Monetti, sentiamo parlare spesso di dimensione
europea della giustizia. Che tipo di presenza ha avuto Medel in quest’ambito negli ultimi anni?
Medel è presente e collabora
ormai da anni con il Consiglio d’Europa, nella preparazione di
documenti e testi in modo conforme alle prescrizioni della Convenzione Europea dei diritti dell’Uomo.
Tutto questo attraverso Comitati di Esperti che formulano testi
destinati a diventare raccomandazioni. Da un certo momento in poi
Medel ha cominciato a collaborare anche con l’Unione Europea e in
particolare con la Commissione. Anche in questo caso attraverso la presenza
nelle commissioni e nei comitati d’esperti. Un esempio classico di discorso sviluppato
culturalmente all’interno di Medel in questi anni
è quello sul ruolo del pm. Il pm ha un ruolo chiave
nell’amministrazione della giustizia penale. Pensiamo che in molti paesi, un
pubblico ministero che indebitamente blocchi l’accesso al giudice non commette nessuna violazione, formalmente
parlando, delle norme interne. In pratica, invece, non consente una piena tutela dei diritti. La discussione dentro Medel si è concentrata fin
dal primo momento sul problema della
indipendenza del pubblico ministero. Tutto questo ha dato vita a dichiarazioni, convegni, dibattiti. Negli ultimi anni questo impegno si sta traducendo anche in decisioni
formali, grazie alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo
che sta iniziando a recepire indicazioni che venivano dalla cultura
giuridica, dai magistrati in primo luogo. L’esempio ultimo a cui si
può fare riferimento, recentissimo, riguarda la Francia e in
particolare, il fatto che in Francia il pm dipende dal governo, dal
potere esecutivo. La Corte Europea dei diritti dell’Uomo ha ritenuto
che la Francia, con questo sistema di pubblico ministero, che dipende
dal ministro e non è invece autonomo e indipendente, ha violato e
sta violando l’art. 3 della Convenzione dei Diritti dell’Uomo, quello
che prevede che in caso di arresto, la persona debba essere
presentata davanti a un giudice o a un’autorità giudiziaria.
Qual è il
contributo di Magistratura Democratica all’interno di Medel?
La
condizione dei magistrati di essere nella loro esperienza
istituzionale più o meno indipendenti è qualcosa che si è riflesso
sulla presenza e sulla capacità di elaborare linee generali di
politica istituzionale e giudiziaria. All’interno di Medel, infatti, le associazioni più
importanti, più attive,sono Md, l’altra associazione italiana,
Movimento per la Giustizia, e i colleghi spagnoli e portoghesi.
Spagnoli e portoghesi che come noi hanno un sistema istituzionale
dove la magistratura, ivi inclusi i pubblici ministeri, è
certamente molto più indipendente che in tutti gli altri paesi
europei. Tutto questo ha fatto sì che nel dibattito e
nelle iniziative che Medel ha preso nel corso di
questi anni, una specie di ruolo “leaderistico” è da tempo
ormai coperto dalle associazioni di
Italia, Portogallo e Spagna. Non per niente io sono presidente di
Medel, prima di me era uno spagnolo e a sua volta la presidenza spagnola era stata
preceduta da un’altra presidenza italiana. Un riflesso esatto del ruolo della giustizia in questi tre
paesi.
Come
presidente uscente, che associazione lascia. Qual è lo stato di
salute di Medel?
In questi ultimi anni, non so se
sia stato merito mio o una pura serie di coincidenze, Medel è cresciuta
come numero di associazioni iscritte, in modo verticale. Le cifre
relative al 2006 parlano chiaro, siamo passati da 15 a 21 associazioni. Tenendo conto del fatto che
l’estensione non è soltanto numerica ma è anche geografica perché
siamo riusciti a entrare in contatto con i colleghi dell’allora
neocostituita prima associazione di magistrati in Turchia, un successo legato alla presidenza italiana e a quella spagnola
prima, perché la creazione della prima associazione di magistratiturchi aveva provocato al tempo reazioni durissime e non tutte conformi alle
stesse leggi turche, da parte del governo. Un’associazione cresciuta numericamente, che certamente è più conosciuta nelle sedi europee e istituzionali, anche fuori dall’Europa,
perché siamo presenti e attivi particolarmente nell’America del
Sud, dove esiste una nostra associazione
consorella che si chiama La
“Federación de Asociaciones de Jueces para la democracia de
Latinoamérica y del Caribe”. Tutto questo io lo considero un successo
del metodo italiano e delle due associazioni italiane.
Dall’osservatorio di Medel, date
un’occhiata alle vicende italiane e alle possibili riforme della
giustizia di cui si è parlato e si continua a parlare in questi
anni?
