di LUIGI MARINI
Il bisogno aguzza l’ingegno, ma non sempre è buon consigliere. Per verificare se questa massima si possa applicare alle politiche che il Governo sta disegnando per fare cassa, potremmo partire dalla disciplina per il rientro dei capitali dall’estero.
Memori della pessima soluzione adottata sei anni fa, che prevedeva l’anonimato, una sanzione calcolata con percentuale irrisoria e un rischio di confusione sul versante penale, i nostri governanti pensano oggi a un meccanismo diverso, che fa leva sulla rinuncia alle sanzioni penali e su un favorevole trattamento amministrativo al fine di indurre al rientro capitali, stimati in qualcosa come 180 miliardi di euro. Questo dovrebbe garantire di non cadere ancora in un “flop” dei risultati ottenuti nonostante il ricorso a un meccanismo assai discutibile sul piano politico, prima ancora che etico.
La sanatoria si applicherebbe oggi alle persone fisiche e giuridiche e dovrebbe riguardare i capitali esistenti all’estero negli anni d’imposta che vanno fino al 2013 e non inseriti nell’apposito quadro della dichiarazione annuale (quadro “RW”). Il termine per rendere note le somme al Fisco scade il 30/9/2015, e cioè circa un anno dopo il termine per la dichiarazione relativa all’anno 2013.
Non è chiaro quale sia la ragione di questa dilazione, ma va considerato un particolare. Se è vero che sull’ammontare delle somme illecitamente esportate ed esistenti all’estero “si paga il 7,5% dello stock di capitali” (fonte La Repubblica del 25 gennaio), e se è vero che chi richiede il rientro deve spiegare come ha formato la provvista, ma potrà sostenere di non essere più in grado di documentarne tempi e modi, non sarà difficile continuare a formare capitali all’estero nel 2014 e quindi dichiararli come rientranti nella sanatoria usufruendo della scadenza del 2015.
Il tutto, mentre sappiamo che molti da tempo preferiscono far rientrare le somme in contanti, senza dichiararle, così da non dover spiegare come le provviste estere si formano e non rendere noti meccanismi e canali di evasione e di frode in vista di future possibilità.
Nello stesso tempo il percorso per introdurre il reato di auto riciclaggio non viene ancora attivato da Governo e Parlamento, rimettendolo “a un prossimo provvedimento “.
Difficile dire che queste scelte siano in linea con la proclamata volontà di fare del 2014 l’anno della “lotta senza quartiere” all’evasione fiscale.