In Consiglio ci interessa
Da "In Consiglio dal 27 al 31 marzo. Fatti e considerazioni"
Domenica [Mimma] Miele è consigliera del CSM, eletta con Magistratura democratica. Con regolarità e accuratezza ci informa di quello che accade al Consiglio Superiore della Magistratura.
Dal suo recente resoconto il Gruppo comunicazione di Magistratura democratica intende trarre alcuni spunti per fornire i termini essenziali di quello che ci interessa, perché riguarda (che lo sappiamo o no, che lo vogliamo, o no) la quotidianità della giurisdizione.
“Proposte di terza commissione: […] È stato […] deliberato il fuori ruolo di un collega al ministero, con destinazione all’ufficio per l’innovazione e la digitalizzazione. Nel mio intervento, ho evidenziato come l’apporto della esperienza e cultura del giudice sia essenziale nella elaborazione dei programmi informatici a servizio della giurisdizione: è la conoscenza approfondita del diritto sostanziale e procedurale, in uno alle ricadute applicative delle norme, che deve guidare l’elaborazione tecnica. In particolare, poi, in questo momento storico, con le riforme licenziate sia nel settore civile che in quello penale, che impongono un immediato adeguamento degli applicativi in uso, al fine di scongiurare il rischio di vanificazione delle novelle da un lato, e di blocco degli uffici dall’altro. Immediato adeguamento al quale, è evidente, certo non possono provvedere da soli i pur esperti ingegneri o informatici del ministero, essendo inesigibili dagli stessi conoscenze giuridiche sostanziali e/o procedurali […]
Quanto alla delibera del fuori ruolo, essa è stata l’occasione in plenum per discutere della necessità dell’adozione di provvedimenti di normazione secondaria che chiariscano, cristallizzandoli, quali siano e cosa debba intendersi per incarichi di particolare rilevanza, in termini di utili ricadute per gli uffici giudiziari. Non v’è dubbio che occorra sempre estrema attenzione ed estremo rigore nell’esame delle relative pratiche dei cd. “fuori-ruolo”, al fine di evitare da un lato la fuga dalla giurisdizione e dall’altro il depauperamento degli uffici. Tuttavia, non sfugge come sia indispensabile ed essenziale l’apporto della cultura e della formazione di magistrato in precipui ambiti non giurisdizionali. Per rimanere nel caso in esame, balza del tutto evidente come le scelte tecniche non siano mai scelte “neutre”, perché incidono sul processo, quindi sull’esercizio della giurisdizione, sui tempi di definizione e sulla qualità della risposta alla domanda di giustizia. A mio parere, pertanto, è indubitabile, le scelte vadano operate con una necessaria interlocuzione e partecipazione attiva con chi “opera sul campo”, proprio per l’indispensabile apporto di conoscenza specifica (non esigibile da figure professionali diverse dai magistrati), affinché esse siano licenziate per rispondere in maniera effettiva e fattiva alle esigenze funzionali degli uffici e del processo. In una parola, perché siano sempre funzionali all’esercizio della giurisdizione. Il Consiglio Superiore, fino ad oggi estraneo sia al piano di digitalizzazione che alla pianificazione delle dotazioni, deve farsi carico, a mio parere, del ruolo di garante costituzionale del processo in atto, perché, da un lato, la digitalizzazione, come strumento per una giustizia trasparente ed efficiente, venga promossa e sviluppata, e, dall’altro, l’innovazione non eroda la funzione interpretativa del giudice chiamato all’applicazione costituzionalmente orientata della legge al caso concreto”
Le questioni che ci interessano
È utile alla Magistratura avere dei magistrati che occupino, con competenza, posizioni di collaborazione istituzionale in luoghi in cui possono presidiare, a beneficio di tutti, attività e procedimenti di rilevanza costituzionale, sovranazionale, organizzativa? O pensiamo che ogni magistrato debba sempre e comunque e soltanto occuparsi di attività giurisdizionale?
La storia della Magistratura è anche storia di magistrati che con disciplina e onore, come la Costituzione vuole, hanno lavorato in altre istituzioni repubblicane e internazionali.
Il termine “magistrati fuori ruolo” è un’espressione che sembra indicare una sorta di vacanza, al di fuori del lavoro: potrebbe essere sostituito da un altro?
Forse sarebbe necessaria una serie e completa ricognizione di chi fa cosa e di dove è realmente necessaria la competenza “esterna” dei magistrati.
La disciplina dei “fuori ruolo” deve essere minuziosamente descritta nelle fonti secondarie o il CSM deve conservare un potere di valutazione – di politica giudiziaria – nel comparare le esigenze della giurisdizione e quelle delle istituzioni?
La pretesa di regolare tutto minuziosamente, in questa come in altre materie rischia di trasformare il CSM in un luogo di applicazione pedissequa e burocratica di regolette allontanandolo dalla sua natura di organo costituzionale.
Come valutiamo il fatto che alcune forze politiche e la parte più aggressiva dell’Avvocatura si scagliano ciclicamente contro i magistrati che collaborano con altre istituzioni?
Sarebbe bene capire quali sono gli interessi sottesi alla volontà di escludere i magistrati (ordinari, quelli amministrativi si trovano in tutte le istituzioni) da quei luoghi.
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