Carcere
L'emergenza delle carceri
di Giovanni Palombarini
Da alcuni giorni Marco Pannella ha iniziato lo sciopero della sete per ottenere un'amnistia finalizzata a ovviare alla condizione di illegalità in cui versano le carceri italiane. Anche su questo versante l'Italia gode ormai di una pessima reputazione in tutta Europa. Già nel luglio 2009 la Corte europea dei dirittidell'uomo ha condannato l'Italia per il trattamento disumano riservato a una persona detenuta nel carcere romano di Rebibbia, avendo accertato che il condannato era stato obbligato a vivere in uno spazio molto esiguo, di gran lunga inferiore alla superficie minima stimata come auspicabile dal Comitato europeo per la prevenzione della tortura. Una decisione sorprendente? Niente affatto. Nel carcere di Sulmona, nel febbraio 2010, alcuni giornalisti hanno potuto parlare con due ragazzi napoletani, ristretti in una cella di 3 metri per 3 chiusa per 21 ore al giorno, avendo per mangiare uno spazio libero di pavimento largo un metro o poco più, accanto al letto a castello, che si ritenevano fortunati perché "a Poggioreale in una cella come questa ci stavamo in quattro".
La verità è che dopo un breve periodo di alleggerimento della situazione carceraria dovuto all'indulto, di riforme non se ne sono fatte. Così, all'inizio della primavera del 2009, quando il numero dei detenuti era ancora al di sotto di quota 60.000 lo stesso ministro della giustizia Angelo Alfano aveva dichiarato che le nostre carceri sono fuori dalla Costituzione. Oggi i detenuti sono circa 67.000 (per una capienza di 41.500 persone). Mentre la cultura giuridica si interroga sui limiti della repressione penale, chiedendosi anche se necessariamente il carcere debba rimanere fra le pene (si veda il recente libro di Vincenzo Ruggiero, Il delitto, la legge, la pena, delle edizioni del Gruppo Abele), nei fatti si accetta una situazione intollerabile. Ciò, nonostante tutti siano d'accordo nell'affermare che in tanto lo Stato è legittimato a punire in quanto la pena sia, non solo teoricamente, corrispondente alle previsioni normative (le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato, stabilisce la legge fondamentale della Repubblica).
Allora va detto che Marco Pannella ha ragione. In attesa di interventi riformatori, che purtroppo questo Parlamento non sembra in grado di adottare (forme di pena diverse dal carcere per numerosi reati, rafforzamento delle misure alternative al carcere, abrogazione delle norme che escludono i recidivi da tali misura), oggi appare indispensabile un provvedimento di amnistia e indulto per i reati di minore rilevanza. La misura, certo, non è popolare. Ma anche la pubblica opinione deve convincersi che quella dello Stato rischia attualmente di diventare una violenza illegale, che proprio lo Stato rischia di essere fuorilegge.
Una situazione identica stava maturando, due anni fa, nello Stato della California, a causa di un intollerabile sovraffollamento che causava problemi rilevanti per la salute, anche mentale, dei detenuti. CosÏ, una Corte federale degli Stati Uniti, l'8 aprile 2009, ha ordinato al governatore di quello Stato, Schwarzenegger, di ridurre entro due anni di 40.000 unità la popolazione carceraria senza adottare misure destinate a ledere i diritti dei ristretti, come il trasferimento in prigioni di altri Stati. "Un egregio esempio di usurpazione dei poteri da parte della giurisdizione", come ha commentato un senatore americano? Non pare proprio.
"Le Corti federale non intervengono a cuor leggero negli affari di uno Stato", si legge nella sentenza. "I principi del federalismo, della correttezza nei rapporti ra gli Stati e della separazione dei poteri impongono alle Corti federali di affrontare materie statali se non nelle più pressanti delle circostanze". Appunto, laddove, come in California, "il processo politico ha del tutto mancato di proteggere i diritti costituzionali di una minoranza, le Corti possono e devono tutelare questi diritti". Che si debba arrivare a questo anche in Italia?
articolo pubblicato suI quotidiani della catena Finegil il 25 giugno 2011
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