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Non possiamo tacere, non vogliamo restare inerti

Ormai non è in gioco solo la dignità dei detenuti, si tratta di preservare la loro stessa vita. 

 

Dal 1° gennaio di quest’anno sono già 19 i suicidi in carcere e 24  le persone decedute in stato di detenzione. Questi suicidi, maggiori di oltre 10 volte rispetto al tasso medio di suicidi nella società dei “liberi”, nascono spesso da uno stato di disperazione indotto dalle miserevoli condizioni di vita cui sono soggetti i detenuti. E spesso si tratta di soggetti giovani, che devono scontare condanne non lunghe o addirittura prossimi alla scarcerazione. 

60.637 sono le persone oggi ristrette in carcere a fronte di 51.347 posti ufficiali, dei quali però alcune migliaia sono indisponibili. Il tasso di affollamento medio (calcolato sui posti ufficiali e non su quelli realmente disponibili) è del 118,1% ma come sempre negli ultimi tempi le regioni più in difficoltà sono la Puglia (143,1%) e la Lombardia (147,3%). Gli istituti più affollati sono Brescia “Canton Monbello” (218,1%), Grosseto (200%), Lodi (200%), Foggia (189%), Taranto (182,2%) e Brindisi (181,51%). 

Si viene ammassati in luoghi angusti e fatiscenti e siamo giunti oramai oltre i confini della civiltà e del rispetto dei diritti minimi e della stessa dignità della persona. 

Molte di queste persone sono detenuti in attesa di giudizio che scontano carenze del sistema carcerario prima dell’accertamento definitivo della loro responsabilità. 

In queste condizioni non è possibile alcuna attività tesa al reinserimento sociale del detenuto, non si può studiare, non si può lavorare, non sì è adeguatamente seguiti da medici e psicologi. Del resto lo stesso personale di supporto previsto dalla legge e dai regolamenti è gravemente sotto organico, il che significa un sostanziale abbandono di qualsiasi prospettiva rieducativa. 

Non è lontano il giorno in cui il sovraffollamento delle nostre carceri raggiungerà i livelli che portarono la Corte Europea alla condanna nel caso Torreggiani ed altri c. Italia. Una nuova   condanna, che con questo trend riteniamo inevitabile, costituirebbe un’onta per il Paese e metterebbe in pericolo istituti di cooperazione penale internazionale, quali estradizioni e mandati di arresto europei, che si basano sulla reciproca fiducia tra gli Stati-parte che il trattamento delle persone consegnate allo Stato richiedente sia conforme alle norme della Convenzione Europea. 

Di fronte a questo stato di cose, assistiamo ad una politica penale che, anziché ridurre le ipotesi  di carcerazione, viene piegata a logiche populiste e securitarie, introducendo nuovi reati ed aumentando le pene per quelli esistenti: ed ancora indica nella costruzione di nuove carceri o nella trasformazione di caserme dismesse la soluzione del problema: senza però precisare che costruire istituti di pena richiede anche dieci anni e che vecchie caserme abbandonate ben difficilmente potrebbero diventare luoghi di detenzione. 

In questa gravissima situazione non possiamo restare inerti. 

Le nostre Associazioni fedeli ai principi di civiltà giuridica di cui agli artt. 2, 3, 24 e 27 della Costituzione, intendono collaborare, nella loro riaffermata autonomia e libertà di iniziativa, affinché non scenda un colpevole silenzio su di una situazione tanto drammatica quale quella delle carceri e dei detenuti. 

Chiediamo perciò in tempi brevi un incontro col ministro della Giustizia al fine di rappresentare al più alto livello di responsabilità in materia la situazione ormai intollerabile del nostro sistema penitenziario. 

 

Associazione Antigone – MD-Magistratura democratica – Unione Camere penali Italiane

 

 

 

 

 

 

22/02/2024

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