In Consiglio ci interessa
Da "In Consiglio dal 12 aprile all'11 maggio 2023. Fatti e considerazioni"
Domenica [Mimma] Miele è consigliera del CSM, eletta con Magistratura democratica. Con regolarità e accuratezza ci informa di quello che accade al Consiglio Superiore della Magistratura.
Dai suoi resoconti il Gruppo comunicazione di Magistratura democratica intende trarre alcuni spunti per fornire i termini essenziali di quello che ci interessa, perché riguarda (che lo sappiamo o no, che lo vogliamo, o no) la quotidianità della giurisdizione.
"Considerazioni: una, preliminare, che riguarda il difetto di coordinamento tra le commissioni, che rischia di determinare ricadute rilevanti nelle scelte che si vanno ad operare in plenum: sintomatico è a tal proposito quanto accaduto in relazione alla pratica relativa al progetto organizzativo del Tribunale di Vasto, licenziata con osservazioni e criticità. Pratica che, se fosse stata esitata per tempo, sarebbe entrata a far parte del patrimonio di conoscenza di tutti i consiglieri in occasione della discussione della nomina del Procuratore di Chieti (per la quale concorreva, appunto, il procuratore di Vasto, poi nominato a Chieti). In alternativa, la comunicazione in plenum di una pratica pendente in altra commissione avrebbe consentito a tutti di valutare se rinviare o meno la decisione sulla nomina del direttivo, in attesa della definizione della pratica di uno degli aspiranti, al fine di poterne apprezzare la capacità organizzativa. Non se l’esito della nomina sarebbe cambiato, ma quel che è certo che il plenum avrebbe operato la scelta con maggiore consapevolezza. Simili considerazioni per la pratica di terza commissione relativa al fuori ruolo quale vicecapo DOG: se la definizione della pendenza della pratica di conferma, indicata in plenum come ricadente tra quelle “con criticità” fosse stata esitata per tempo, sarebbe stato indubbiamente arricchito il patrimonio di conoscenza del Consiglio. Il difetto di comunicazione tra commissioni per le tempistiche delle procedure, la mancata decisione per tempo delle pratiche pendenti e collegate tra loro, determina di fatto la mancata acquisizione del dato al fascicolo personale -dato che potrebbe essere sia positivo ma anche negativo- determinando così un vulnus di conoscenza di eventuali criticità, o di eventuali positività, che potrebbero rilevare ai fini delle adozioni di delibere di altre commissioni."
Le questioni che ci interessano
Ancora una volta al centro delle riflessioni sul funzionamento del CSM troviamo il tema dei modi e dei tempi di trattazione delle pratiche, quale premessa capace di incidere sul merito e sulla qualità delle medesime.
In entrambi gli esempi segnalati, viene naturale immaginare che la preventiva definizione delle pratiche inerenti, rispettivamente, il progetto organizzativo del Tribunale di Vasto e la preventiva conferma (o non conferma) del dirigente collocato fuori ruolo avrebbero potuto determinare decisioni differenti da quelle varate.
Ma qual è l’ordine di trattazione delle pratiche? E prima ancora, esiste un giusto ordine di trattazione delle pratiche consiliari? Il criterio cronologico è il metodo migliore, o ci sono rapporti di pregiudizialità logica? La macchina amministrativa è in condizione di offrire la migliore organizzazione dell’approccio a questo tema, o ci vogliono scelte esplicite e discrezionali? E se il criterio cronologico è il sistema migliore, lo è anche quando si tratta di pratiche che coinvolgono commissioni diverse?
Sembra di capire che negli esempi citati dal consigliere non sia stato seguito un criterio cronologico, ma, in definitiva, sullo sfondo troviamo ancora una volta il tema dell’esercizio della discrezionalità, stavolta una discrezionalità di metodo e non di merito, almeno in apparenza.
È nota l’apertura con cui magistratura democratica guarda al tema della discrezionalità delle scelte consiliari, tuttavia la premessa per valorizzarne il significato deve intendersi rigorosamente legata alla trasparenza del suo esercizio. Sarebbe, cioè, inaccettabile un governo improprio o sotterraneo dei tempi di trattazione delle pratiche e non sarebbe neppure meno doloroso constatare che i tempi di trattazione finiscano con l’essere determinati da pigrizie burocratiche o organizzative o, peggio ancora, da casualità.
Il tema, paradossalmente, è acuito dalla recente riforma, che ha riportato a 30 il numero dei consiglieri elettivi. Se, infatti, tale riforma ha avuto il merito di aumentare le energie dei componenti messe a disposizione del lavoro consiliare, ha inevitabilmente limitato la partecipazione dei consiglieri come componenti di più commissioni. Ciò rende assai meno circolare e diffuso il flusso di informazioni fra commissioni diverse, relegandolo al solo momento della discussione in plenum, quando le pratiche sono già istruite e pronte per essere definite; in tale sede, risulta più doloroso o stridente un ritorno della pratica in commissione in attesa della definizione di altra pratica, magari di non agevole o pronta definizione.
Tale difficoltà solo in parte può essere sopperita dalla partecipazione volontaria di ciascun membro ai lavori di altre commissioni, sia pure sobbarcandosi un incremento di lavoro e di fatica che non tutti sono disponibili a fronteggiare: far circolare informazioni e segnalare la pendenza di pratiche collegate pendenti presso altre commissioni può non essere sufficiente ad incidere sul più razionale o corretto ordine di trattazione.
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