Editoriale

Ordine pubblico democratico

In questi giorni le notizie di cronaca hanno riportato una serie di episodi che richiamano la nostra attenzione sull’uso legittimo della forza pubblica e sul concetto di ordine pubblico.

A Milano tre agenti della polizia municipale, dopo un breve inseguimento, hanno ripetutamente colpito con il manganello una trans già a terra e con le mani alzate e resa innocua dallo spray urticante; a Livorno un carabiniere ha colpito con un calcio in faccia un ragazzo tunisino, già bloccato a terra da un collega dopo essere stato inseguito per una rapina in un supermercato.

Le indagini chiariranno se sussistono singole responsabilità, ma, in entrambi i casi, sono le immagini riprese con i cellulari dai testimoni che ci autorizzano a non avere dubbi sulla sproporzione di tale uso della forza e ad essere preoccupati per un fenomeno che non appare isolato. E’, infatti, immediato il richiamo a quello che, ormai da qualche tempo, accade durante le manifestazioni di piazza, quelle sindacali come quelle studentesche, quando le contestazioni vengono regolate con cariche di alleggerimento dei reparti di polizia, cui segue l’uso dei manganelli anche quando il gruppo dei manifestanti si è già disperso, oppure a quello che è successo a Palermo, durante le commemorazioni della strage di Capaci, dove al corteo della Cgil e degli studenti è stato impedito con la forza di raggiungere l’albero Falcone in via Notarbartolo perché (così la disposizione della Questura) “non recasse disturbo o altra turbativa alla cerimonia”. Anche in questi casi, come nei primi, è evidente l’uso sproporzionato della forza pubblica, qui per contenere il dissenso o anche solo il pericolo del dissenso, là per contenere la marginalità.

Ebbene è urgente ribadire che l’unico ordine che rende legittimo l’uso della forza pubblica è l’ordine pubblico democratico, ovvero quello che trova propri limiti interni nel rispetto e dalla salvaguardia dei principi fondamentali della Costituzione, primi fra tutti il rispetto della persona umana e della sua libertà e dignità, il rispetto della libertà di manifestazione di pensiero e quello della libertà di riunione. E’, quindi, legittimo l’uso della forza pubblica solo come soluzione residuale e strettamente necessaria per impedire che siano aggrediti beni comuni o personali protetti dall’ordinamento, mentre si pone al di fuori dei limiti costituzionali l’uso della forza pubblica diretto a punire le marginalità sociali o a controllare il dissenso o a prevenire il conflitto sociale. 
Allo stato democratico non è dato ricorrere alla violenza laddove è in gioco il rispetto della dignità umana e delle libertà politiche e sociali. Chiunque deve poter confidare che alle proprie azioni conseguirà una pena prevista dalla legge solo se la sua condotta sarà riconosciuta illecita a seguito di un giusto processo. Chiunque deve poter confidare che non sono ammesse dalla legge pene corporali.

31/05/2023

Articoli Correlati

Comunicati

L’elezione del Presidente e della Giunta esecutiva centrale dell’Associazione nazionale magistrati

Dopo quasi dieci ore di lavoro, il Comitato direttivo centrale dell’Associazione nazionale magistrati ha eletto l’8 febbraio scorso il nuovo Presidente e la Giunta esecutiva dell’ANM, con indicazione largamente condivisa.

Comunicati

Md aderisce al Comitato per la difesa della Corte penale internazionale e dell’Onu

È evidente a tutti che è in corso un grave attacco politico al diritto e alla giustizia internazionale, e agli organismi internazionali ai quali è stato affidato, dopo gli orrori della Seconda guerra mondiale, il compito di difenderli e di attuarli. 

Comunicati

Un morto al giorno

Ieri si è verificato un decesso nel carcere di Prato 
Oggi si è verificato un decesso nel carcere di Firenze Sollicciano 

Comunicati

I primi compiti del nuovo Comitato direttivo centrale dell’ANM

Il nuovo Comitato direttivo centrale dell’ANM ha davanti a sé compiti difficili e fondamentali per la difesa dello stato di diritto. 

Comunicati

Le dichiarazioni rese oggi in Parlamento dal Ministro della Giustizia sul caso Almasri rappresentano una grave ferita allo Stato di diritto


Anziché rendere conto delle ragioni dell’omessa trasmissione degli atti alla Procura generale di Roma, ai fini dell’applicazione della custodia cautelare al cittadino libico Almasri e della sua consegna alla Corte penale internazionale, in esecuzione del mandato d’arresto emesso dalla Corte, il Ministro si è scagliato contro la Corte penale internazionale, non solo sindacando nel merito il mandato d’arresto, ma addirittura qualificandolo come “atto nullo” e “completamente sballato”.