di LUIGI MARINI
Il seminario organizzato da AREA a Napoli sul tema delle priorità è un esempio positivo di ciò che possiamo fare. Un dibattito articolato, aperto al confronto, dove temi generali ed esperienze concrete si sono integrati.
Perché parlare di “priorità” è parlare oggi del cuore della vita degli uffici, ma è anche parlare di ruolo del giudice nella società, di autogoverno, di struttura del Pm, di assetti costituzionali. E’, soprattutto, parlare di un tema che per molti versi mette in relazione i settori civile e penale nel confronto con la complessità che ogni giorno affrontiamo assieme agli avvocati, ai cancellieri e agli “utenti”.
Mi è parso di grande rilievo il fatto che l’avv. Spigarelli abbia discusso con noi scendendo nel merito dei problemi. Dopo avere affermato necessaria la garanzia della legge, ha chiarito che lo strumento legislativo non è sufficiente e che occorre integrarlo con un intervento attento della giurisdizione. Ha ribadito la convinzione che la presenza degli avvocati nei consigli giudiziari è marginale e non può legittimare prese di posizione di quell’organo su temi di politica criminale che appartengono alla politica; ma non ha sottovalutato il lavoro che in questi anni è stato fatto dalla giurisdizione, giungendo alla conclusione che CG e CSM debbono concorrere a una discussione sulle priorità che sfoci in una scelta politica. Nessuna modifica dell’art.112 Cost., dunque, ma una soluzione interna alla dialettica politica.
Per quanto diverse siano le situazioni, anche il dibattito pomeridiano sul civile ha preso le mosse dalla necessità di criteri di trattazione prioritaria, che costituiscono uno strumento indispensabile a fronte del sovraccarico di lavoro, dei progetti ex art.37, della legge Pinto.
Il ricorso alle priorità e la loro gestione sono oggi possibili grazie al miglioramento della conoscenza statistica e della cultura organizzativa all’interno del nostro sistema.
Eppure ho ascoltato ancora lamentele sul fatto che tutti i processi pesano “uno” e che questo impedisce ogni seria programmazione. Così come ho ascoltato posizioni che vedono l’adozione di criteri prioritari di trattazione incompatibile con la procedura di valutazione del magistrato. È bene sul punto essere chiari: se tutti adottassimo gli strumenti statistici già disponibili, ogni processo avrebbe un peso che tiene conto di molte variabili. Se la dirigenza dell’ufficio pubblicizzasse i criteri di priorità e ne seguisse il rispetto, nessun magistrato correrebbe rischi disciplinari per essersi attenuto alle regole che l’ufficio si è dato.
Cominciamo a sgombrare il campo da timori e resistenze non giustificate e proviamo a far funzionare gli strumenti che abbiamo a disposizione. Come ci ha invitato a fare il giudice napoletano che, illustrata la consolle del civile, ha detto che non si può restare al brogliaccio manoscritto e tornare indietro rispetto alle nuove e attuali possibilità.
(11 giugno 2014)