Comunicati
Tutti confermati?
Segnali preoccupanti dal plenum del CSM nell’ambito delle due, estremamente ritardatarie, procedure di conferma negli incarichi di Presidente del Tribunale di Bergamo e Presidente di sezione della Corte di Appello di Torino.
In contrasto con l’idea di magistratura che vogliamo coltivare, in cui l’incarico direttivo o semi-direttivo è una funzione di responsabilità e non una posizione gerarchica acquisita, assistiamo a conferme votate in base a motivazioni insufficienti, con un dibattito praticamente inesistente.
Assistiamo allo svilimento dei risultati raggiunti in sede di autogoverno locale, che vorremmo invece vedere valorizzati.
Cerchiamo di sensibilizzare i colleghi sul tema della gestione partecipata degli uffici, ma assistiamo alla stigmatizzazione delle osservazioni dei magistrati, che sentiamo da voci del Plenum descritte quasi come atti di lesa maestà.
Magistratura Democratica ha già avuto modo di evidenziare più volte che le procedure di conferma quadriennale previste per i magistrati chiamati ad esercitare responsabilità direttive e semi-direttive rappresentano uno dei banchi di prova per misurare la volontà del governo autonomo della magistratura di dare concretezza alla riforma della dirigenza giudiziaria del biennio 2006-07. L’istituto della conferma, sulla carta, prometteva una seria verifica dell’operato di magistrati con funzioni direttive e semi-direttive, nella prospettiva di offrire al sistema giudiziario una dirigenza più consapevole ed efficiente.
Tuttavia, tale istituto non ha dato i frutti sperati. Negli anni il numero di non conferme è stato estremamene modesto, anche in caso di situazioni di significativa criticità. Per di più, nella scorsa consiliatura, le conferme problematiche – quelle più scomode da istruire e decidere – sono state lasciate per lunghi anni in uno stato di inaccettabile quiescenza. Solo in questa consiliatura, anche per impulso di alcuni consiglieri, è stata impressa un’accelerazione. Sennonché, gli esiti destano alcune perplessità.
Con riguardo alle procedure di conferma in cui veniva in rilievo come dato problematico il pre-requisito dell’indipendenza e imparzialità del magistrato aspirante alla conferma (spesso, ma non solo, legate alla vicenda Ferri-Palamara), si è assistito a decisioni tra loro non sempre coerenti, anche nelle espressioni di voto tra una decisione e le successive.
Nella seduta del 20 dicembre 2023, per la prima volta, il Plenum del CSM era chiamato a discutere di due procedure di conferma in cui occorreva valutare in concreto “come” era stato esercitato l’incarico affidato al magistrato con funzioni direttive o semi-direttive. Si trattava anche in questi casi di conferme problematiche, lasciate a lungo quiescenti: per uno dei casi il quadriennio scadeva a novembre 2020; per l’altro a settembre 2021. In un caso il consiglio giudiziario aveva espresso all’unanimità un parere non favorevole alla conferma, nell’altro il parere del consiglio giudiziario era stato favorevole alla conferma, ma solo a maggioranza e con un incisivo parere contrario di uno dei consiglieri.
Nel primo caso, le criticità riguardavano inadeguatezze del progetto tabellare, emerse nelle procedure di tramutamento interno e di revoca o rimodulazione di variazioni tabellari già adottate e oggetto di rilievi, nonché dei programmi di gestione. Tali inadeguatezze avevano determinato un’inefficiente resa sul piano dei risultati dell’Ufficio diretto da quel magistrato.
Nel secondo caso, le criticità riguardavano: la mancata celebrazione, per lungo tempo, delle riunioni di sezione ex art. 47 quater ord. giud. (utili a favorire una gestione condivisa della sezione, coinvolgere i magistrati nell’organizzazione del lavoro, promuovere un confronto di giurisprudenza); la scarsa trasparenza nell’assegnazione degli affari; la scarsa comunicazione con i magistrati in servizio presso la sezione, tanto da far ritenere che la funzione semi-direttiva fosse informata ad «un modello autoritario di gestione della sezione, in opposizione al preferibile modello di gestione partecipata».
La quinta commissione, deputata ad istruire le predette procedure di conferma, non era giunta a conclusioni unanimi e aveva proposto all’attenzione del plenum due proposte tra loro alternative (di conferma e di non conferma).
Il Consiglio superiore della magistratura – a maggioranza – ha confermato ambedue i magistrati interessati alla procedura nell’esercizio delle funzioni direttive o semi-direttive (seppur con ritardi pari a due e a tre anni).
Ciò che lascia perplessi è il modo con cui si è giunti alla conferma.
Nelle proposte di conferma non si legge un autentico confronto con gli elementi di criticità che erano emersi nella fase istruttoria (o, quando difficilmente contestabili, li si è ritenuti “superati”). Addirittura, nella procedura di conferma per incarico direttivo, si dà grande risalto alla valutazione positiva del Capo dell’Ispettorato generale del Ministero della giustizia, privilegiandone le positive conclusioni, rispetto alle argomentate conclusioni unanimemente raggiunte dal consiglio giudiziario. Una motivazione talmente stringata, quella approvata dal Plenum, da risultare ermetica.
Per ambedue le pratiche il dibattito è stato estremamente stringato, scandito dagli inviti del Vice Presidente alla rapida definizione. Un dibattito che nella procedura di conferma del magistrato investito di funzioni direttive ha visto una componente del Consiglio spingersi a stigmatizzare le osservazioni formulate da alcuni magistrati dell’ufficio a variazioni tabellari.
Dunque, motivazioni insufficienti, dibattito quasi inesistente, svalutazione del lavoro del circuito di autogoverno locale, addirittura la stigmatizzazione di chi negli uffici si permette di proporre osservazioni.
Sembrano segnali che si dirigono lontano dalle idee che ci ostiniamo a coltivare: gli incarichi direttivi e semi-direttivi come funzioni di responsabilità organizzativa e non come insediamento in un vertice gerarchico; dovere di rendere conto del “modo” e dei risultati raggiunti nell’assolvimento dell’incarico; valorizzazione del lavoro dei consigli giudiziari; gestione partecipata degli uffici giudiziari, con il coinvolgimento di tutti i magistrati in servizio.
Auspichiamo che in futuro il Consiglio superiore della Magistratura eserciti con maggiore ponderatezza le sue delicate prerogative.
L’esecutivo di Magistratura democratica
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