Nei prossimi
giorni la Camera dei deputati discuterà e probabilmente approverà una nuova
legge sulla tortura. Il 14 giugno scorso, al termine di un importante convegno
a Roma dal titolo «Legittimare la
tortura?», avevamo firmato e diffuso un appello ai parlamentari, per
invitarli a non votare il testo uscito dal Senato (e sconfessato dal primo
firmatario della versione iniziale, Luigi Manconi), perché confuso,
inapplicabile e controproducente. Invitavamo i deputati a tornare alla
definizione del crimine scritta nella Convenzione Onu contro la tortura, cioè
la versione più seria, equilibrata e condivisa al momento disponibile.
Il nostro
appello non è stato preso in considerazione e sono stati anche ignorati, ed è
ben più grave, il preciso e pressante invito − reso noto il 21 giugno − del Commissario
europeo per i diritti umani, Nils Muižnieks, a cambiare il testo di legge,
nonché le prescrizioni della Corte europea dei diritti umani contenute nella
sentenza Cestaro contro Italia (sul caso Diaz) dell’aprile 2015 e ribadite con
la nuova condanna inflitta all’Italia dalla Corte il 22 giugno scorso. È stato
ignorato anche l’appello di undici giudici e magistrati del tribunale di Genova
coinvolti negli scorsi anni nei processi per le torture nella Scuola Diaz e
nella Caserma di polizia di Bolzaneto: il testo in esame − hanno scritto il 26
giugno alla presidente della Camera − non sarebbe applicabile alla maggior
parte dei casi che abbiamo esaminato e che la Corte europea qualifica come
tortura.
Si profila un
esito legislativo disastroso e siamo perciò rammaricati che in queste settimane
gli autorevoli appelli appena citati siano caduti del vuoto; se fossero stati
sostenuti da una decisa azione della cittadinanza attiva e da un’adeguata
attenzione dei mezzi di comunicazione, forse il Parlamento li avrebbe presi in
considerazione, riportando così il nostro Paese lungo la via maestra della
tutela effettiva dei diritti fondamentali.
Non è accaduto
e ne portiamo tutti la responsabilità: si è purtroppo creato nel Paese un clima
di desistenza e rassegnazione al peggio che non può portare niente di buono. I
deputati stanno per approvare una norma-feticcio, che porta il titolo «legge sulla tortura» ma non ne ha la
sostanza: davvero basta la parola, come sostiene ad esempio la sezione italiana
di Amnesty International?
Noi non
crediamo che sia così e anzi spiace e amareggia che un’organizzazione come
Amnesty International si attesti su posizioni tanto arrendevoli e così in
contrasto con le importanti e coraggiose prese di posizione italiane e
internazionali degli ultimi giorni. Noi, come il commissario Muižnieks, come la
Corte di Strasburgo, come i giudici genovesi e molti altri, pensiamo che la prevenzione
e la punizione degli abusi di potere siano questioni troppo importanti per
essere ridotte a giochi di parole e a compromessi al ribasso che svuotano di
senso provvedimenti normativi attesi da trent’anni.
Il Parlamento
si appresta a compiere un passo falso che non farà certo avanzare la tutela dei
diritti fondamentali e la qualità della nostra democrazia.
3 luglio 2017
Lorenzo
Guadagnucci, Arnaldo Cestaro, Enrica Bartesaghi, Comitato Verità e giustizia
per Genova
Enrico Zucca,
sostituto procuratore generale a Genova, già pm nel processo “Diaz”
Roberto
Settembre, già giudice nel processo d’appello per i fatti di Bolzaneto
Ilaria Cucchi e
Fabio Anselmo, associazione Stefano Cucchi
Michele
Passione, avvocato del foro di Firenze
Adriano
Zamperini, università di Padova, autore di “Violenza e democrazia”
Marialuisa
Menegatto, università di Padova, autrice di “Violenza e democrazia”
Marina Lalatta
Costerbosa, università di Bologna, autrice di “Il silenzio della tortura”
Donatella Di
Cesare, università di Roma La Sapienza, autrice di “Tortura”
Tomaso
Montanari, presidente Libertà e Giustizia
Riccardo De
Vito, presidente di Magistratura democratica
Mariarosaria
Guglielmi, segretario generale di Magistratura democratica
Vittorio
Agnoletto, già portavoce del Genova Social Forum
Pietro Raitano,
direttore, e la redazione della rivista Altreconomia