Non aspettare

Carcere e coronavirus

Non aspettare

Ridurre subito le presenze all’interno del carcere, anche alleggerendone la pressione dall’esterno: soltanto in questo modo il rischio di contagio potrà essere seriamente fronteggiato. Per tutelare, oggi, la salute dei detenuti e garantire così, un domani, la sicurezza dei cittadini

In questi giorni drammatici, Magistratura democratica – con una riflessione affidata ad articoli, interventi e proposte ragionate, apparsi sia sulla stampa quotidiana che su Questione Giustizia (Il vecchio carcere ai tempi del nuovo colera, 11 marzo 2020, di Riccardo De Vito) – ha scelto di dare il suo contributo al dibattito per tenere alta l’attenzione sul carcere, ove rischia di innescarsi, nell’attuale tragedia che sta vivendo il Paese, un’altra tragedia.

La delicatezza della situazione, con gli istituti attraversati dalle rivolte più gravi della storia repubblicana, imponeva senso di responsabilità e proposte concrete.

Come molti hanno già evidenziato in questi giorni, con interventi e prese di posizione pubbliche, la risposta all’emergenza delle carceri arrivata dalla politica con il decreto “Cura Italia” è del tutto insufficiente.

La misura adottata – una detenzione domiciliare per coloro che devono ancora espiare una pena inferiore a 18 mesi – ricalca, infatti, un istituto già esistente (l’esecuzione pena presso il domicilio, introdotto con l. 199/2010) e, per alcuni versi, ne restringe persino la portata. Condizionare poi l’applicazione di questa misura all’utilizzo di braccialetti elettronici, che di fatto non sono allo stato disponibili, rischia di trasformare questa norma in una finzione.

Nel frattempo, le notizie che arrivano dalle carceri – le apprendiamo anche dalle segnalazioni dei Presidenti dei Tribunali di Sorveglianza di Milano e Brescia e dal comunicato del Coordinamento dei Magistrati di Sorveglianza, oltre che dalla stampa – sono allarmanti.

Il carcere reale, di nuovo sovraffollato, non consente che vengano adottate al suo interno quelle misure di profilassi pure applicate all’esterno, perché considerate indispensabili per la salute di noi tutti: distanziamento tra persone, regole di igiene primaria (in molti istituti anche l’approvvigionamento di acqua è un problema), isolamento dei positivi, assistenza e cura ad opera di personale sanitario congruo per numero e risorse.

Non è difficile immaginare il dramma che si vive in istituti con mille persone e locali per isolamento che si contano sulle dita di poche mani.

Il carcere non può permettersi di tenere il mondo sull’uscio: per garantire i diritti dei detenuti e la sicurezza dei cittadini, migliaia di persone entrano ed escono ogni giorno dagli istituti e negli istituti, così come gli appartenenti alla polizia penitenziaria, che in essi prestano servizio.

Il pericolo di contagio è reale, sia per i detenuti sia per le persone che in carcere lavorano. Bisogna quindi affrontarlo per tempo, perché se nel prossimo futuro dovesse essere l’emergenza a dettare le priorità e a governare le decisioni si rischierebbero gravi ricadute sulla salute dei detenuti, sul sistema sanitario nazionale e sulla sicurezza dei cittadini.

Per questo è importante ridurre le presenze all’interno del carcere, alleggerirne la pressione e consentire che al suo interno siano garantite prevenzione e cura. Lo ribadisce in maniera perentoria il Comitato Europeo per la Prevenzione della Tortura del Consiglio d’Europa: tutte le autorità competenti dovrebbero compiere sforzi per ricorrere a misure alternative e tale approccio è imperativo, in situazioni di sovraffollamento (Statement of principles, 20 marzo 2020, punto 5).

Occorre, dunque, che la politica metta a punto un ventaglio di strumenti celeri ed efficaci, facendosi carico delle esigenze degli Uffici di sorveglianza che, già sovraccarichi e ora ridotti a poche unità per l’emergenza, stanno affrontando con estremo coraggio e scarse risorse una crisi gravissima del sistema penitenziario; e che tutta la magistratura associata si ritrovi unita ad esprimere la sua consapevolezza dei valori in gioco.

23/03/2020

Articoli Correlati

Nota della Presidente di Magistratura democratica

Gli effetti dell’allargamento dell’elenco dei “Paesi sicuri”


La Presidente di Magistratura democratica, Silvia Albano, ha diffuso una nota in cui si spiegano gli effetti pratici del decreto ministeriale 7 maggio 2024 con il quale è stato allargato l’elenco dei Paesi sicuri a ulteriori Paesi (indicati all’inizio del testo), includendo così i Paesi di origine da cui proviene la maggioranza dei migranti.

Comunicati

Il carcere: tra dignità umana e rieducazione


Il tasso di sovraffollamento, il numero di suicidi, le criticità nell’assistenza sanitaria espongono le persone detenute e quelle che in carcere lavorano a una quotidianità che rischia di porre in discussione i diritti fondamentali della persona e compromettere la funzione di reinserimento sociale che la Costituzione indica come coessenziale all’esecuzione delle pene.  

Comunicati

25 Aprile, Costituzione, giurisdizione


Il fascismo fu anche giurisdizione.


Fu il Tribunale speciale per la difesa dello Stato istituito nel 1926 (e ricostituito nella Repubblica sociale italiana) che inflisse agli antifascisti decine di migliaia di anni di reclusione, confino, sorveglianza speciale di polizia.


Fu il “servile e osannante conformismo” (parole di Umberto Terracini, presidente dell’Assemblea Costituente) condiviso da una parte della magistratura e da buona parte delle “alte magistrature” immortalate nella cronaca dell’apertura dell’anno giudiziario del 1940 mentre acclamano il duce che riceve i capi degli uffici giudiziari a Palazzo Venezia.


La democrazia costituzionale esige che il quadro normativo che regola lo svolgimento della funzione giusrisdizionale non diventi lesione del ruolo costituzionale della giurisdizione; e che, nell’intera loro attività, i magistrati riescano a “essere la Costituzione” rifiutando il conformismo, non nelle sue ultime e drammatiche esternazioni ma sin dalle sue prime manifestazioni.

Comunicati

La riforma del Testo unico sulla dirigenza giudiziaria: un’opportunità da cogliere senza esitazioni


Magistratura democratica, ad esito di una elaborazione collettiva del gruppo, maturata nel tempo, offre alla riflessione delle istituzioni, della magistratura associata e di tutti i magistrati e i giuristi, una riflessione sull’attuazione del decreto legislativo n. 44 del 2024.


I compiti che il CSM dovrà svolgere per attuare la riforma della dirigenza giudiziaria consentono, se lo si vorrà, di dare strumenti per la trasparenza e la leggibilità delle scelte, che valorizzando la scelta di criteri generali piuttosto che di criteri sulla singola nomina, può consentire di combattere l’indispensabile battaglia contro il carrierismo e il clientelismo da troppo tempo rimandata.