Combattere le radici della degenerazione
Per uscire dalla palude del carrierismo: alcune proposte di Magistratura democratica
Utilizziamo le parole di Franco Cordero, mai troppo compianto: l’antica struttura piramidale ha ripreso a orientare il codice genetico della magistratura.
Come abbiamo più volte ribadito, la degenerazione del sistema ha molti responsabili e protagonisti, ma alla radice vi è una straordinaria ripresa della carriera e del carrierismo, i cui effetti nefasti in termini di perdita di indipendenza e di gerarchizzazione sono sotto gli occhi di tutti.
Solo in questo modo si può infatti spiegare l’attenzione spasmodica di molti magistrati per gli incarichi direttivi e semi direttivi che emerge dai fatti di Perugia.
Ma per uscire da questa crisi non è sufficiente, per quanto necessaria, una secca e netta condanna di prassi e comportamenti inaccettabili. Per decifrare la crisi in cui versa la magistratura italiana, è dirimente affrontare il nodo strutturale del carrierismo, tagliandolo per provare a immaginare un futuro che restituisca alla giurisdizione il volto costituzionale di una magistratura, distinta soltanto per funzioni, che coltivi: l’indipendenza esterna e interna, la qualità e il rinnovamento della giurisdizione, l’attenzione ai diritti e la voglia di inverarli nel lavoro quotidiano svolto dentro le aule, con indosso la toga.
Da qui – come emerso nel seminario provocatoriamente dedicato alle “carriere” e nel dibattito del Consiglio Nazionale del 13 giugno – la necessità di un vero e proprio statuto che esprima un nuovo modo di concepire l’ufficio direttivo. Uno statuto da comporre con una serie di proposte di cambiamento che possono riguardare il futuro, con interventi sulla normazione primaria; il presente, attraverso modifiche della normazione secondaria e dei comportamenti; e il passato, con una denuncia a tutto campo degli effetti deleteri della verticalizzazione della magistratura e di condotte che – anche nell’autogoverno – hanno prodotto l’involuzione del carrierismo, in contrasto con la conformazione costituzionale della “magistratura orizzontale”.
In questa direzione avanziamo alcune proposte, da intendersi non quali parziali rimedi, ma come primi passi di un percorso di rigenerazione della magistratura che, senza dispersione delle esperienze positive, favorisca un cambiamento culturale e un nuovo approccio, con comportamenti concreti, alle funzioni dirigenziali:
- temporaneità effettiva degli incarichi direttivi e semi-direttivi, con ritorno alle funzioni ordinarie per un tempo di quattro anni, prima di potere presentare una nuova domanda per incarichi direttivi e semi-direttivi;
- previsione del medesimo termine di quattro anni di permanenza effettiva nelle funzioni giurisdizionali per chi, provenendo dal fuori ruolo, intende proporre domanda di incarichi direttivi e semi-direttivi; previsione di un congruo periodo nella giurisdizione prima di accedere a incarichi fuori ruolo.
Siamo ben consapevoli, inoltre, che la deriva carrieristica si contrasta dall’inizio del percorso professionale. Per questo riteniamo orami ineludibile che il concorso per l’ingresso in magistratura torni ad essere un concorso di primo grado, al quale si accede con il solo titolo della laurea in giurisprudenza, con il superamento dell’attuale sistema che produce di fatto una selezione per censo.
Riteniamo queste proposte funzionali al ritorno alle attività d’ufficio di colleghi che, avendo maturato una pregressa esperienza in incarichi direttivi e semi-direttivi, possano diffondere la cultura ordinamentale e costituire un autorevole contraddittore alle scelte del dirigente, contribuendo così all’effettiva democratizzazione degli uffici e alla diffusione di una cultura della gestione partecipata e responsabilizzante, primo antidoto al carrierismo.
Per il presente, è essenziale una risposta sul piano delle scelte dei singoli.
Chiediamo, per questo, che tutta la magistratura si senta impegnata a dare concretezza a tali proposte, inverandole come prassi diffusa, per farle vivere indipendentemente da ogni prospettiva di riforma delle norme primarie e secondarie.
Dai comportamenti possono arrivare quelle risposte che servono per ridare credibilità all’ordine giudiziario.
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