Per l’anno che si chiude, per quello che si apre: la saggezza della Costituzione
In un quadro internazionale segnato da guerre ai confini dell’Europa e dalla reazione indiscriminata, implacabile, duratura, di Israele all’azione terroristica di ottobre 2023, il nostro Paese si appresta a chiudere l’anno in un clima conflittuale e rancoroso.
Le insoddisfazioni sociali per gli squilibri economici sempre più evidenti e l’incapacità dello Stato di fare fronte in maniera efficiente a servizi essenziali (sanità e sicurezza tra questi) sta scatenando la caccia a un colpevole da reperire altrove. In luoghi ed istituzioni diversi da quelli che hanno la responsabilità politica della loro gestione. Il tutto alimentato da una narrazione vittimistica, in una prospettiva deresponsabilizzante che individua nemici piuttosto che cercare soluzioni.
In questo contesto, la riforma costituzionale della magistratura è l’arma di distrazione di massa dai reali problemi del Paese.
Una riforma che non riguarda le attese dei cittadini, perché non migliorerà il sistema giudiziario né in termini di efficienza, né in termini di qualità delle decisioni. La giurisdizione arranca tra i suoi limiti e le incapacità ministeriali di offrire strumenti e risorse adeguate al diritto dei cittadini di avere un servizio giustizia adeguato alle sfide della modernità. Sarebbe necessario discutere di come migliorarne l’efficienza, piuttosto che aprire una stagione di riforme dello statuto del magistrato, nel tentativo di condizionarne le decisioni, trasformandolo in un garante dei potenti e dei loro privilegi, piuttosto che dei diritti, dai potenti messi in crisi.
Le belle anime che oggi non capiscono o fanno finta di non capire come sia in atto un tentativo culturale e di riforme normative che hanno quale obiettivo d’indebolire l’autonomia e l’indipendenza del giudice, oltre che del pubblico ministero, faranno presto i conti con le loro timidezze e i loro opportunismi di corto respiro.
La reale autonomia e indipendenza dei magistrati misura, infatti, il tasso di democraticità effettiva di una Paese, per come le esperienze di Turchia, Polonia e Ungheria ci hanno insegnato.
Nel frattempo tutta la magistratura è unita, perché le diverse sensibilità culturali che la percorrono quei pericoli li hanno già sperimentati nelle recenti, reiterate intimidazioni mediatiche di giudici che emettono provvedimenti sgraditi, oppure li hanno intuiti nelle riforme costituzionali in cantiere.
Questa rinnovata unità è, oggi, alimentata dalla passione, dall’entusiasmo, dal contributo di idee e proposte dei più giovani magistrati, impegnati a dare prospettiva e speranza alla giurisdizione costituzionalmente orientata, in nome della quale hanno affrontato gli studi, il concorso e i primi tumultuosi anni della loro carriera.
Riuscire a mantenere vivo questo entusiasmo, dargli la possibilità di trasformarsi in contributo concreto e visibile nell’imminente stagione delle riforme, raccogliere ed esaltare il meglio della produzione di idee e suggestioni che percorrono la magistratura, a prescindere dall’appartenenza a questo o quel gruppo associato e, anzi, a prescindere da quell’appartenenza, saranno le principali sfide del prossimo Cdc dell’Anm.
Nello spirito del Natale c’è una saggezza antica che individua in avvenimenti e personaggi apparentemente marginali, motori di cambiamento globale, capaci di orientare lo spirito e le coscienze delle persone in direzioni diverse da quelle che ciascuno stava programmando.
Il nostro augurio, ma anche il nostro concreto impegno, si muove in sintonia con questa saggezza antica e sempre nuova che la nostra Costituzione rende vera e concreta e ci invita a coltivare perseveranti e fiduciosi. Non verremo meno a questo impegno.
Stefano Musolino
Segretario nazionale di Magistratura democratica
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