SSM
La Scuola che verrà
La Scuola Superiore della Magistratura è il baluardo insostituibile dell’indipendenza culturale della magistratura e il cardine della formazione, attività che tocca aspetti fondamentali del modo di essere dei magistrati e che concorre a rafforzare la legittimazione dell’intera magistratura, attraverso l’arricchimento costante e continuo della professionalità dei singoli.
La Scuola rappresenta un luogo di crescita culturale collettiva, dove si formano le nuove generazioni di colleghi e dove tutti si confrontano con saperi alti e altri.
L’attività di formazione, non circoscritta alla tecnica e alla perfetta esegesi della norma o all’apprendimento delle tecniche organizzative, deve rispecchiare la complessità del ruolo assunto dalla giurisdizione nel circuito istituzionale e nella società.
Nella difficile fase che stiamo vivendo, la Scuola avrà un ruolo decisivo nel processo di “rigenerazione” etica e culturale che oggi impegna tutta la magistratura associata e il suo sistema di autogoverno.
E nel dibattito sulle importanti riforme che si annunciano – dal processo penale e civile alla crisi d’impresa, dalla separazione delle carriere alla complessa tematica dei diritti fondamentali e delle tutele agli stessi apprestate – la Scuola sarà chiamata a garantire una formazione in grado di originare domande di senso e a formulare risposte su ciò che la magistratura vuole essere, tenendo conto anche dei passaggi giurisprudenziali epocali, correlati al dibattito multilivello tra Corti nazionali e sovranazionali, e delle trasformazioni della contemporaneità che retroagiscono anche sulla magistratura.
Obiettivi ambiziosi e alti, perché alta è la posta in gioco.
La formazione iniziale e permanente dei magistrati – di cui il Consiglio deve farsi carico, ferma l’autonomia della Scuola – dovrà giovarsi non solo della pluralità di competenze, ma anche del pluralismo culturale, perché senza di esso è ben difficile perseguire l’obiettivo di formare un magistrato “costituzionale”, in grado di affrontare le antiche e nuove sfide che attendono la giurisdizione.
Il rinnovo del Comitato direttivo rappresenta, dunque, un passaggio rilevante sotto vari profili, specie per la complessità delle valutazioni da operare, implicanti bilanci e prospettive, sulla base del progetto di formazione che si intende realizzare.
Attraverso la selezione di sei magistrati e di un professore universitario, infatti, il CSM concorre a dare gambe a un progetto, ponendo le basi per un’attività formativa che guardi agli alti principi che devono ispirarla e alle priorità individuate.
Una scelta non “neutra”, questa, perché contribuisce a dare concretezza alla visione che il Consiglio ha della Scuola e del ruolo che deve svolgere la formazione rispetto alle esigenze dei magistrati e alle sfide, attuali e future, che si porranno per la giurisdizione.
Si tratta, dunque, di un momento particolarmente significativo e qualificante di esercizio delle prerogative conferite al CSM in questo ambito.
Dalla delibera approvata – che di tali prerogative è esercizio – si comprende che il Consiglio ha operato la selezione in modo da assicurare la presenza di saperi, provenienze territoriali e competenze diversificate e complementari nel nuovo Comitato direttivo; e che ha deciso di non procedere alla comparazione, prevedendo al contempo – ai fini di un’auspicata maggiore trasparenza della scelta operata fra tanti e così rilevanti profili – la pubblicazione, sul proprio sito, dei curricula di quanti alla selezione hanno partecipato.
Una scelta di trasparenza che, tuttavia, non supplisce all’assenza di indicazioni più utili a chiarire il percorso di selezione intrapreso, dapprima per individuare ventidue magistrati per l’audizione e, successivamente, per designare tra questi i sei componenti del Comitato, partendo dai numerosi aspiranti (novantatré in totale), molti dei quali ritenuti portatori di profili assai elevati e, comunque, di indiscusso valore e di riconosciuta competenza, anche nell’ambito della formazione.
Il dibattito svoltosi in assemblea plenaria sulla proposta avanzata, all’unanimità, dalla commissione e i resoconti dei componenti consiliari, infatti, non restituiscono all’esterno la complessità delle valutazioni compiute e l’importanza che queste rivestono rispetto alla visione che il CSM ha della formazione e all’investimento che intende compiere sulla Scuola, come luogo di crescita culturale per l’intera magistratura.
La scelta, poi, di una procedura diversa dalla prassi adottata sinora dal Consiglio nell’individuare il professore universitario – che ha portato prima alla designazione a Presidente della Scuola del prof. Onida ed in seguito del prof. Silvestri – è stata motivata con la garanzia di maggiore trasparenza assicurata dall’interpello.
La base di quella diversa prassi risiedeva nella necessità per il CSM di contribuire ad assicurare la presenza, nel Comitato direttivo, di figure di nomina consiliare che fossero espressive, al massimo livello, di un profilo di rappresentanza esterna e di una marcata visibilità, non soltanto in ambito accademico, ma anche, e soprattutto, in ambito istituzionale, e per questo necessariamente non soggette alla selezione attraverso una valutazione comparativa dei singoli curricula e dei titoli comprovanti lo spessore accademico posseduto.
Anche rispetto alla scelta dell’interpello, perciò, pensiamo che sarebbe stato importante far emergere più chiaramente le ragioni del cambiamento e la visione che il Consiglio ha del ruolo di Presidente della Scuola e dei profili rilevanti per ricoprirlo – ferma l’autonomia del Comitato direttivo nella designazione di chi tale ruolo andrà a ricoprire, e indipendentemente dalla scelta alla quale si perverrà dopo le indicazioni dei componenti da parte del Ministro.
Proponiamo queste riflessioni nell’ottica di contribuire ad un forte investimento culturale sulla Scuola da parte dell’autogoverno e della magistratura tutta.
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