Può
immaginare, in un ambiente di magistrati, come tutto quello che
succede in Italia, in questi anni, sia conosciutissimo. A dire la verità la situazione della giustizia in altri
paesi europei o vicini all’Europa è drammatica, incredibilmente più
drammatica perché le mediazioni istituzionali in quei casi saltano o non ci sono proprio. Quindi c’è da esprimere aiuto, sostegno e
quant’altro. Per quanto riguarda l’Italia, Medel ha per lunghi anni
espresso solidarietà ai magistrati italiani, ha scritto al Consiglio D’Europa e all’Unione Europea per
segnalare e protestare contro tutto quello che succedeva, in violazione di norme europee
fondamentali, contro l’indipendenza e la dignità stessa dei
magistrati italiani.
Quali sono gli altri
temi di cui si è occupata Medel negli ultimi anni?
Per festeggiare i 25 anni di vita (nel 2010 ndr),
abbiamo organizzato due dibattiti. Il primo a Bruxelles. Deve sapere, che Medel è nata in una riunione che fu organizzata
a Strasburgo, nella sede del Parlamento Europeo. Ci è sembrata una
scelta simbolica importante quella di riunirci questa volta a Bruxelles. L’abbiamo
ripetuta dopo un mese, in Romania, a Cluj. I discorsi fatti in quelle sedi sono stati tutti rivolti alla questione della crisi
dell’economia e ai suoi riflessi sulla tutela dei
diritti e sull’amministrazione della giustizia, a causa delle
restrizioni imposte al bilancio. Questo è stato uno dei temi principali. Un altro argomento su cui abbiamo particolarmente insistito è la difesa dell’indipendenza della magistratura in
singoli paesi.Siamo impegnati ormai da due anni e mezzo per
difendere le posizioni dei colleghi della Serbia: giudici e pubblici ministeri. Medel, infatti, si è spostata geograficamente
nel corso di questi anni fino a includere, sempre di più, colleghi
delle “giovani” democrazie europee. Ma non è detto che
essere paesi di nuova democrazia significhi che le cose vadano
meglio per quanto riguarda la giustizia e l’indipendenza dei
magistrati. In Serbia grazie a un accordo spartitorio
tra partiti politici, maggioranza e opposizione, con il pretesto
che si era fatta una riforma della Costituzione, tutti i magistrati
sono stati considerati come non più in servizio, come se dovessero
ricominciare daccapo. Quello che sarebbe dovuto succedere in Italia
nell’immediato dopoguerra, o se ci fosse oggi una nuova
norma costituzionale. La rassicurazione che il potere politico
aveva dato a questi magistrati era stata “non vi preoccupate, sarà un fatto
puramente formale”. Tanto poco formale è stato, che a
un certo momento, la maggior parte dei membri dei direttivi delle
associazioni dei giudici e dei procuratori sono stati ritenuti non
idonei a continuare la loro attività. Dal novembre
2009 stiamo insistendo in tutte le sedi possibili perché questa
situazione di illegalità cessi. Ci sono incontri e pressioni. La
Serbia ha chiesto di entrare nell’Unione Europea, ed è per questo
che noi stiamo cercando di esercitare, uso quest’espressione in senso
virtuoso, un’azione di lobbying in favore dei colleghi, insistendo sia nei confronti
della Commissione Europea, sia indirettamente nei confronti del
Parlamento Europeo perché la Ue blocchi i negoziati con il governo
della Serbia, sino a quando questi licenziamenti illegali dei
magistrati non saranno cessati. Finora un relativo successo si è avuto
nel fatto che almeno i licenziamenti non sono stati completamente
confermati e c’è una situazione così di limbo.
Dalla Serbia siete arrivati fino all’Honduras
Si tratta di un’altra
esperienza di questo tipo. In certi sistemi, non quello italiano, è
possibilie intervenire nei procedimenti giudiziari a sostegno di una
della parti, anche se non si ha un interesse giuridico diretto e
immediato, esprimendosi in forma di amicus curiae. Sempre con
quest’idea di fare un’azione di lobbying “virtuoso”, insieme con la nostra associazione consorella latinoamericana,
stiamo sostenendo da qualche anno le sorti dei colleghi dell’Honduras,
dove in seguito al colpo di stato e con l’avallo formale della Corte
Suprema, un organismo di nomina governativa, diversi magistrati responsabili dell’associazione della categoria sono stati brutalmente licenziati. Quando hanno presentato ricorso alla Commissione Interamericana dei diritti umani, noi siamo intervenuti
depositando una memoria come amicus curiae a sostegno delle tesi e delle ragioni dei nostri colleghi.