La necessità della pace. La necessità del diritto

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La necessità della pace. La necessità del diritto


Dinanzi a situazioni che violentano e terrorizzano i popoli e scuotono le coscienze e il senso di umanità più elementare, nessuna persona può girare lo sguardo altrove: men che meno i giuristi, per quanto complesse e intricate siano le questioni che chiamano in causa non solo la politica e l’etica, ma anche il diritto, portatore di razionalità, di equilibrio e di moderazione nella regolazione dei rapporti di forza al fine di evitare la deflagrazione e l’aggravamento di conflitti sino ad esiti catastrofici per il mondo intero.


Dopo l’orrore e le decine di milioni di morti delle guerre mondiali e dell’Olocausto, i popoli delle Nazioni Unite statuirono un patto che dette vita a un nuovo paradigma di diritto internazionale affinché ciò che era accaduto non accadesse mai più. Se i limiti e i vincoli che scaturiscono da quel patto diventano irrilevanti, è la stessa sopravvivenza dell’umanità che viene messa a rischio.


L’Organizzazione delle Nazioni Unite è stata fondata al fine di creare le condizioni in cui i diritti umani, la giustizia e il rispetto degli obblighi derivanti da quel solenne MAI PIÙ potessero divenire effettivi al fine di mantenere la pace e la sicurezza internazionale, mettendo al bando la guerra e la forza delle armi, salvo che nell’interesse comune per ristabilire il diritto internazionale. 


Sono state istituite Corti internazionali per garantire il rispetto del diritto e dei trattati e accertare le responsabilità di chi li viola, mettendo a repentaglio il rispetto dei diritti umani e la pace: la Corte Internazionale di Giustizia, competente per la responsabilità degli Stati; la Corte Penale Internazionale, competente per la responsabilità dei singoli individui.


La coscienza e la responsabilità dei giuristi non possono tacere di fronte ai crimini gravissimi contro l’umanità commessi nei territori di Israele e Palestina.


Il 7 ottobre 2023 Hamas, che governava nella striscia di Gaza, ha massacrato orrendamente 1.200 civili inermi. E’ seguita una reazione del governo israeliano che ha posto quale unico obiettivo l’annientamento della minaccia terroristica di Hamas, senza alcun riguardo per la popolazione civile, colpita indiscriminatamente, con decine di migliaia di vittime, tra cui moltissimi bambini, e il blocco degli aiuti umanitari nel territorio di Gaza.


Il diritto internazionale oltre che l’umana pietà, impongono alla comunità internazionale e a tutti gli Stati che hanno aderito alle Nazioni Unite di fare tutto il possibile per fare cessare la voce delle armi, riaffermando la voce del diritto e il rispetto della vita e della dignità delle persone.


La Corte Internazionale di Giustizia, con l’ordinanza del 26 gennaio 2024, ha adottato misure cautelari nei confronti dello Stato di Israele, accusato con ricorso del Sud Africa di violazioni della Convenzione contro il crimine di genocidio.


La Corte ha sottolineato che tutte le parti in conflitto nella Striscia di Gaza sono vincolate dal diritto internazionale umanitario e ha rappresentato la grave preoccupazione per la sorte degli ostaggi rapiti durante l'attacco in Israele del 7 ottobre 2023 e detenuti da allora da Hamas e altri gruppi armati, chiedendo il loro rilascio immediato e incondizionato.


Pur non avendo stabilito, allo stato degli accertamenti, la sussistenza del crimine di genocidio, la Corte ha evidenziato l’esistenza di un rischio “reale e imminente” di un “danno irreparabile” per la popolazione di Gaza, valutando che le condizioni di vita imposte ai palestinesi, l’impossibilità di apprestare assistenza e cure, il numero enorme di vittime tra donne e bambini, fanno rientrare la situazione della striscia nell’ambito della Convenzione sul genocidio.


