Per Marina
È di questi giorni la notizia della scomparsa di Marina Graziosi, sociologa e femminista, acuta e rigorosa nel pensiero, dolce nel trasmetterlo e condividerlo.
Aveva contribuito a fondare Quotidiano Donna, sulle cui colonne proprio in questi giorni, ma nel 1978, scriveva delle pecche insite nella legge sull’aborto sotto un titolo geniale di cui oggi – nel momento in cui l’obiezione di coscienza di medici e infermieri rende troppo spesso impraticabile la conquista della 194 – si avverte il carattere premonitore: La corsa nei sacchi.
Le sue riflessioni sul rapporto tra ‘femminile’, ‘immaginario’ del diritto penale e universo penitenziario rimangono di cristallina lucidità e faremmo bene a rileggerle: dalla denuncia del pericolo di un diritto che ribadisca l’infirmitas sexus, la differenza come minorazione (ai rischi delle discriminazioni si possono sommare gli invasivi rischi della tutela dalle discriminazioni) all’ ‘intrinseca debolezza’ del simbolismo delle leggi-manifesto in tema di femminicidio.
Aveva una visione chiara del carcere e di come cambiarlo: da volontaria della Casa delle Donne l’aveva portata nei tavoli degli Stati generali dell’Esecuzione Penale, contribuendo ad alimentare un progetto di riforma dell’ordinamento penitenziario poi affossato dalla politica. Conosceva, anche, le frustrazioni delle detenute e dei detenuti di fronte al fallimento dei tentativi riformatori e riusciva a leggervi una traccia della piega che stava (e sta) prendendo la società tutta; sapeva come ormai fosse venuta meno la canalizzazione di tali frustrazioni in proteste comuni: anche nel carcere, scriverà, alla presa di coscienza collettiva della necessità di una trasformazione globale del penitenziario si va man mano sostituendo l’ambizione individualistica alla mitigazione della propria singola pena.
C’è una cosa che chi vive (o conosce) la storia e l’avventura di Md non può dimenticare: Marina era la moglie e la compagna di una vita di Luigi Ferrajoli, che di quella storia e di quell’avventura è stato uno degli iniziatori. Md, comunque, le era cara non soltanto per ragioni affettive: “La trasformazione del carcere sarà uno degli impegni costanti del gruppo – scrive in un saggio del 1998 sulle rivolte dei detenuti nel biennio ’68-‘69 – che vedrà molti dei suoi aderenti impegnati in prima persona nel difficile ruolo di giudice di sorveglianza”. Profetica anche in questo caso: due presidenze consecutive di questo gruppo vengono dai ranghi della magistratura di sorveglianza…
Da poco, in un emozionante libro sul libro sul cinema – Short Cuts. Il cinema in 12 storie – Alberto Crespi, parlando della straordinaria opera di una regista come Lois Weber, prova a rovesciare un luogo comune, mettendo nero su bianco il contrario di quanto siamo abituati a pensare: dietro una grande donna c’è un grande uomo.
È la prima frase che ci rimbalza in mente apprendendo della morte di Marina Graziosi.
A Luigi va l’abbraccio stretto di tutti i suoi compagni e amici di Md.
Magistratura democratica