L'iniziativa

Padova, visita in carcere

Il racconto di uno dei magistrati presenti

di Lorenzo Miazzi (portavoce di Dialogo per la Giustizia)

È stata un’esperienza in alcuni momenti traumatica, in altri
confortante.

La visita al carcere di Padova organizzata da Dialogo per la Giustizia il 22 dicembre
non è stata una giornata persa per un giudice,
ma una giornata costruttiva,
nel significato più profondo della parola, una giornata di vera, intensa, a
tratti cruda formazione professionale e personale. E anche espressione di una scelta di associazionismo non chiuso in
se stesso
ma attento a tutte le implicazioni della giurisdizione.

In un momento in cui da più parti
si denuncia l’intollerabilità delle condizione carcerarie, la visita alle
istituzioni detentive è anche uno stimolo alla riflessione sulla concezione
della propria  funzione: se se ne ha una
limitata visione burocratica, per cui ciò che avviene fuori della mia scrivania
non mi riguarda, o al contrario se vi è la consapevolezza che gli effetti
dell’attività del giudice non cessano quando, pronunciando “In nome del popolo
italiano”, egli emette la sentenza di condanna: ma riguarda il giudice (e tutto il popolo italiano nel nome del quale la
sentenza è emessa) il modo e il luogo in cui la condanna viene eseguita.
Per
avere questa consapevolezza diventa necessaria una più completa percezione di
cos’è e di cosa può essere la “detenzione”, e di come siano le situazioni
concrete e contingenti a determinare una valenza criminogena del carcere o,
viceversa, un’occasione effettiva di recupero sociale.

Una visita dunque non con finalità
ispettive, che non sono di nostra competenza, ma di conoscenza e formazione,
che si intende estendere alle altre realtà del Veneto.

In questa prima visita, alla quale
hanno partecipato venti magistrati, erano presenti tutte le funzioni: pubblici
ministeri, giudicanti di primo e secondo grado e di legittimità, un magistrato
in tirocinio e anche tre giudici onorari, perché anch’essi – per i quali la già
scarna attività formativa non prevede la fase dell’esecuzione – sono  una parte ormai numericamente importante
dell’attività giurisdizionale e della “fabbrica” delle condanne..

LA CASA CIRCONDARIALE

La prima parte della visita si è
svolta nella casa circondariale di Padova, l’istituto che dovrebbe ospitare i
reclusi in attesa di giudizio e con condanne inferiori a 5 anni, e in cui sono presenti attualmente 228 detenuti a
fronte di una capienza regolare di 90.

La direttrice del carcere e gli educatori, prima di
accompagnarci all’interno, ci hanno spiegato le difficoltà logistiche derivanti
dal sovraffollamento e quelle nella gestione dell’istituto conseguenti ai tagli
dei fondi: la minore presenza di educatori, la riduzione di attività di
sostegno e di occupazione dei carcerati, la cessazione di un  servizio – quello di assistenza psicologica
all’ingresso – particolarmente importante in un istituto in cui entrano quotidianamente
persone provenienti dallo stato di libertà, e che ora non potrà più essere
effettuato giornalmente.

Il percorso
all’interno della casa circondariale è stato tutto caratterizzato dal segno del
sovraffollamento:
dal cortile per le ore d’aria, utilizzato a turno e con
troppe persone, al campetto per il calcio conteso dai detenuti. Soprattutto la
visita all’interno delle sezioni è stata traumatica. In celle di pochi metri
quadrati, che dovrebbero contenere quattro detenuti in due letti a castello
doppi, vi sono ordinariamente nove persone, in tre letti a castello tripli. Non si può descrivere quanto visto. La
presenza di tre file di letti che arrivano al soffitto toglie ogni spazio
comune e trasforma le celle in una specie di archivio umano, dove al posto
delle scaffalature con i fascicoli ci sono i letti con i detenuti. In alcune
celle vi è un decimo detenuto, il cui materasso è per terra e di giorno viene
messo sotto uno dei letti, per essere tirato fuori durante la notte.

La mancanza di
attività durante il giorno costringe i detenuti a rimanere chiusi in queste
celle
sovraffollate, seduti sui letti, in stanze davvero fredde nonostante
il riscaldamento acceso, perché con una tale densità di persone è necessario
tenere aperte sempre le finestre. Conseguenza paradossale del sovraffollamento
è l’impossibilità o la difficoltà di tenere aperte le celle nei reparti (a
differenza di quanto avviene all’interno della Casa di Reclusione) per motivi
di sicurezza e per la carenza di personale, in una sorta di “volano” negativo
che peggiora la condizione quotidiana dei reclusi. In questo carcere non manca
solo una minima funzione educativa, ma la permanenza è segnata da una
sofferenza inutile. Diventa comprensibile che la giustizia europea (nella
sentenza Sulejmanovic), in relazione alle condizioni delle carceri italiani
abbia parlato di tortura e trattamento disumano e degradante.

LA CASA DI RECLUSIONE

Diversa la situazione nella casa di reclusione. Qui la
definitività della pena consente di avviare percorsi di riabilitazione. Il tratto principale della visita è la
presenza di attività lavorative anche sorprendenti:
non solo l’ormai famosa
pasticceria, o il montaggio delle bici etc., ma anche cose che non ti aspetti, come
il call center che svolge attività anche per il CUP dell’Ospedale di Padova.

