ROMA –
L’intervento a firma
di due prestigiosi economisti, Alesina e Giavazzi, sulla
lunghezza delle cause civili comparso domenica su “corriere.it”,
merita una breve risposta.
Comincerei col mettere
in evidenza la sproporzione che esiste fra le conclusioni
schematiche, e un po’ semplicistiche, proposte dagli autori e
l’analisi articolata che le precede, in esito alla quale ci saremmo
aspettati ben altri suggerimenti che una tirata di orecchie ai
presidenti dei tribunali e un futuribile blocco del numero degli
avvocati, che comunque non diminuirebbe.
Anche le analisi
formulate nell’articolo meritano qualche critica per il taglio
parziale che le contraddistingue.
Sul versante delle
risorse sarebbe necessario verificare quanta parte delle somme messe
a bilancio per la giustizia con la legge finanziaria viene
effettivamente destinato agli uffici giudiziari (molto meno della
media europea- fonte Cepej 2010), così come sarebbe necessario
vedere come quelle somme vengono utilizzate. Nessun Paese europeo
spreca tanti soldi quanto l’Italia per tenere aperti uffici
giudiziari sotto utilizzati o addirittura di nessuna utilità
effettiva. Ad esempio, rinunciando ai soli uffici del giudice di pace
che gestiscono pochissimi processi l’anno (qualcosa come 200 sul
totale di 840) si potrebbero risparmiare ogni anno 60 milioni di euro
e impiegare meglio personale e risorse pari ad altri 40. Rivedendo il
numero dei tribunali si recupererebbero risorse fondamentali, oltre a
risparmiare anche in questo caso decine di milioni di euro annui. Né
possiamo dimenticare che dopo 15 anni di blocco del turn over del
personale amministrativo, l’amministrazione si trova con un
personale ridotto nel numero e di età media molto alta (53 anni);
condizioni che, unite alla mancanza di aggiornamento professionale,
ostacola ogni serio progetto di innovazione e di utilizzo moderno
delle tecnologie. Se a questo aggiungiamo che la mirabolante
“digitalizzazione” della giustizia è solo un proclama
sconosciuto alla maggioranza assoluta degli uffici giudiziari, il
quadro dell’esistente assume un segno con cui deve fare i conti
chiunque voglia interessarsi di giustizia.
Sul versante del lavoro
dei giudici, i dati ci dicono che i giudici italiani producono un
numero di sentenze quasi doppio di quelli dei principali Paesi
europei (fonte Cepej 2010) e che ogni paragone è falsato dal numero
abnorme di cause che vengono iniziate ogni anno e si aggiungono a
quelle già in corso. Un numero così alto che incide sulla capacità
dei giudici di organizzare il proprio lavoro in modo razionale ed
efficace, e questo rende problematico anche solo sperimentare
l’ipotesi di lavoro formulata da Andrea Ichino ed altri..
Inoltre, chi intende
capire le cause della lunghezza dei processi civili non può
dimenticare che le regole del processo non solo non aiutano una
tempistica serrata, ma sono state modificate così tante volte da
ostacolare una programmazione efficace del lavoro.
La magistratura da molti
anni dialoga con esperti di altre discipline per cercare di capire i
difetti del sistema giustizia e concorrere a migliorarli, nella
convinzione che gli apporti esterni siano fondamentali per
innovazione e miglioramento. Dai nostri interlocutori ci aspettiamo
analisi puntuali e proposte che vadano al cuore dei problemi, per
quanto scomode quelle proposte possano essere per le abitudini e le
scelte della magistratura .
Se bastasse qualche
presidente di tribunale “intelligente” in più saremmo i primi ad
esserne contenti. Purtroppo, anche i presidenti intelligenti
incontrano mille difficoltà e non riescono a dare una risposta
definitiva ai ritardi delle decisioni: questa potrà venire solo da
uno sforzo coordinato e onesto che affronti i nodi essenziali. Da
tempo la magistratura chiede cose assolutamente fattibili:
semplificazione delle regole del processo; eliminazione della domanda
di giustizia “anomala”; revisione delle circoscrizioni
giudiziarie e riduzione del numero degli uffici; eliminazione degli
sprechi e migliore distribuzione delle risorse; presenza di
assistenza qualificata ai giudici; efficace innovazione tecnologica.
Negli ultimi 10 anni niente (o assai poco) di tutto questo è stato
fatto. Da qui, secondo me, ogni analisi dovrebbe partire.
Luigi Marini –
magistrato