Proposte - Giustizia
I nodi da superare
ROMA, 29 gennaio - La crisi economica mette in luce tutte le difficoltà e le criticità di un Paese che non ha mai brillato per buona amministrazione delle risorse pubbliche e che ha male investito i propri fondi fino a raggiungere un debito insostenibile senza dotarsi delle strutture, dei servizi e delle professionalità che sarebbe stato possibile creare e formare.
La crisi economica, che è crisi di ceto dirigente e produttivo prima ancora che finanziaria, evoca la necessità di dare tutela a coloro che stanno perdendo o non hanno mai avuto pari dignità e pari opportunità, e non solo la necessità di risposte giudiziarie che accompagnino la ripresa economica e il sostegno a chi produce. I due versanti non possono procedere disgiunti, perché solo la garanzia dei diritti e della dignità delle persone può assicurare un sistema complessivamente equilibrato e una "ripresa" del Paese che non si misuri esclusivamente in quantità di moneta circolante, di consumi e di esportazioni.
Perché questo avvenga, occorre procedere a interventi positivi e rimuovere ostacoli al pieno dispiegarsi delle potenzialità che il sistema giustizia possiede e non riesce ad esprimere, in parte per limiti propri e in parte per carenze di sistema. Nel corso delle cerimonie di inaugurazione dell'anno giudiziario sono stati indicati percorsi importanti per dare più efficienza, credibilità ed efficacia alla giurisdizione. Ma restano nodi inespressi che hanno, invece, grande rilievo per la qualità della giustizia e i bisogni del Paese e delle singole persone.
Non possiamo allora passare sotto silenzio la necessità di superare una visione politica che accresce le diseguaglianze, impoverisce i diritti personali e sociali, accentua il ricorso alla giustizia come ultima difesa di beni che dovrebbero trovare sostegno nelle politiche pubbliche prima che nella aule dei tribunali civili e penali.
Allo stesso modo va ripensato un sistema di regole, di autorità e di controlli pubblici che non riesce a intercettare gli abusi finanziari e amministrativi le cui conseguenze ricadono innanzitutto su risparmiatori, utenti e lavoratori. Da tempo molti commentatori evidenziano come l'attuale sistema penale concorra a rendere i processi lunghi, favorisca la prescrizione di reati gravi ma puniti con pene modeste e, in fondo, operi a due velocità penalizzando i soggetti meno garantiti.
La risposta a queste criticità dei settori civili e penali può venire solo dal superamento definitivo di una politica sulla giustizia costruita su singoli interventi in assenza di un disegno complessivo che si articoli su priorità, su risparmi oculati e su investimenti lungimiranti.
Diventa allora indispensabile porre rimedio tempestivo alla scopertura così elevata degli organici dei magistrati, che penalizza il funzionamento degli uffici, frustra molti degli sforzi di miglioramento e rischia di rendere in parte inutile la revisione delle circoscrizioni. Senza dimenticare che l'ormai più che decennale blocco totale delle assunzioni del personale amministrativo e tecnico del settore giustizia si dimostra incompatibile con le esigenze minime di funzionalità e con la necessaria innovazione tecnologica che richiede l'immissione di professionalità adeguate. E, più in generale, dobbiamo evidenziare i rischi che deriverebbero dall'assenza di risorse necessarie per rendere operative le innovazioni introdotte in tema di processo civile telematico, di notificazioni, di programmi organizzativi.
Molto la magistratura può fare in un contesto positivo, assumendosi responsabilità chiare per i miglioramenti che le competono, a partire dal sistema di nomina dei capi ufficio, troppo spesso condizionato da logiche estranee alla selezione e alla valutazione su base di attitudini e qualità.
Infine, e soprattutto, soprattutto non possiamo permetterci una ritorno al clima di diffidenza e di avversione verso i controlli di legalità e la magistratura che una parte dei rappresentanti politici periodicamente contribuisce a creare, con effetti disastrosi per la collettività.
LUIGI MARINI presidente di Magistratura Democratica
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