In Consiglio ci interessa
L'intervento di Domenica Miele al Plenum del Csm del 19 luglio 2023
Domenica [Mimma] Miele è consigliera del CSM, eletta con Magistratura democratica. Con regolarità e accuratezza ci informa di quello che accade al Consiglio Superiore della Magistratura.
Dai suoi resoconti in questa rubrica vengono tratti spunti per fornire i termini essenziali di quello che ci interessa, perché riguarda la quotidianità della giurisdizione.
In questa occasione pubblichiamo il suo intervento nei Plenum del 19 luglio 2023 per la chiarezza nell'affrontare i temi della giurisdizione.
Ho letto la proposta A di conferma del dr. Masia nelle funzioni direttive, e ne ricavo l’affermazione che le chat tra il dott. Masia e il consigliere Palamara sono, sì espressione di una patologia abbastanza grave da determinare l’irrogazione di una sanzione disciplinare, ma, tuttavia, non sufficientemente gravi da impedire la conferma delle funzioni direttive nelle mani di un buon direttivo. Non v’è dubbio che si tratta di un ordine di idee astrattamente plausibile: in fondo il giudizio sulla condotta deviante rispetto ai doveri del magistrato è formalmente diversa da quello sull’idoneità ad essere confermato nella funzione direttiva, nel senso il primo non incide giocoforza sul secondo.
Quest’ordine di idee plausibile in astratto, tuttavia, diventa insostenibile in concreto quando si analizzano i fatti da vicino e, soprattutto, quando li si pone a confronto con analoghe, recenti valutazioni in tema di conferma.
In realtà, c’è una ragione se parliamo di prerequisiti e di requisiti. E si tratta di un ordine di priorità logica a cui non possiamo sottrarci. Cercherò brevemente di spiegare perché, a mio parere, le chat tra Masia e Palamara hanno tutte le carte in regola per essere considerate sufficientemente gravi da intaccare i prerequisiti di indipendenza, imparzialità ed equilibrio che sono la bussola valutativa imposta dall’art. 72 comma 2 del testo unico sulla dirigenza degli uffici giudiziari. E l’assenza dei prerequisiti non può essere sanata da una pure lusinghiera valutazione dei requisiti, cioè della capacità organizzativa.
Innanzitutto, in tema di indipendenza, lascia davvero perplessi l’inciso della proposta A secondo cui l’articolo 72 comma 2 del testo unico intende l’indipendenza da impropri condizionamenti come assenza di “sollecitazioni provenienti dall’esterno e subìte dal dirigente in valutazione, senza che ci sia stata un’attivazione motu proprio”.
Vogliamo davvero ignorare che la nostra circolare – che tutti ben conosciamo – afferma che l’indipendenza consiste “nello svolgere le funzioni giurisdizionali senza condizionamenti, rapporti o vincoli che possano influire negativamente o limitare le modalità di esercizio della giurisdizione, avuto anche riguardo al tipo ed all'ubicazione dell'ufficio da conferire”? (capo III della circolare n. 20691 dell’8.10.2007 e ss.mm., in tema di valutazioni di professionalità).
Ebbene, non rinvengo nella formulazione della norma alcun riferimento al “verso” del condizionamento, che né potrebbe mai esserci: l’unico dato essenziale è l’esistenza di rapporti e vincoli patologici che investono la giurisdizione e il suo fisiologico funzionamento. E mi pare che – obiettivamente – avere contatti assidui con un membro del Consiglio superiore al fine di piegare nomine a logiche correntizie rientri esattamente in questa categoria, nella categoria, cioè, che asserve la funzione alla logica delle appartenenze associative.
Oltretutto, la proposta A ignora del tutto l’ultimo parere del Consiglio Giudiziario di Brescia, che sottolinea come la costante e ostinata volontà di condizionare le nomine degli uffici direttivi e semidirettivi del Nord, e in particolare proprio del circondario del Tribunale di Brescia, lascia una cicatrice profonda sul prerequisito di indipendenza, soprattutto là dove esso incide sulla capacità di valorizzare le attitudini dei magistrati, che nel periodo delle “chat” sono stati invece messi in luce e sponsorizzati in base a logiche squisitamente correntizie, che certo pregiudicano il buon funzionamento dell’amministrazione della giustizia.
