Dopo la Procura di Firenze e la presidenza della Corte d’Appello di Catanzaro, nuovamente il Vice presidente recede dal suo essenziale ruolo di garanzia, incidendo in modo decisivo sugli esiti delle nomine, con preferenze che si allineano sempre a quelle dei consiglieri laici espressi dalla maggioranza parlamentare.
Dopo lo scandalo del 2019, quale Consiglio Superiore contribuisce a costruire questa prassi del Vice presidente? La magistratura deve rivendicare con fermezza un esercizio della discrezionalità consiliare basato su regole chiare e trasparenti, riscontrate dalla motivazione, non orientato dalle maggioranze e dalle appartenenze, o dalle interferenze politiche.
Andiamo verso un congresso dell’Associazione Nazionale Magistrati dedicato ad una discussione sull’imparzialità, nel corso della quale da parte di alcuni si proverà a sostenere la tesi per cui il magistrato che esprime le sue opinioni nel dibattito pubblico non appare imparziale, ma potenzialmente ideologizzato e coinvolto nel perseguimento di un disegno politico. L’attualità ci dimostra che il rischio dell’interferenza della politica arriva da tutt’altra direzione, segnatamente in questo caso da una figura che dovrebbe essere di garanzia.
Auspichiamo per il futuro il recupero del ruolo di garanzia del Vice presidente del CSM, insieme al giusto rispetto per i magistrati che svolgono il loro servizio in territori come quello calabrese, che in prima linea, con i loro sacrifici e la loro determinazione, si pongono a presidio della legalità, un presidio che a volte dura una vita intera e che rappresenta, questo sì, una garanzia, non un rischio di condizionamento.
L’Esecutivo di magistratura democratica