Anche nella casa di reclusione il problema del sovraffollamento è grave, con 826 unità presenti su 439
posti
: la conseguenza è che le attività lavorative, educative, di servizio,
tengono impegnati solo 400 detenuti, il resto rimane nelle celle. Tuttavia
queste ultime, che dovrebbero essere singole sono abbastanza ampie da essere
accettabili anche in presenza di due detenuti; risultano invece inadeguate e la
permanenza è molto difficile nei casi (per fortuna pochi) in cui i detenuti sono
tre.

Le condizioni della casa di reclusione sono in generale
assai migliori: in particolare non vi è quella tensione e quel senso di
oppressione onnipresente nella casa circondariale. Le celle durante il giorno sono aperte e ciò permette ai reclusi una
maggiore socializzazione.
E’ significativa (e ha una notevole ricaduta
positiva sui reclusi) l’opera di raccordo
con l’esterno
, attraverso un’attività editoriale di qualità e pressoché
quotidiani contatti con gruppi di studenti che si recano in visita.

IL SENSO DI QUESTA
ESPERIENZA

Due sono gli insegnamenti principali che abbiamo riportato
da questa visita. Il primo è che occorre
tornare a reinvestire sulla funzione educativa della pena e sulle misure
alternative
, riscoprendo anche il senso degli istituti premiali previsti
dall’ordinamento penitenziario, nell’esercizio di un’attività di prevenzione
che le esperienze sinora effettuate hanno dimostrato efficace (una ricerca del
DAP ha dimostrato che la recidiva e del 62,5% in chi espia interamente la
sanzione in carcere; del 18,5% in chi usufruisce di misure alternative). Il
secondo è che occorre ripensare anche
alle modalità di ingresso,
verificando e cercando più assiduamente la
possibilità di misure alternative anche in fase cautelare. Bisogna anche
ripensare ai tempi processuali, che
occorre abbreviare il più possibile nei processi che riguardano detenuti per
giungere quanto prima alla definizione della posizione dell’imputato.

Di questa esperienza, di quello che abbiamo visto, delle discussioni
che abbiamo fatto fra noi e con gli operatori carcerari e i detenuti,
intendiamo riportare il senso fra i magistrati, perché riteniamo necessaria una
riflessione anche su quanto avviene fuori delle nostre aule.

09/01/2012

Articoli Correlati

Articolo comparso su "Il Manifesto" del 15 agosto 2023

Dentro le mura devono entrare i diritti. Non servono più spazi, ma più operatori

Universo recluso Un carcere con una media di un funzionario giuridico-pedagogico ogni 71 detenuti, con picchi di un educatore ogni 379 non può conoscere le persone, prenderle in carico con efficacia

Editoriale

Ordine pubblico democratico

In questi giorni le notizie di cronaca hanno riportato una serie di episodi che richiamano la nostra attenzione sull’uso legittimo della forza pubblica e sul concetto di ordine pubblico.

“Il grado di civilizzazione di una società si misura dalle sue prigioni”(Dostoevskij)

La Casa Circondariale di Napoli Poggioreale “Giuseppe Salvia”

Il luogo di detenzione non è solo quello dove un individuo deve scontare la sua pena, ma un luogo dove, come ci insegna la Costituzione, bisogna predisporre tutti gli strumenti idonei per offrire, a chi ha sbagliato, nuove possibilità di reinserimento sociale, al fine di scongiurare che ritorni a delinquere e per tutelarne sempre la dignità e la salute psicofisica. 

Carcere

Il Dap: una realtà complessa

Il Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria è una realtà estremamente complessa, senza eguali rispetto alle altre articolazioni del Ministero della Giustizia: sia per il suo enorme budget, pari a oltre 3 miliardi e 200 milioni di euro, pari a circa metà dell’intero bilancio ministeriale; sia per l’elevato numero di unità di personale, oltre 45.000, cui si aggiungono le circa 56.000 persone oggi detenute; sia per il numero di strutture penitenziarie, poco meno di 200, alcune delle quali, per dimensioni, sono vere e proprie piccole città; sia per la varietà delle interrelazioni con altre amministrazioni, centrali e locali, su temi cruciali per gli equilibri del sistema penitenziario (salute, lavoro, formazione, assistenza sociale); sia per le implicazioni politiche che riguardano il discorso pubblico sulla pena e sul carcere e per un’attenzione mediatica in genere rivolta a cogliere i segnali di pericolo che provengono da una realtà avvertita come minacciosa, quasi mai a tentare un’analisi razionale dei problemi e delle possibili soluzioni, rispetto a cui vi è una coazione a ripetere slogan ideologici e spesso privi di qualunque aggancio con il mondo reale.

Chi è cosa. Chi pensa cosa

La conversione in legge del decreto no vax/ergastolo/rave

L’interpretazione della legge passa anche attraverso l’esame, quando è necessario, dei lavori preparatori. Non è quello che intendiamo fare qui, proponendo brevi estratti degli interventi per dichiarazione di voto alla Camera dei Deputati sulla fiducia posta dal Governo sul “decreto No vax/rave/ergastolo”. Ma crediamo che la lettura, sia pure per sintetico estratto, di ciò che i rappresentanti dei diversi partiti hanno detto, consenta a tutti di vedere “chi è cosa” e “chi pensa cosa”.