Le dichiarazioni, oggi ampiamente riportate dalla stampa, del dottor Di Matteo su correnti in magistratura e “metodi mafiosi” rischiano di proporre di fatto all’opinione pubblica una inaccettabile equiparazione fra la scelta di appartenenza dei singoli magistrati ai gruppi associativi dell’ANM e l’affiliazione ad organizzazioni criminali mafiose.
Il valore dell’associazionismo giudiziario è riconosciuto anche a livello europeo, come risulta dalla Raccomandazione del Consiglio d’Europa (CM/Rec -2010-12 del Comitato dei Ministri agli stati membri sui giudici: indipendenza, efficacia e responsabilità).
Magistratura Democratica ha sempre rivendicato il ruolo culturale delle correnti, che uniscono i magistrati per convergenze culturali e ideali e, per questo, è sempre stata consapevole della necessità di vigilanza critica ed autocritica sui rischi di degenerazione verso logiche di mera appartenenza.
Ma dichiarazioni generiche “ad effetto”, che nulla hanno a che vedere con la critica argomentata e con l’adoperarsi in concreto per combattere le degenerazioni correntizie, sono destinate solo a produrre gravissimo sconcerto fra i cittadini e la pubblica opinione, lasciando aperti inquietanti interrogativi sul livello etico di una magistratura che si muoverebbe al suo interno con logiche mafiose.
Le esigenze della campagna elettorale per il rinnovo del CSM non legittimano affermazioni che, prima ancora che le correnti, colpiscono l’immagine di tutta la magistratura agli occhi della collettività e minano la fiducia che questa deve riporre nell’Istituzione alla quale deve rivolgere le sue istanze di giustizia.