L’assemblea Anm Toscana sull’azione disciplinare nei confronti dei giudici di Milano

L’iniziativa disciplinare del Ministro della Giustizia nei confronti dei colleghi della Corte d’Appello di Milano che hanno adottato la misura degli arresti domiciliari nel procedimento contro Artem Uss rischia di risolversi in un attacco al principio della separazione dei poteri e all’indipendenza esterna della magistratura, che ha pochi paragoni recenti.

E la sua gravità è apparsa più evidente all’esito delle dichiarazioni del Ministro in Parlamento, quando egli ha rivendicato come propria prerogativa quella di “verificare la conformità del comportamento dei magistrati al dovere di diligenza, tra i quali campeggia il dovere di motivazione dei provvedimenti”. Affermazioni che si pongono nel più chiaro contrasto già con la previsione dell’art. 2 comma 2 del D.L.gs. 109/2006, secondo cui “l’attività di interpretazione di norme di diritto e quella di valutazione del fatto e delle prove non danno luogo a responsabilità disciplinare”.

Leggi il documento completo approvato all’unanimità dall’Assemblea

 


Intervento di Simone Spina in Assemblea ANM Toscana

Colleghe e colleghi del distretto di Firenze,


l’antefatto che ci vede oggi qui riuniti è, ormai, a noi tutti ampiamente noto.


Un collegio giudicante, quello della Corte di Appello di Milano, ha adottato un provvedimento in materia di libertà personale: ha sostituito la custodia inframuraria, nei confronti di un estradando, con gli arresti domiciliari assistiti dal braccialetto elettronico.


Quel collegio ha valutato gli elementi di prova a sua disposizione, i vari profili della vicenda cautelare ed ha doverosamente preso in considerazione anche i dati e gli argomenti portati dalla difesa.


Quel collegio ha inoltre motivato espressamente quella sua decisione; una decisione che, come noi tutti ben sappiamo, appartiene alla comune prassi e fisiologia giudiziaria.


E che cosa ha fatto il Ministro della giustizia? Ha chiesto la punizione disciplinare di quei colleghi, per il solo e semplice fatto di non avere condiviso il merito di quella loro decisione.


Ha articolato un capo di incolpazione, il Ministro, in cui l’accusa mossa ai colleghi milanesi si risolve nella sottovalutazione di alcuni dati a loro conoscenza e nella sopravvalutazione di altri; un capo di incolpazione in cui il Ministro ha messo nero su bianco di non approvare quella valutazione giudiziaria; un capo di incolpazione in cui il Ministro ha operato censure nel merito di quel giudizio.

Leggi l’intervento completo