Comunicati
La giustizia, le critiche, le persone. La necessaria tutela di un bene comune
Si ripetono con preoccupante frequenza e con crescente aggressività violente intimidazioni a chi - con diversi ruoli - assume su di sé il peso di vestire la toga.
Tra gli ultimi: i pubblici ministeri di Palermo, i giudici che si occupano di immigrazione, l’Avvocato Caruso, “reo” di aver difeso chi si ritiene non debba esserlo; e i molti casi precedenti.
I toni sono sempre più violenti. La razionalità degli argomenti cede il passo alla forza emotiva delle suggestioni e delle illazioni. Il confronto di opinioni si polarizza in tifoserie contrapposte.
Qualcuno paga prezzi elevati.
L’amministrazione della giustizia - che non può prescindere dall’indispensabile contributo dialettico della Difesa - non è cosa separata dalle tensioni che attraversano la nostra comunità. È per questo che l’amministrazione della giustizia accende le nostre passioni. È per questo che l’amministrazione della giustizia non può essere una cosa “sacra” e separata dalla società civile.
È per questo che l’amministrazione della giustizia ha indispensabile bisogno del controllo e della critica dell’opinione pubblica.
È per questo che i provvedimenti giudiziari debbono essere motivati: perché tutti – giuristi e non – hanno il diritto di capire e perché tutti abbiano la possibilità di criticare.
Ma l’amministrazione della giustizia è anche un bene comune. È necessario avere cura di questo bene comune: che è un mondo fatto di persone - avvocati, pubblici ministeri, giudici, cancellieri – alle quali si deve potere guardare con fiducia. Averne cura è necessario non solo per il doveroso rispetto dovuto a ogni essere umano (in primo luogo alle persone coinvolte nei processi) ma anche per consolidare la fiducia che si deve nutrire verso una funzione al servizio di tutti e di ciascuno.
Criticare una sentenza non solo è legittimo, ma è addirittura doveroso, perché, auspicabilmente, la critica razionale e fondata su argomenti renderà migliori le decisioni successive.
Ma attaccare un avvocato, un pubblico ministero, un giudice per il solo fatto di avere preso posizioni sgradite a chi urla; attaccarlo per il solo fatto di avere svolto il suo lavoro, accusandolo di avere tradito l’alto senso della sua funzione (sia essa difensiva, requirente o giudicante) serve solo a costruire un nemico e a minare la fiducia nella giustizia.
Nell’ esprimere solidarietà a chi è vittima di attacchi e minacce inaccettabili, auspichiamo che - senza mai rinunciare al confronto di idee e al diritto di critica - chiunque assume la responsabilità di “prendere la parola” lo faccia avendo a cuore la tutela di un bene comune, la giustizia, al servizio di tutti e di ciascuno.
L’Esecutivo di Magistratura democratica
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