La plausibilità della prospettazione del crimine di genocidio, il più grave dei crimini internazionali, ha motivato l’applicazione di misure cautelari per garantire l’ottemperanza di Israele agli obblighi della Convenzione e impedire pregiudizi irreparabili, prima che “la catastrofica situazione umanitaria nella Striscia di Gaza rischi seriamente di deteriorarsi ulteriormente prima che la Corte emetta la sua sentenza definitiva”.


Il provvedimento del 26 gennaio 2024 ordina a Israele di impedire la commissione di tutti gli atti che rientrano nel campo di applicazione dell’articolo II della Convenzione (tra cui uccisioni, gravi lesioni, inflizione di condizioni di vita che determinano la distruzione fisica). Israele dovrà garantire con effetto immediato che le sue forze militari non commettano nessuno degli atti sopra descritti, e adottare tutte le misure a sua disposizione per prevenire e punire l’istigazione diretta e pubblica di atti di genocidio contro il gruppo palestinese. Si impone ad Israele di adottare immediate misure per consentire la fornitura di servizi di base e assistenza umanitaria in favore dei palestinesi, nonché di predisporre misure efficaci per prevenire la distruzione e garantire la conservazione delle prove relative all’accusa di genocidio.


L’adempimento di quanto prescrive l’ordinanza costituisce un vero e proprio obbligo internazionale per lo Stato di Israele, ma anche per tutti gli Stati aderenti alla convenzione, che debbono adoperarsi perché la sentenza della Corte venga effettivamente rispettata.


Anche la Procura presso la Corte Penale Internazionale si è mossa, sia in relazione al massacro perpetrato da Hamas che alla reazione di Israele. Il Procuratore capo della Corte ha evidenziato che  anche impedire l’arrivo degli aiuti umanitari costituisce un crimine e ha manifestato preoccupazione per l’annuncio dell’offensiva israeliana a Rafah.


Siamo consapevoli che le questioni della pace e della guerra non si possono certo risolvere con la semplice invocazione delle regole. La pace può essere costruita solo con un grande rilancio del diritto delle persone e del diritto dei popoli, dei principi della democrazia in tutti i paesi, con una grande e diffusa mobilitazione culturale e sociale volta al rispetto della dignità e dell’uguaglianza dei popoli. 


Ma il ruolo dei giuristi non è marginale. Essi possono, e perciò devono, concorrere al difficile ed enorme lavoro per contrastare la deriva culturale, politica e istituzionale che il clima di guerra ha innescato, con rischi di travolgimento di ogni regola di diritto e di elementare umanità. E ciò possono fare assolvendo, innanzitutto, al compito di demistificazione del linguaggio bellico per restituire senso e scopo alle regole giuridiche e alle finalità delle istituzioni internazionali al fine di mantenere indenne la possibilità stessa del diritto di orientare la condotta degli Stati, oltre a quella degli individui e dei popoli.


L’eclissi del diritto come criterio di orientamento della condotta degli Stati non solo compromette la convivenza pacifica nelle relazioni internazionali, ma rischia di determinare anche l’appannamento del ruolo e del senso del diritto interno come criterio di orientamento delle condotte dei cittadini di fronte ai conflitti prodotti dalle tante crisi che minano la coesione e il senso di comune appartenenza alla civiltà umana.


La comunità dei giuristi e i magistrati che la compongono non possono rimanere silenti. 


Partendo da ciò che sta accadendo - auspicando la liberazione degli ostaggi ancora sequestrati da Hamas e l’immediato “cessate il fuoco” - come giuristi ci preme promuovere un momento di riflessione sulla tragedia in atto, da svolgere insieme ad esponenti della società civile, dell’accademia ed esperti di diritto internazionale, così da proporre all’opinione pubblica le ragioni del diritto e della pace e gli strumenti praticabili di effettiva tutela dei diritti umani nell’ambito dei conflitti.


Perché crediamo che, anche nelle relazioni internazionali, il diritto possa e debba essere strumento di garanzia.

 

L’Esecutivo di Magistratura democratica


19 febbraio 2024

20/02/2024

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