Il tempo del possibile non è quello passato ma quello che verrà : essere un magistrato giovane (ma non troppo) nel 2022

Come eravamo

Il tempo del possibile non è quello passato ma quello che verrà : essere un magistrato giovane (ma non troppo) nel 2022

di Valentina Maisto
Sost. procuratrice a Napoli


Il concorso per l’accesso alla magistratura ordinaria, dalla data di entrata in vigore della legge n. 111/2007, che ha modificato il decreto legislativo n. 160/2006, è un c.d. “concorso pubblico di secondo grado”.


Questo ha determinato due effetti: che un giovane magistrato in termini di anzianità di servizio non è più giovane anagraficamente e che quello in magistratura è diventato un concorso di classe (non tutti possono permettersi di trascorrere anni a studiare con l’incertezza sul se e sul quando, e molti legittimamente non hanno la possibilità - per ragioni personali o per la conformazione del mercato del lavoro - di studiare lavorando o lavorare studiando).

Ma, nella prospettiva di genere, vi è di più: per un giovane magistrato donna è assai verosimile che il concorso abbia posticipato la maternità e la ricerca di una coppia stabile (ove rientri ovviamente nei propri desideri) a orologio biologico immutato. Fatta questa premessa doverosa, essere un giovane magistrato significa spesso essere un magistrato che coltiva la cultura del dubbio. I primi anni sono anni in cui per la prima volta ti assumi la responsabilità e la paternità di decisioni difficili, in cui studi e scrivi, ripensi, ristudi e cancelli. Sono gli anni in cui passi ore ed ore in ufficio, spesso a confrontarti con i colleghi, ore in cui decidi che tipo di magistrato vorrai essere: un magistrato coraggioso e fiero di rendere con indipendenza ed autonomia il proprio servizio allo Stato o un magistrato spaventato dalla nenia degli esposti e dei disciplinari cui sin da subito vieni ripetutamente e forse eccessivamente avvertito ed istruito.

Ai più il tempo del timore invece non è proprio concesso. Essere magistrati giovani spesso significa presiedere un collegio per un maxiprocesso di n’drangheta nel profondo sud o fare il giudice fallimentare in territori inquinati: in quelle sedi sguarnite di magistrati, personale amministrativo e polizia giudiziaria; in quei luoghi ai confini geografici dell’Italia che ti allontanano dalle cose care e ti costringono ad un pendolarismo spesso arduo per l’assenza di infrastrutture e di mezzi di trasporto adeguati; in quei posti da cui tutti, appena possono, scappano, così generando un turnover elevatissimo in assenza di qualsivoglia continuità e con perdita di memoria storica e processuale; quelle città o paesi in cui l’ufficio diventa la tua famiglia in quanto varcando la porta dell’uscita non sai con chi poterti rapportare e dove andare senza ritrovarti in una situazione scomoda o inopportuna.

Essere magistrati giovani significa relazionarti asimmetricamente con colleghi che hanno posizioni direttive e semidirettive e che avranno un ruolo dirimente nella valutazione della tua persona e della tua professionalità, senza, come contro-altare, avere a disposizioni strumenti veri per poter a tua volta rilevare comportamenti degli stessi che ritieni scorretti o non adeguati al ruolo (contrappesi democratici e volti a evitare una soverchia gerarchizzazione degli uffici); questi ultimi nella maggior parte dei casi saranno guide la cui esperienza sarà un faro ed un’ancora, ma la regola prevede sempre le eccezioni e questo lo insegna la storia della magistratura e più in generale quella della società e del mondo del lavoro.


Essere magistrati giovani significa percepire la sfiducia di una parte della società e la disapprovazione di una parte della politica senza capire bene perché: solo da ultimo, essa si è manifestata plasticamente nei quesiti referendari e nelle proposte di riforma sulla limitazione della possibilità di applicare le misure cautelari nelle ipotesi di cui all’art. 274, co. 1,  lett. c) c.p.p. (con riflessi, a mero titolo esemplificativo, in materia di criminalità economica, di pubblica amministrazione, di furti in abitazione o truffe agli anziani), sul preludio alla separazione delle carriere a Costituzione immutata (come se un pubblico ministero non dovesse avere la stessa cultura della prova o autonomia di un giudice), sul venire meno della incandidabilità nelle ipotesi di condanna di primo grado (che contiene un accertamento di responsabilità ogni oltre ragionevole dubbio e non una mera valutazione di gravità indiziaria), sulla presenza degli avvocati in sede di valutazione di professionalità dei magistrati (soggetti che non sono terzi estranei), sulla improcedibilità in appello (per cui sostanzialmente vi sarà condanna definitiva solo in caso di accesso ai riti alternativi, emissione di misure cautelari, omicidi e criminalità organizzata more or less), sulle pagelle di elevata produttività statistica e conferma in fase dibattimentale (come se le storie, le persone, fossero numeri e l’apologia della performance non producesse carrierismi e conformismo giudiziario).


