarsi, tutti soggiacciamo alla forza, ogni giorno. Dobbiamo piuttosto regolarla, accordarci, saperla misurare e saperne disporre, proprio per contrastarla quando essa non risponde al Diritto, il quale deve sempre essere orientato alla libertà e alla protezione dalla violenza.
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