Ed ancora, per altro verso, leggo che nella proposta di conferma si afferma che l’aver chiesto a Palamara di sostenere una candidata per un ufficio direttivo a Cremona per “togliersela dalle palle” a Brescia -cito testualmente- non basti a minare l’autorevolezza culturale del dott. Masia. Dunque, promoveatur ut amoveatur, per usare un lessico estraneo alle ormai famose chat.
Queste valutazioni in ordine al caso “in sé” sono più che sufficienti a convincermi a sostenere e a votare la proposta B, che adotta parametri valutativi ferrei dal punto di vista logico e normativo, e che soppesa con obbiettività i dati in campo. E che, conseguentemente, correttamente propone la non conferma del dott. Masia. E ci ricorda che le sanzioni disciplinari sono di regola (art 37 T.U. co. II) preclusive al conferimento di un ufficio direttivo o semidirettivo, e che le stesse (art.87 T.U.), vanno valutate e ponderate in sede di conferma. Così come compiutamente ha fatto il CG di Brescia, operando la valutazione di cui all’art. 83 II co TU, deliberando il parere contrario alla conferma a maggioranza, con un solo voto contrario.
Infine, doveroso appare qui ricordare quanto avvenuto la scorsa settimana in plenum, quando il Consiglio, a maggioranza, ha deliberato la non conferma del dott. Emilio Sirianni nell’incarico semi-direttivo, approvando la relativa proposta nella quale, nonostante i risultati più che positivi sul fronte organizzativo, l’assenza di ricadute negative sull’esercizio della funzione, l’assenza di ingerenze nell’attività di colleghi, l’assenza di interferenze, neanche a livello potenziale, con le funzioni svolte dal magistrato, nonostante il duplice parere favorevole reso dal locale CG all’unanimità -il secondo dei quali all’esito della richiesta di rivalutazione del CSM a seguito dell’emergenza delle chat con Lucano – ha ritenuto, tuttavia che la indipendenza e l’autorevolezza del Sirianni fossero state offuscate dalle conversazioni intercettate con il sindaco Lucano,-conversazioni che nulla avevano a che vedere con la funzione svolta dal Sirianni, né tantomeno minavano, come nel caso di cui stiamo trattando, ad interferire con le decisioni di un organo di rilevanza costituzionale.
Oggi, invece, e devo constatarlo con grande amarezza, si pretende, e con disinvoltura, di sovvertire i termini del ragionamento fatto una settimana fa: allora i risultati positivi non erano sufficienti a compensare il contestato – e a mio avviso insussistente, come ho avuto modo di spiegare – appannamento dell’indipendenza. Ma vi è di più: oggi il sovvertimento del ragionamento avviene in presenza di fatti ulteriori: in primo luogo, le trame intessute dal dott. Masia con il consigliere Palamara hanno un rilievo disciplinare accertato con sentenza irrevocabile; in secondo luogo, siamo tutti pienamente consapevoli che quelle trame hanno inciso in maniera diretta sull’amministrazione della giustizia e sull’organizzazione degli uffici. E soprattutto miravano a condizionare la determinazione di un consigliere; quindi, costituivano indebita ingerenza nell’autodeterminazione dell’organo di rilevanza costituzionale.
Per concludere, voglio ricordare a me stessa che questa consiliatura ha l’ingrato compito di riscattare il prestigio e la credibilità dell’organo di autogoverno dei magistrati. Soltanto plurimi e ben ponderati interventi potranno concorrere a restituire alla magistratura, anche simbolicamente, la perduta autorevolezza. Ed utile, a tal fine, sarebbe cominciare dall’interpretare in modo uniforme – in questo tipo di pratiche – gli indici normativi forniti dall’art. 72 comma 2 del testo unico sulla dirigenza degli uffici giudiziari. Perché si tratta di indici che rischiamo di utilizzare come si indossano le giacche di stagione: a seconda dell’aria che tira. O peggio ancora, a seconda di che giacca indossi.
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