Peraltro, su quest’ultimo punto, le varie disposizioni sostanziali e processuali che si susseguono rischiano di essere ambigue : ad esempio, in materia di fasce deboli, vi è l’enfatizzazione delle celerità, della valorizzazione delle misure precautelari e cautelari, e, tuttavia, in questo settore la percentuale di ritrattazioni in fase dibattimentale è altissima....un magistrato attento alla incolumità della vittima in un procedimento che si conclude in maniera difforme dalla fase investigativa è un cattivo magistrato? O va modificato il rito o radicalmente la giurisprudenza sulla ritrattazione? Ti chiedi se le vicende portate all’onore delle cronache, relative alle nomine di direttivi e semidirettivi frutto di patti tra esponenti del CSM e delle istituzioni politiche, siano state il pretesto o la genesi di questa degenerazione (vicende peraltro cui un magistrato giovane cronologicamente ed ontologicamente non può essere coinvolto neanche per silenzio assenso, neanche con una posizione omissiva, neanche da connivente).


Qualcuno si interroga su quale possa essere il sentimento rispetto a tutto ciò da parte di un giovane magistrato? Quali effetti possa produrre? Uno che verosimilmente, quando deflagrava questa bomba reale e mediatica, o non c’era ancora o era tra le carte, in solitudine, a cercare il coraggio di essere il magistrato che voleva diventare, mentre si rendeva conto della differenza tra la teoria e la pratica e della difficoltà di riuscire a colmare questo abisso. Nel mio caso, nella prospettiva requirente, passando dai libri alla realtà, ho trovato uffici troppo pieni di carte e di necessità di ripeterne a più soggetti e in più tempi anche lontani il contenuto. Se il vero obiettivo è una giustizia efficiente, equilibrata e veloce (riprendendo Cesare Beccaria “Quanto la pena sarà più pronta e più vicina al delitto commesso, ella sarà tanto più giusta e tanto più utile”), se è così che ci allineiamo all’Europa, allora da un lato l’alternativa di una depenalizzazione che investa tutti i reati bagatellari e contravvenzionali, i reati contro il mero patrimonio sotto una certa soglia, i reati di opinione, i reati senza danno economico e personale; dall’altro la modifica totale del rito processuale (in una prospettiva di massiccio snellimento in favore di maggiori garanzie difensive in fase di indagini già ormai ampiamente richieste e praticate) nonché immissioni in ruolo di personale amministrativo, tecnico, di polizia e giudiziario già formato e specializzato (non onorario né temporaneo) sono i punti nodali da sciogliere. Sotto altro aspetto ma nella medesima ottica e per identica finalità, in funzione preventiva, operare un investimento economico e umano sulle strutture sanitarie territoriali così da prevenire i reati connessi a patologie psichiatriche o altre forme di dipendenza, e aumentare le dotazioni organiche degli educatori ed i servizi dedicati alle attività lavorative e di reinserimento negli istituti carcerari paiono l’unica strada da percorrere per abbattere tasso criminale e di recidiva e per non criminalizzare chi non ha mai avuto l’offerta di una scelta diversa che delinquere (unitamente ad una valorizzazione di una reale natura riparativa delle sanzioni).


Il resto è placebo ad un corpo agonizzante, se non malcelata volontà di non raggiungere l’obiettivo proposto. E di questo vorremmo discutere con la dignità e l’autorevolezza di lavoratori al servizio della Costituzione che operano quotidianamente nei tribunali e ne conoscono per esperienza diretta (e non de relato) potenzialità e difetti. Di come rendere il sistema giustizia - che un magistrato giovane vivrà per molti anni ancora - umano ed efficace per chi ci lavora, chi ci entra in contatto, chi lo subisce e non delle giustificazioni per colpe che francamente non hai.


Certo non bisogna generalizzare : può esserci qualcuno che non ha preso veramente le distanze da quel modello, qualcuno che si adatterà, qualcuno che nuovamente sgomiterà per fare carriera, ma “essere giovani vuol dire tenere aperto l’oblò della speranza, anche quando il mare è cattivo e il cielo si è stancato di essere azzurro” e, dunque, noi magistrati giovani ancora sogniamo che il tempo del possibile non è quello passato ma quello che verrà.

 

16/05/2022

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